Un Occidente, due Occidenti?

di Comitato di Redazione

Scorrendo le pagine di Madrugada

Ieri camminavo nel campo verde tra farfalle dorate, oggi sono chiuso nel mio studio ad ascoltare il vento dietro la finestra a vetri. Vorrebbe entrare il vento, ma poi staremmo al freddo in due. Guardo in fondo alla valle le Melette, leggermente coperte di neve e sonnecchio sulla tastiera. Mi sveglia di soprassalto Giuseppe che mi consegna il suo controcorrente. Il mio tavolo è ingombro, ed è rimasto uno spazio esiguo per planare. Vi colloca le pagine: Gli scogli del volontariato. Sviluppo e ragione di Stato? che raccontano come il volontariato possa divenire il portavoce acritico dello sviluppo, oppure la facciata umanitaria di un potere aggressivo.
Mentre sonnecchiavo sulla tastiera mi pareva di vedere la carta geografica di Peter e una farfalla gialla che volava sull’Europa. Ho pensato al convegno di Catania: Europa e Mediterraneo, ma poi la farfalla volava arancione sull’America del Nord e l’astrologa mi faceva cenno al confronto in Occidente, che sono uno, che sono due. Come nel titolo del monografico: Un Occidente, due Occidenti? che si compone di tre articoli.
Nel primo Barcellona Pietro con Abitatori dello spazio e abitatori del presente. Europa, America scrive che due sono i popoli con storie in parte diverse, con prospettive dissimili, che si confronto sul tema della libertà responsabile, e sul rapporto con la tecnologia.
Segue Gianni Tagliapietra in L’Occidente e le anime belle. Lo scandalo della guerra, che dopo aver richiamato ed elencato i criteri di valutazione dell’Europa nel suo rapporto conflittuale con l’America conclude ricordando dell’Europa l’odio di sé e l’atteggiamento auto denigratorio.
Conclude il monografico Mario Tesini che individua le comuni radici politiche e culturali di Stati Uniti ed Europa fino alla caduta del muro e delle due torri, che oggi si stanno divaricando, con risultati forse non proprio positivi per gli equilibri mondali.
In libreria trovo le pagine di Ivo Lizzola Camminando si tratteggia il confine a commento e introduzione del libro di Giuseppe, che scrive del confine tra generazioni, del confine tra le diversità che coabitano, confine che va rispettato nell’accettazione del limite che è dentro di noi, della luce e delle ombre che ci appartengono.
Mentre rientro a casa mi trovo il circolo degli amici che mi aspetta sulla scala: le rubriche fanno ressa, si urtano e si spingono, senza malizia, con benevolenza. Sara Deganello termina il suo diario tra i Balcani. Sarajevo: Com’era prima?, dove il prima e il dopo sono in rapporto alla guerra, al ponte di Mostar distrutto, alle croci su per la montagna dei morti di guerra.
Egidio Cardini in Assetati di misericordia, lancia una lucida condanna al neoliberismo e una dolente denuncia alla Chiesa, che difende il suo prestigio, dimentica della missione sua evangelica. Giovanni Realdi in Piccoli spaventati guerrieri. Una lucina rossa sul cruscotto ci offre una lunga immagine ferma su di un sentimento, per l’assenza di un alunno malato; atteso, ma forse…
Di Alessandro Bresolin è il racconto Neologismi: interfacciarsi (relazionarsi, aver a che fare con), una storia briosa, vivace, colorata, umana; triste e amara, pure aperta. Una storia come quella che sanno raccontare le madri ai loro figli e figlie, ricca di note e di sfumature: sull’accoglienza dell’altro.
Di Fulvio Cortese, La sussidiarietà e il suo “difficile” diritto ci richiama con linguaggio calibrato e puntuale alla necessità del confronto, del dialogo; di un ascolto che oramai hanno confinato alla televisione commerciale; il tutto riguarda il rapporto tra istituzioni verticali e orizzontali; tra istituzioni e cittadini, competenze, obblighi e diritti.
Segue il solito cronista affannoso. Le foto sono di Luca De Antoni, con un suo commento ancora a caldo, nonostante siano passati quasi due anni dal suo viaggio in Bolivia e Peù; altrimenti sarebbe come vedere una partita senza il cronista, anzi due, o tre. Ma vi immaginate una partita senza tv, senza cronisti? Sparirebbe nel nulla. Ma queste foto, no! restano nei nostri occhi.