I care, e voi?

di Lazzaretto Chiara

Ho partecipato alla marcia di Libera che si è tenuta il 21 marzo 2019 a Padova. Era la prima volta che prendevo parte a una manifestazione di Libera, seppur conoscessi già da tempo le loro attività contro le mafie. Sono venuta a conoscenza di Libera grazie ai social media, ma non ho mai approfondito bene ciò che facevano; la ritenevo una realtà lontana da me e soprattutto lontana dal nord-est. Fino a quando non ho incontrato Don Ciotti, una persona meravigliosa, simpatica, disponibile e soprattutto con tanta voglia di cambiare questa realtà che ormai ci perseguita da troppi anni e di far capire a noi giovani che la mafia non è presente solo al sud: la mafia è ovunque ed è un problema di tutti.

Alla mattina mi sono svegliata

Quel giovedì mattina non ho preso come ogni normale mattina la bicicletta per andare a scuola, ma un autobus che mi ha portata nel centro di Padova. Ho preso quell’autobus con la consapevolezza di ciò che stavo facendo, che non potevo più stare ferma a guardare il mondo cambiare; non potevo più lasciare agli altri il compito di risolvere i problemi che coinvolgono indirettamente anche me: non potevo non fare niente. Reggevo l’angolo destro anteriore di una bandiera della pace grande 50 metri x 30, sostenuta da un centinaio di scout, che non era solo una normale decorazione, ma un simbolo di ciò che noi vogliamo per il nostro futuro, per i nostri figli e per le prossime generazioni. Lo stesso valeva per le migliaia di bandiere colorate che sventolavano regalando al cielo la possibilità di essere meno monocolore del solito.

Il corteo sfilava sicuro di ciò che stava facendo, nessuna faccia dubbiosa, nessun punto di domanda, nessuna paura, ma solo rabbia e voglia di verità e di giustizia. Il tutto si è concluso in Prato della Valle, la seconda piazza più grande d’Europa, che per la prima volta nellaàsua storia ha ospitato cinquantamila persone. Una piazza normalmente quasi vuota: con qualche persona che ci passa ogni tanto, qualche turista che si ferma a fare foto o universitari che si accampano nel prato verde. Quella piazza il 21 marzo era piena, non solo nel senso fisico della parola, ma anche piena di amore, di gioia e di convinzione.

Io non ho paura

Ogni centimetro di pelle di quelle persone gridava: «Sono qui perché non me ne voglio stare fermo a guardare, voglio agire». Quell’urlo era potentissimo: un urlo inarrestabile contro le mafie, mafie che corrompono, mafie che uccidono, mafie che commettono crimini, mafie che rovinano.

«Non dobbiamo temere di alzare la voce quando in molti scelgono un prudente silenzio». È con questa affermazione che Don Ciotti invita noi giovani a non restare in silenzio, ci dice di parlare e di non avere paura di farlo ed è così che ci dobbiamo comportare: parliamone!

E nella scuola? Ne stiamo parlando? Tra quei banchi si parla di mafia? No, non se ne parla abbastanza, ed è per questo che noi studenti dobbiamo alzare la voce più forte che mai, perché parlando di mafia non si parla solo delle innumerevoli stragi e di molteplici vittime, si parla anche del nostro futuro e del nostro domani.

Il nostro motto I care ci insegna che di fronte a queste situazioni noi dobbiamo agire, mi sta a cuore e non resterò ferma, quindi siate anche voi testimoni, unitevi a questa battaglia che combattiamo ormai da troppo tempo!

I care, e voi?

Chiara Lazzaretto
allieva del terzo anno,
liceo scientifico statale «G. Galilei»
Selvazzano Dentro (Pd)