Mercato e democrazia

di Panebianco Fabrizio

Negli anni passati, sulla scia delle politiche di Washington di esportazione della democrazia e del mercato, si è sviluppato un dibattito sulle relazioni tra mercato e democrazia. Ultimamente, in periodo di crisi economica e con la vittoria di partiti di estrema destra in alcuni paesi europei, questo tema, seppur meno dibattuto, è rimasto come ospite di fondo in molti dibattiti su economia e politica. Il discorso si riassume nella seguente domanda: l’economia di mercato porta allo sviluppo della democrazia, o è la democrazia a sviluppare le basi per la nascita dell’economia di mercato? Osservando una mappa politico-economica del mondo si possono osservare due fenomeni principali: ogni democrazia esistente ha sviluppato o sta sviluppando un’economia di mercato più o meno evoluta, mentre esistono paesi con economia di mercato che sono tutto fuorché democrazie. Il mercato sembra essere quindi una condizione necessaria per l’esistenza della democrazia, benché non sufficiente. Una conclusione di questo tipo è però evidentemente parziale in quanto non tiene conto di un aspetto cruciale: il contributo che un sistema di controllo democratico può dare allo sviluppo di un’economia di mercato sana.

Il controllo positivo della democrazia sul mercato

Usando una concezione molto restrittiva, possiamo dire che la democrazia ha, nei confronti del mercato, due funzioni di controllo importanti e strettamente correlate: cerca di evitare che si creino posizioni eccessivamente dominanti nella competizione economica e protegge i cittadini-consumatori da eventuali soprusi arrecati da queste posizioni dominanti. La democrazia, cercando quindi di rendere il mercato meno oligarchico possibile, contribuisce alla formazione e al mantenimento delle condizioni di concorrenza che portano il mercato a essere un’istituzione efficiente. Ecco quindi che, coerentemente con quanto si osserva, il mercato ha parametri di efficienza maggiori in regimi democratici rispetto a regimi non democratici.

A questo punto ci si deve chiedere se il mercato, per raggiungere condizioni di concorrenza che lo portino a essere efficiente, ha bisogno di un controllo di un regime democratico. La risposta la troviamo nel capire cosa succede a un mercato lasciato a se stesso per un lungo periodo. Come è noto, in un dato settore, la concorrenza tra le imprese esistenti porta al fallimento di alcune e alla sopravvivenza di altre. Quindi, in assenza di cambiamenti tecnologici e strutturali che creano le condizioni per la nascita di nuovi competitori, la concentrazione del settore aumenta costantemente, portando alla creazione di oligopoli e di posizioni di potere dominanti. Durante le crisi economiche poi, falliscono un numero considerevole di imprese, lasciando il mercato alle poche rimanenti. Per esempio, tutti gli osservatori si sono preoccupati del fallimento di grossi gruppi finanziari durante la crisi, pochi si sono però preoccupati del fatto che ora i gruppi finanziari rimanenti sono ancora meno di prima, e quindi con posizioni relativamente più forti a tutto svantaggio dell’efficienza del settore. Il controllo democratico, tramite il potere politico, serve dunque ad arginare la regressione di un mercato concorrenziale verso una situazione di oligarchia economica.

Per poter fare questo, il potere politico deve essere il più autonomo possibile da grandi gruppi di interesse economico, sapendo che però una totale autonomia è utopica. Se, viceversa, ci dovesse essere una forte commistione tra i due, si avrebbe un doppio danno in quanto da una parte il potere politico si curerebbe principalmente dei propri interessi economici, dall’altra parte i gruppi economici dominanti potrebbero continuare il loro percorso di concentrazione ulteriore, senza controllo da parte del potere politico. Un sistema come questo però avrebbe ancora un anticorpo capace di riportare il sistema politico a essere più libero dal potere economico e, di conseguenza, il mercato a essere più efficiente: un sistema di proprietà dei mezzi di informazione indipendente sia dal potere politico sia dal potere economico, capace di rendere l’opinione pubblica informata rispetto a questi rischi. Ecco quindi che se il potere politico o il sistema di informazione perdono di autonomia rispetto al potere economico, la perdita non è solo sul piano della democrazia, ma anche su quello dell’efficienza del sistema economico.