Il tempo

di Ortensio Antonello

Negli ultimi anni la riflessione sul “tempo” è ripresa con grande interesse.
Nel passato se ne sono occupati soprattutto i filosofi, oggi se ne occupano storici, sociologi, psicanalisti, scrittori di fantascienza, fisici ed economisti. Ciascuno cerca di sviluppare storie, teorie, idee e soluzioni da proporre, da somministrare ad individui, a persone che, nella maggior parte dei casi, sono già condizionate dall’ossessione di non perdere tempo, perché il tempo è denaro.
Il tempo è denaro e più chi ha denaro ha meno tempo e dall’altro chi ha molto tempo ha spesso poco denaro.
Come sfuggire da questo circolo vizioso?

 

“Il tempo è denaro”: la frase è stata coniata dallo statista e inventore americano Benjamin Franklin, nel 1748. Il sociologo Max Weber la citò come esempio classico dello “spirito del capitalismo”.

“È meglio avere ragione in modo approssimativo e parziale che essere lenti, perché è molto costoso rimanere indietro che correggere qualche errore”.
[Percy Barnevik,
star del management]

L’azienda di computer Ibm, in una pubblicità sui giornali, dà forma al problema del tempo in modo particolarmente efficace: un’immagine mostra un bambino di dieci anni su una poltrona da manager, che guarda con occhi mortalmente tristi i lettori.
“Quando sarà grande – così suona lo slogan – erediterà l’azienda dal buffo tipo che non aveva mai tempo per lui”. Per fortuna c’è un mezzo contro la tristezza del bambino: basta che il padre compri un nuovo sistema informatico per accorciare i processi decisionali che richiedono tempi troppo lunghi. Così l’Ibm “gli ridarà indietro parte del tempo” che ha investito nella sua azienda.
Ma cosa farà il padre con il tempo che gli regala il nuovo software? Lascerà davvero l’ufficio alle quattro, il venerdì pomeriggio, per giocare a pallone con suo figlio? Difficile crederlo. Molto più probabilmente le ore guadagnate andranno nuovamente a beneficio dell’azienda e spariranno tra documenti, colloqui con i clienti, telefonate e viaggi di lavoro.
[Nikolaus Piper, rivista Internazionale,
2 febbraio 1996]

“Ti confesso, o Signore, che ignoro ancora cosa sia il tempo e di nuovo ti manifesto, o Signore, di sapere che tutto ciò lo dico nel tempo e che è molto dacché io parlo nel tempo e che questo molto non è molto se non per la durata del tempo.
Come farò a sapere ciò, se non so cosa sia il tempo?
O forse non so esprimere quello che già so?
Povero me che non so nemmeno cosa ignoro!
O Signore, dinanzi a te io non mentisco; così come parlo è il cuor mio.
Illumina tu la mia lucerna, o Signore; rischiara, o mio Dio, le tenebre mie”.
[Agostino d’Ippona, Ma cos’è il tempo,
tratto dal libro Le Confessioni]