Ciclo vitale della famiglia e compiti di sviluppo

di Lazzaretto Monica e Miola Carmelo

Famiglia e compito
La specie umana non si limita a riprodursi, essa genera, ovvero fa nascere e mette in azione, dispositivi trasformativi a livello mentale tramite legami forti e vitali, che presuppongono una costante messa in equilibrio della dimensione del vincolo, della risorsa, dell’ obbligo e del dono.
La persona nata non è mai una individualità separata, slegata da un contesto, da un’origine, ma va sempre intesa e ricollocata come "generazione successiva", necessariamente connessa a quelle precedenti. Ecco perché quando ci si occupa di famiglia, e di sistema familiare, si ragiona e si valuta in un’ottica almeno trigenerazionale, prendendo in considerazione a monte la generazione dei nonni, successivamente quella dei genitori e a valle quella dei figli.
Un compito fondamentale della famiglia sta dunque nella capacità di cura della generazione precedente e successiva a sé, che presuppone l’allevamento e la protezione della prole e l’accudimento degli anziani.
Nello svolgere queste mansioni la famiglia afferma e pratica un altro assunto importante: il riconoscimento della differenza generazionale che comporta la capacità di riconoscere motivi di continuità e differenza tra la propria generazione, quella precedente e quella successiva. Questo sapersi orientare nella storia familiare e generazionale aiuta molto i più giovani che, crescendo, devono saper porre le basi per un proprio progetto personale di vita.
Nella pratica della cura viene inoltre agito un altro principio fondamentale che sta subendo una pericolosa e tragica semplificazione ed è oggetto di una combinata rimozione sociale: il principio della responsabilità, principio fondamentale che governa i rapporti tra gli uomini, non solo nel microsistema familiare ma anche nei macrosistemi più ampi e complessi come quelli nazionali e sovrannazionali. Questo genere di responsabilità si muove, prima di tutto, in senso verticale rendendo le generazioni precedenti responsabili di quelle successive, nel senso che per queste ultime si predispongono, o meno, la vivibilità, la dignità, il piacere di vivere.
Esiste inoltre una responsabilità forte e fondante che si esprime e concretizza nella creazione di uno spazio (prima di tutto mentale) necessario, da parte delle generazioni precedenti (i genitori), affinché le nuove generazioni (i figli) "dicano di nuovo". Questo "dicano di nuovo" va inteso in un duplice significato: dicano cose nuove, in quanto generazione a valle del sistema familiare, prossimi eredi della posizione centrale dell’organizzazione familiare trigenerazionale, capace di differenziarsi dalla generazione dei padri e di proporsi con un’identità propria, portatrice, si spera, di novità; ma anche "dicano di nuovo" ovvero ripetano, agiscano assumendo, a tempo debito, le proprie responsabilità verso gli altri, praticando il principio della cura che hanno appreso, e di cui sono stati oggetto, soprattutto negli anni della crescita.
Compito della matrice familiare è dunque quello di dare lo spazio necessario alla mente delle nuove generazioni, perché esse siano in grado di significare la vita e prendersi a carico l’umanità e la sua storia. Ma lo spazio è dato solo allorché coloro che precedono sono e sanno essere generativi.
Ma a quale famiglia "generativa" stiamo riferendoci? In questi tempi è quanto mai necessario definire cosa si intende per famiglia in quanto frutto dell’evoluzione familiare è una varietà di vecchie e nuove configurazioni che sempre più reclamano un riconoscimento istituzionale: coppie conviventi, coppie gay, lesbiche, adulti single, famiglie monogenitoriali e quelle "ricostituite"… Si tratta di una realtà articolata e complessa che rischia spesso sbrigative semplificazioni, a volte prese di posizione ancora di stampo moralistico, altre volte fortemente ideologico. Una definizione ancora valida può essere quella condivisa dal gruppo di Levi Straus, Saklins, Lewin, Faulkes: «organizzazione di relazioni di parentela centrate sull’atto generativo deputata a trattare la differenza dei sessi e delle generazioni» (1). Affinché si possa parlare a tutti gli effetti di famiglia vi deve essere, dunque, la possibilità di generare e di educare alla interiorizzazione della personale identità di genere della prole, riuscendo a far elaborare pure la naturale differenziazione tra i sessi e a cogliere il susseguirsi delle generazioni.

