C’èè posto per l’Africa nel XXI secolo?

di Franzetti Marzia

Se lo sviluppo appartiene alla gente

«Can Africa claim the 21th century?» (C’è posto per l’Africa nel 21° secolo?): è il titolo di un rapporto pubblicato nel maggio 2000 dalla Banca mondiale ed è la domanda che il Cuamm ha posto all’inizio del “documento politico” che ha prodotto nel 2000 per il 50° anniversario dalla sua fondazione.
Il Cuamm-Medici con l’Africa è un organismo non governativo di cooperazione sanitaria internazionale, nato a Padova nel 1950, che da oltre 50 anni si confronta con i problemi di salute di molti paesi dell’Africa sub-sahariana.
Cosa possiamo dire, come “medici con l’Africa”, all’inizio del terzo millennio?
Che sicuramente l’obiettivo della “Salute per tutti nel 2000”, lanciato dall’Oms nel 1977, nel quale tanti di noi hanno sperato e per il quale ci siamo impegnati a fondo, resta ancora un miraggio lontano! Molti paesi dell’Africa stanno peggio oggi di quando ottennero l’indipendenza e praticamente nessuno è in grado di far fronte ai bisogni sanitari essenziali della sua popolazione.

Povertà uguale malattia

In Africa si muore ancora per malattie banali e per situazioni che, nei nostri paesi, troverebbero immediatamente risposte adeguate e efficaci: perché? La causa è, da secoli, una sola e sempre quella: la povertà.
Si è poveri e malnutriti e quindi le difese immunitarie sono ridotte. Si è poveri e si vive in ambienti malsani, sovraffollati, dove l’acqua è scarsa, dove non ci sono adeguate misure di igiene ambientale e dove perciò le infezioni circolano e si trasmettono più facilmente. Si è poveri e così, quando ci si ammala, non si riescono a raggiungere le strutture sanitarie: perché sono poche, perché sono lontane, perché spesso sono troppo costose. La diagnosi di malattia non si fa o si fa tardi e la terapia, se mai viene instaurata, arriva quando le complicanze si sono già manifestate e la situazione è difficilmente recuperabile.
Le categorie più vulnerabili, meno protette, più suscettibili di malattie e di morte nei Paesi in via di sviluppo sono, com’è facilmente intuibile e noto, donne e bambini, che spesso arrivano a costituire il 60-70% della popolazione totale.
Nel 2001 si sono avuti nel mondo ancora circa 10 milioni di decessi in bambini sotto i 5 anni, dei quali circa il 97-98% sono avvenuti nei Paesi poveri del Sud del mondo.
Le principali cause di mortalità sono state (e il quadro non si modifica da diversi anni): malattie respiratorie acute, diarree, morbillo, malaria, pertosse e problemi legati alla nascita e al periodo neo-natale.

Gli effetti della malnutrizione

La malnutrizione rientra raramente fra le cause dirette di morte, ma è sempre presente come concausa: infatti i bimbi denutriti hanno scarse difese contro le infezioni e le malattie, si ammalano più facilmente e più gravemente, spesso hanno complicazioni e non raramente vanno incontro alla morte. Se nei nostri paesi ci dobbiamo preoccupare dell’obesità dei nostri ragazzi, in Africa il 15% dei neonati è sottopeso e il 41% dei bambini sotto i 5 anni presenta un ritardo di crescita.
Una nutrizione non adeguata non favorisce soltanto l’insorgenza di malattie: provoca ripercussioni sullo sviluppo globale dell’individuo. In particolare una nutrizione insufficiente e incompleta nelle prime epoche della vita può compromettere lo sviluppo del sistema nervoso, che si completa entro l’età di due anni e poi non può più recuperare adeguatamente.
A causa della malnutrizione, quindi, potremo avere una popolazione adulta indebolita, meno efficiente, meno produttiva e tutto questo non potrà certo favorire la crescita di un paese!

Cure primarie per la salute

È facile, a questo punto, concludere che i problemi di salute dei Paesi in via di sviluppo non sempre derivano da cause “sanitarie” e, quindi, spesso non hanno risposte “mediche”. Le prime risposte sono: accesso all’acqua, al cibo, all’energia, all’istruzione, una migliore situazione ambientale e una rete di trasporti efficiente.
Solo una parte spetta dunque ai servizi sanitari veri e propri, ma è comunque una parte importante: se la popolazione potesse contare su una rete di strutture sanitarie anche molto semplici, ma vicino a casa e in grado di affrontare, sia pur con pochi mezzi e farmaci essenziali, le malattie più comuni, prima che possano complicarsi e diventare irrisolvibili, la “salute per tutti” non sarebbe un miraggio ancora così lontano!

