Israele contro Iran: una guerra mondiale frammentata?

di Carlos Alberto Patiño Villa

Dai bombardamenti alla strategia

Dal 13 giugno, l’aeronautica militare e le agenzie di intelligence israeliane hanno lanciato una serie di attacchi militari contro l’Iran con tre obiettivi: distruggere o quantomeno danneggiare gravemente il programma nucleare iraniano; distruggere i suoi sistemi missilistici, in particolare quelli della Guardia Rivoluzionaria; e decapitare il governo, eliminando anche la Guida Suprema, l’Ayatollah Ali Khamenei.

Alcuni funzionari israeliani, insieme a giornalisti e politici radicali, hanno sostenuto che il semplice rovesciamento del regime non sarebbe sufficiente: l’Iran dovrebbe essere diviso in diversi stati in base alle loro minoranze etniche, come proposto in un editoriale del 18 giugno sul Jerusalem Post , che chiedeva l’intervento di Donald Trump.

Le forze iraniane hanno risposto con bombardamenti, missili e centinaia di droni esplosivi simili a quelli utilizzati dalla Russia in Ucraina. Nonostante i sistemi di difesa aerea israeliani, gli attacchi iraniani hanno avuto una certa efficacia, colpendo edifici, aree commerciali, ospedali e, secondo Teheran, installazioni militari israeliane.

Più di una situazione

Non si tratta di una scaramuccia: è una guerra strategica tra due Stati impegnati da tempo in un conflitto, che ora si esprime attraverso l’uso massiccio dell’aeronautica, dei missili e dei droni. 

Non è un caso che il conflitto si sia intensificato dopo il massacro del 7 ottobre 2023 compiuto da Hamas, una milizia filo-iraniana, e nel contesto di una riconfigurazione del sistema internazionale seguita all’invasione russa dell’Ucraina.

La guerra in Ucraina ha consolidato due blocchi: da una parte, Russia, Cina, Corea del Nord, Bielorussia e Iran; dall’altra, NATO, Unione Europea, Giappone, Corea del Sud e altre democrazie. La caduta di Bashar al-Assad in Siria (alleata di Iran e Russia), per mano di un islamista che aveva fatto parte di al-Qaeda, ha intensificato questa riconfigurazione. 

Dall’ottobre 2023 Israele è impegnato a smantellare il cosiddetto “asse di resistenza” dell’Iran, attaccando Hamas a Gaza, Hezbollah in Libano, Hezbollah al-Kataeb in Iraq e gli Houthi nello Yemen.

La guerra tra Israele e Iran è anche una lotta simbolica e strategica tra rami dell’Islam, in cui i governi arabi sunniti (come l’Arabia Saudita e l’Egitto) tollerano con cautela le azioni israeliane contro il loro rivale sciita, ma temono le conseguenze sulla loro opinione pubblica.

Il fattore nucleare e il ruolo degli Stati Uniti

Foto: Wikimedia Commons

Il 21 giugno, gli Stati Uniti, su richiesta di Trump, hanno bombardato gli impianti nucleari di Fordow, Isfahan e Natanz, chiedendo a Teheran di accettare negoziati a condizioni unilaterali. 

Le conseguenze sono imprevedibili: in primo luogo, l’attacco sembra aver generato una mobilitazione del sostegno interno al regime iraniano. In secondo luogo, non è chiaro come reagiranno Russia, Cina, Corea del Nord e altri alleati di Teheran. In terzo luogo, l’attacco potrebbe innescare il martirio sciita, con possibili rappresaglie spontanee o coordinate contro soldati, installazioni militari, blocchi del commercio petrolifero e persino pozzi di produzione.

Israele sta rispondendo a una minaccia persistente che dura fin dalla rivoluzione iraniana del 1979, guidata dall’ayatollah Khomeini, che fin da giovane fu nemico dello Scià per il suo laicismo e per aver accettato la creazione dello Stato di Israele nel 1948.

Un nuovo ordine bellico?

Vengono evidenziati cinque problemi:

  1. Israele sta emergendo come la grande potenza militare del Medio Oriente, con aspirazioni geopolitiche che potrebbero sconvolgere il mondo arabo.
  2. L’attacco all’Iran rafforza coloro che sostengono che questo Paese dovrebbe possedere armi nucleari.
  3. Un’eventuale caduta del regime iraniano potrebbe non portare alla stabilità, ma piuttosto a un caos simile a quello che ha colpito l’Iraq dal 2003.
  4. La nuova ascesa dell’islamismo, come dimostra il ritorno dello Stato islamico e l’ascesa al potere di Ahmad al-Sharaa in Siria, potrebbe scatenare forze incontrollabili.
  5. L’attacco statunitense all’Iran dimostra che le guerre odierne non sono più regionali. La rete di alleanze definita dalla guerra in Ucraina ha creato un sistema interconnesso di conflitti. Stiamo assistendo a una violenta revisione, attraverso la grande strategia militare, dell’ordine internazionale emerso nel 1945.

Pubblicato da https://razonpublica.com/, da noi tradotto

Carlos Alberto Patiño Villa

Dottore in Filosofía presso la Universidad Pontificia Bolivariana