Il ciclo vitale della famiglia
Tutti gli esseri viventi hanno in comune generalmente: il periodo del corteggiamento, l’accoppiamento, la costruzione del "nido", la procreazione, l’allevamento della prole, l’autonomizzazione dei figli. A queste diverse fasi si riferiscono alcuni momenti fondamentali del ciclo vitale della famiglia quali: l’innamoramento e l’attivazione della fase dello svincolo dalla famiglia di origine; il matrimonio e la costruzione di una nuova famiglia; la nascita della prole e il passaggio da una relazione di coppia ad un contesto, almeno, triadico. È questo un momento di transizione fondamentale anche perché porta ad uno slittamento irreversibile sull’asse verticale: la coppia, infatti, che nonostante il matrimonio o la convivenza viveva e conosceva comunque e solo la dimensione dell’essere "figlio", avanza di grado ed entra nel ruolo genitoriale e, dunque, si posiziona al centro del sistema familiare trigenerazionale. Vale la pena di sottolineare l’aggettivo "irreversibile" perché se dalla dimensione di coppia o sponsale si può recedere con la rottura del vincolo contrattuale (separazione, divorzio, annullamento del matrimonio…) riacquistando una "libertà" di fatto, dalla funzione genitoriale non ci si può sottrarre, che la si accetti o che la si rifiuti: padri e madri si resta e con questa responsabilità si continua, comunque, a fare i conti.
Vale la pena di segnalare anche altri momenti del ciclo vitale della famiglia quali: il matrimonio dei figli (o comunque la definitiva uscita dalla famiglia di origine), che riconsegna la coppia genitoriale a se stessa e al rapporto che ha saputo negli anni coltivare, il pensionamento, la nascita dei nipoti e il naturale passaggio a generazione a monte del sistema familiare allargato (trigenerazionale), la malattia e la morte di uno dei coniugi.
La famiglia dell’adolescente Un momento cardine del ciclo vitale della famiglia dopo quello dell’allevamento dei figli in età infantile è l’entrata nella fase dell’adolescenza: fase che presuppone un accelerarsi del processo di autonomizzazione dei figli in preparazione dello svincolo definitivo (se ancora c’è!) che coinvolge l’intero sistema familiare.
Quest’ultimo infatti deve imparare a registrare nuovi equilibri e modalità di relazione per poter far fronte a possibili (e auspicabili?) momenti di crisi. Alla nascita dei propri figli, i neogenitori sono costretti a sperimentarsi in un nuovo ruolo che apprendono gradualmente, facendo riferimento, o meno, al modello di allevamento delle reciproche famiglie di origine (fondamentale in questo caso la funzione di supporto dei nonni) o confrontandosi con il vissuto di altri genitori e con le istituzioni deputate alla assistenza e all’educazione dell’infanzia (nido, scuola materna ed elementare), imparano così ad essere genitori di bambini e il sistema di cura ed educazione si perfeziona negli anni con l’esperienza e la pratica sui nuovi nati (quando ci sono!). Essere genitori di bambini è certamente impegnativo ma fortemente gratificante, si è pienamente calati nella centralità del rapporto: padre e madre sono gli interlocutori privilegiati, spesso idealizzati, che animano quasi per intero il mondo vitale dei propri figli, attraverso un rapporto prevalentemente unidirezionale: «Io spiego a te cosa e come fare».
Al naturale crescere degli infanti, però, è richiesto un "aggiornamento" delle competenze e una capacità di sapersi relazionare in modo nuovo con un figlio in piena metamorfosi, l’esito della cui trasformazione è ancora un mistero. Ai genitori di questo nuovo essere, ancora sconosciuto a sé e agli altri, spesso chiuso (a volte intrappolato) nel suo bozzolo, è così richiesto di crescere e diventare genitori di un adolescente, imparando, a volte di nuovo, la grammatica delle relazioni, a ritarare la misura e la stabilità dei confini, la tenuta dei recinti. Si apre un mondo nuovo per chi cresce e per chi è deputato ad accompagnare questa crescita, si devono riprendere le misure interne al sistema familiare ed esterne del mondo sociale circostante. L’adolescente entra in un processo di differenziazione dalla famiglia di origine, di svincolo, spesso accompagnato da sentimenti di squalifica e inadeguatezza vissuti tra i vari membri secondo la loro posizione nel sistema familiare. La famiglia non basta più, e non deve bastare più, i genitori vengono confrontati, e a volte, sostituiti, con il gruppo dei pari, i coetanei, e con altri adulti, preferiti e scelti come nuovi punti di riferimento, cade l’idealizzazione del padre e della madre scoperti fragili o anche solo "normali".
Molto spesso i genitori si soffermano sulla novità più evidente: la crescita del proprio figlio, il cambiamento marcato e irreversibile che caratterizza l’adolescenza (anche in questa fase della vita è forte la percezione che "non si torna indietro", non si torna comunque bambini anche se il risultato finale della "metamorfosi" corpo­mente non piace, non convince o "non si va bene agli altri così", a scapito altrimenti dell’instaurarsi di una condizione di sofferenza patologica) e non si soffermano sulla necessità del proprio cambiamento, della propria risposta evolutiva alla nuova storia che l’intera famiglia sta vivendo.
Molto spesso questo momento coincide con l’età della maturità dei genitori (40­50 anni), un’età che normalmente è caratterizzata da un forte coinvolgimento professionale, sociale e anche familiare: solitamente, infatti, si maturano "promozioni", ruoli di responsabilità all’interno del mondo del lavoro, nel contesto sociale e ci si trova a prendersi cura non solo di figli irrequieti ma anche dei propri genitori ormai anziani.