Il flagello AIDS

A tutti i mali cronici dell’Africa, negli ultimi 10-15 anni si è aggiunto un nuovo flagello: l’Aids. Dei 40 milioni di casi di Aids stimati dall’Oms, viventi nel mondo alla fine del 2001, circa 28 milioni appartengono all’Africa sub-Sahariana.
L’Aids, infatti, non uccide gli anziani, ma soprattutto i giovani adulti e i bimbi piccoli, che possono acquisire l’infezione dalla madre e sviluppare la mortale malattia in breve tempo. Così scompare la fascia della popolazione più attiva e produttiva, restano i vecchi, i bambini che riescono a sopravvivere e i ragazzi, non ancora contagiati, che devono spesso prendersi cura dei genitori malati e dei fratelli più piccoli. A causa dell’Aids, l’Africa sta conoscendo il nuovo fenomeno degli orfani: nella famiglia allargata tradizionale, il bimbo che perdeva uno o entrambi i genitori naturali trovava subito un padre e una madre sostitutivi, pronti a prendersi cura di lui. Ora i genitori, quelli veri e quelli potenziali, muoiono di Aids e i bimbi sono accuditi dai nonni, nella migliore delle ipotesi, o vengono affidati agli orfanotrofi.
I servizi sanitari, già scarsi e insufficienti, come abbiamo visto, sono stati schiacciati dall’ondata epidemica dell’Aids e questa, a sua volta, si è resa responsabile di un’ulteriore erosione delle già scarse risorse disponibili. Gli ospedali sono strapieni e per la maggior parte si tratta di malati terminali di Aids in attesa di morire, il personale è sovraccarico di lavoro, senza contare che anche molti medici e operatori sanitari locali sono stati, a loro volta, falcidiati dalla malattia.
Molto hanno già fatto e stanno facendo i Governi e i responsabili della sanità dei paesi più colpiti per arginare l’epidemia tramite misure di prevenzione, soprattutto mirando all’educazione sanitaria dei giovani e della categorie più a rischio, al controllo delle malattie sessualmente trasmesse in generale, a trasfusioni sicure: alcuni risultati incoraggianti cominciano a vedersi e, in alcune zone, il numero di nuove infezioni si è stabilizzato o è addirittura diminuito. Ma ancora molto, troppo resta da fare!

Farmaci e spesa sanitaria

E veniamo quindi alla questione dei farmaci, un altro dei gravi problemi dei sistemi sanitari africani. La maggior parte delle patologie che ancora uccidono milioni di persone l’anno (polmoniti, diarree, malaria, tubercolosi…) sarebbe curabile con farmaci semplici, efficaci, poco costosi: ma anche questi scarseggiano! Si stima che nella grande torta del mercato mondiale di medicinali, pari circa a 406 miliardi di dollari, l’Africa del 2002 coprirà un irrisorio e insignificante 1%. Su 1.233 nuovi farmaci immessi sul mercato negli ultimi 25 anni, solo 13 hanno un’indicazione per le malattie tropicali che ancora affliggono centinaia di milioni di persone, mentre il 90% degli investimenti per la ricerca e lo sviluppo di nuove terapie va a beneficio di neppure il 10% della popolazione mondiale.
Tutto questo non è accettabile! Non è accettabile che all’inizio del 3°ordm; millennio ci siano nazioni africane che possono permettersi di spendere soltanto 10-15 dollari l’anno per la salute di ogni singolo cittadino!
Nell’immediato e per molti anni ancora, dunque, questi paesi avranno bisogno di un forte e generoso contributo da parte della cooperazione internazionale. Ma cosa significa fare “cooperazione sanitaria”? Dove si va? A fare cosa? Con quali obiettivi?

Ruolo della cooperazione

La cooperazione sanitaria, se vogliamo semplificare il più possibile, ha 2 modelli principali di riferimento: si possono fare interventi di emergenza o progetti di sviluppo.
Gli interventi di emergenza si attuano in situazioni di crisi (guerre, carestie, movimenti di rifugiati ecc.), con l’obiettivo principale di rispondere ai bisogni vitali più urgenti delle persone, a prescindere dal contesto politico e sociale in cui si opera. Richiedono un grande apparato organizzativo, in grado di rispondere in modo efficiente e immediato, e di solito sono di breve durata. Aprono la strada ai successivi progetti di sviluppo.
Gli interventi di collaborazione allo sviluppo e di sostegno ai sistemi sanitari locali sono interventi a medio-lungo termine, che richiedono un apporto continuativo di risorse umane e finanziarie e nei quali una componente fondamentale è la formazione del personale locale, che è la vera garanzia di continuità.
Il Cuamm opera nell’emergenza solo quando si verificano situazioni critiche nelle aree dove già è presente (vedi il genocidio del Rwanda nel 1994 o le catastrofiche alluvioni in Mozambico nel 2000). Di solito, però, per tradizione e formazione, preferiamo lavorare per lo sviluppo, costruendo e riabilitando le strutture sanitarie, preoccupandoci di formare medici e infermieri locali, impostando insieme a loro i progetti perché questi rispondano davvero a bisogni sentiti dalla popolazione e perché la gente si senta protagonista della propria salute.

Lavorare fianco a fianco

Il nostro stile è quello dell’accompagnamento, lavorando a fianco degli africani, che abbiamo imparato a apprezzare e a amare, cercando di non imporci mai.
Julius Nyerere, affettuosamente chiamato dalla sua gente “il maestro”, presidente e “padre” della Tanzania e del socialismo africano, affermava: «Lo sviluppo porta alla libertà solo se è lo sviluppo “della” gente. Un popolo non può essere sviluppato da altri, può soltanto svilupparsi da sé, prendendo le proprie decisioni e nella piena partecipazione alla vita della comunità».
Come Cuamm abbiamo scelto semplicemente di fare un pezzo di strada insieme alla gente dell’Africa più povera e martoriata: siamo convinti che l’Africa abbia le risorse umane, il coraggio, la volontà, la capacità di essere protagonista del proprio sviluppo. Il nostro compito, doveroso e irrinunciabile, è quello di un sostegno tecnico e finanziario consistente e concreto, ma discreto e rispettoso.

Marzia Franzetti
CUAMM Medici Con L’Africa, Padova
cuamm@cuamm.org
www.cuamm.org