Ogni incontro lascia un segno – In ricordo di padre Paolo Dall’Oglio

Caro Nico,

ho ascoltato e poi trascritto quel che padre Paolo disse al convegno di Macondo del 2010. Veniva a noi dietro insistenza di don Giuseppe Stoppiglia, morto a settembre dello scorso anno.

Nel 2009 era stata nostra ospite dal monastero Dei Mar Musa, Nebek, Siria, la monaca Deema Fayad che aveva parlato del monastero fondato su tre pilastri: la preghiera, la povertà e il lavoro, la ospitalità; la funzione del monastero era il dialogo Cristiani – Musulmani.

La Deema Fayad aveva fatto da apripista per l’invito di padre Paolo a partecipare al convegno di Macondo a Bassano l’anno successivo 2010. Molti di noi aspettavano una continuazione del discorso fatto dalla giovane monaca Deema. Ed infatti padre Paolo è partito proprio dalla proposta del Monastero sul dialogo Cristiani-Musulmani; perché solo se ci si ascolta, ci si conosce; e dalla conoscenza può iniziare la comprensione.

Così nella parte introduttiva della sua relazione, che ti allego, padre Paolo ha cercato di capire cosa fosse Macondo e quale matrice politica, religiosa, sociale avesse avuto e conservasse al momento. E cercava di trovarla in alcune date che aveva segnato il formarsi di movimenti di cambiamento in Italia, come per esempio ‘cristiani per il socialismo’. Un movimento che puntava ad una giustizia sociale, che si è poi vieppiù trasmessa, mutata, ma non spenta nei movimenti sociali e politici variegati, ma con una radice comune che è la fratellanza, la comunicazione e la solidarietà tra i popoli.

Ed è su questa radice solidaria che padre Paolo ha inviato a noi ed al mondo occidentale l’appello a schierarsi per la giustizia e porre fine alla violenza dell’Occidente contro il mondo musulmano. Un appello che è insieme profezia di un travaglio che avrebbe segnato gli anni a venire di nuove violenze, nuove ingiustizie. Basta pensare al sorgere ed espandersi del cosiddetto Califfato, detto anche ‘autoproclamato Stato Islamico’, ed ai lutti che ha provocato in Oriente e non solo.

Ecco qui un passo significativo, in cui padre Paolo, quasi come portavoce del mondo musulmano, afferma e ricorda: «Io (padre Paolo) qui parlo da musulmano, voglio rappresentare, anche se non è una investitura formale, voglio esprimere l’immenso sentimento di contenzioso da parte della appartenenza musulmana. E quindi denuncio il pericolo che incombe; ( noi musulmani ) non abbiamo fatto la scelta della non violenza; ci sono tra noi ( musulmani) che hanno fatto la scelta della non violenza, ma sono piccole minoranze significative e speriamo che indichino la strada; ma noi musulmani in modo collettivo dobbiamo avvisare l’Occidente che non abbiamo fatto la scelta della non violenza; come non l’ha fatto l’Occidente, che riempie gli arsenali nucleari, continuando a organizzare il furto delle risorse, a imporre il modello culturale consumista, continuando ad umiliarci attraverso l’appoggio esplicito a regimi torturatori e quindi noi siamo arrabbiatissimi e quindi pericolosissimi. Dico questo non per fare paura».

E continua porgendo la mano per una soluzione che però dipende da un nostro cambiamento radicale e dalla accoglienza dell’altro, diverso, sconosciuto e inconoscibile; ecco cosa diceva: «Anche secondo il giornale ‘le monde diplomatique’ il mondo musulmano è la massa più efficace nella lotta alla globalizzazione finanziaria e culturale dell’Occidente. La massa più efficace , più possente è quella rappresentata dal mondo musulmano; che vi sentiate come aggressori o come alleati, dipende da voi (si rivolgeva a noi dell’occidente, ndr); ma la trasformazione del mondo musulmano da dentro, in vista di una pacificazione, della valorizzazione della spiritualità musulmana, che è essenziale allo sviluppo umano, il senso di giustizia dell’islam che è necessario per la giustizia planetaria, dipende anche da tutti noi, con gli occhi aperti, che non si fanno illusioni buoniste, né si può dare attraverso il realismo politico (o attraverso il pragmatismo politico, ndr) la giustificazione ai propri crimini».

E poi si avviava alla conclusione citando indirettamente il filosofo Levinas; «Io concludo qui: l’altro è sempre incomprensibile, solo nell’avventura dell’accompagnarci, nell’avventura di aiutare Dio, come scrive Etty Hillesum nella trasformazione reciproca, la speranza diventa realtà politica e (qui padre Paolo alza la voce, ndr) senza trasformazione politica, abbasso la mistica».

Questo appello ha suscitato grande impressione nel pubblico presente; un appello che purtroppo resta ancora inascoltato. E le motivazioni sono sempre la paura, la convinzione che nasce dal pragmatismo e non dalla speranza, dell’impossibilità di trovare un accordo, e ancora la brama di mantenere il controllo degli Stati.

Gaetano Farinelli
presidente di Macondo
(pubblicato nel volume di Nico Veladiano,àUn pensiero per Paolo).