Crisi?
Soprattutto in questa fase del ciclo vitale della famiglia si deve saper affrontare una nuova storia complessa per tutti i componenti del sistema impegnati in precisi compiti di sviluppo: i figli devono riuscire ad attraversare l’esperienza della propria crescita acquisendo una identità sufficientemente stabile e interiorizzata per cominciare a porre le basi di una personale progettualità futura attivando così la fase dello svincolo familiare, i genitori devono saper gestire e consolidare impegni, responsabilità, doveri e necessità che caratterizzano questo momento particolarmente vitale della propria vita, assestando le proprie funzioni, ridefinendo il proprio "potere".
Crisi, adattamento, mediazione, diventano termini appropriati per tentare di descrivere come ogni famiglia tenta di far fronte ai propri cambiamenti.
Invece di adattamento della famiglia ai cambiamenti interni ed esterni all’ambiente (termine caro al pensiero evoluzionistico­etologico, sia a quello neo­comportamentista) ci si dovrebbe forse occupare principalmente dei modi con cui essa gestisce la crisi, che di fatto comporta un processo di elaborazione del lutto (fare i conti con ciò che cambia o non c’è più) e di presa di decisione.
È sempre importante connotare positivamente i momenti di crisi e cambiamento che caratterizzano i tempi familiari anche se si tratta di momenti difficili e impegnativi. È chiaro che gestire (da "gerere" e "gestare" vale a dire "reggere" e "far nascere") una crisi è tutt’altro che adattarsi, anzi è propriamente produrre, dar vita a qualcosa di nuovo nelle relazioni tra gli uomini. La crisi è un atto vitale, genera cambiamento, richiede riflessione, determinazione, capacità di scelta. È il fallimento della gestione della crisi che comporta la diffusione del dolore familiare (2). L’incapacità di trovare soluzioni praticabili attraverso un’azione di mediazione tra le diverse posizioni degli attori del sistema familiare, in questo caso genitori e figli. Il dolore dunque nasce da una errata gestione della crisi, come la guerra nasce da una errata gestione del conflitto.

Monica Lazzaretto,
responsabile Centro Studi Cooperativa "G. Olivotti" di Mira, comunità terapeutica
Carmelo Miola medico psichiatra, didatta del Centro milanese di terapia della famiglia
Note bibliografiche
(1) Walsh F., Ciclo vitale e dinamiche familiari ­ tra ricerca e pratica clinica, Franco Angeli, Milano 1995.
(2) Scabini E., Cigoli V., Identità adulte e relazioni familiari, Vita e Pensiero, Milano 1991.