Testimone della nonviolenza
Rientro dalla montagna sotto la pioggia. La casa si è rinfrescata. Giuseppe può già scrivere il controcorrente e affrontare il binomio fede e religione, vangelo e morale, profezia e istituzione.
Accendo il televisore: guerra in Siria. Aleppo, Damasco, scontri tra lealisti e insorti. Bombardamenti. Carri armati. Diplomazie in moto. Morti e feriti. Voci discordi sulle stragi. Accendo il computer, la posta mi consegna il monografico di Aldo Capitini in quattro pezzi e un refuso. Apre Daniele Lugli che scrive dentro il guscio: Capitini chi?; l’inventore della marcia della pace, il profeta, l’apostolo della nonviolenza. Gli risponde Goffredo Fofi che di Aldo, indipendente di sinistra, morto nel 1968, scrive che si è fatto militante dei valori della nonviolenza a causa del dolore del mondo e per i limiti della umana condizione.
Seguono due poesie di Aldo Capitini. Il terzo pezzo spetta a Pasquale Pugliese, che scardina l’impostazione politica di Machiavelli con il Primato della coscienza, attenzione ai mezzi, azione come educazione, per un’azione attiva nonviolenta. Conclude Elena Buccoliero con il Maestro di vita spirituale, che riporta un’intervista di Pietro Pinna, primo obiettore di coscienza al servizio militare; che aveva scritto una lettera ad Aldo Capitini, senza risposta.
Quest’anno le due Camere non vanno in ferie, impegnate nelle riforme. Ma chi prende le decisioni e dove? Risponde l’inviato Augusto Cavadi per La politica e scrive che oggi lo Stato è condizionato dentro e fuori; ma un indice di garanzia democratica si misura non più sul chi vota, ma sul dove si vota e cioè le sedi che influiscono sul voto.
E adesso per l’angolo dei libri ci vuole una sedia, la lettura richiede silenzio e pace.
Dall’estero mi arrivano due dispacci e mi conducono dentro due avvenimenti che hanno segnato la cronaca e la storia contemporanea. Il primo è di Elisa Ferrero, con Primavere arabe. Egitto, il potere rimane ai militari; il secondo dal Brasile: Edilberto Sena in Rio+20: vertice delle nazioni e vertice dei popoli racconta le non decisioni prese dalle nazioni per l’ambiente.
Apro la segreteria telefonica e ascolto Fulvio Cortese che mi parla de La condizione giuridica dello straniero in Italia, cui sono garantiti i diritti fondamentali riconosciuti dai trattati internazionali. Più difficile invece l’acquisizione della cittadinanza italiana.
Dietro la porta del mio studio c’è una carta grande dell’Africa. Scorro con l’occhio il territorio del Sahel illustrato da Andrea Pase su carte d’Africa. Il Sahel è una fascia latitudinale dall’Atlantico al Nilo, suddiviso in nazioni dai colonizzatori europei, che si potrebbe ricongiungere in quella rete di relazioni, che rispondono alla geografia e alla storia del paese.
E adesso, musica!! No, purtroppo solo economia, ce ne scrive Fabrizio Panebianco in Per un’economia civile, che affronta il difficile connubio tra i numeri e la morale. Salta il turno Heymat, abbiamo invano atteso fino all’ultimo il suo pezzo, bussato alla sua porta, tempestato di sms il suo cellulare.
Ora metto un piede fuori della porta: non piove più.
Nella corte compare Giovanni Realdi senza ombrello e mi consegna il pianoterra che, inseguendo Goffredo Fofi, ascoltando Claudio Magris e rivedendo Carlo ed Enrico, affronta il tema de Il futuro anteriore dell’educazione.
Rileggo le ultime battute della cronaca di Macondo e dintorni e scorro finalmente le immagini di Marina Marcato in viaggio con le amiche e gli amici verso Santiago di Compostela.