Guinea Equatoriale

di Cecilia Alfier

Democrazia di carta
Nel settembre 2019 moriva Mugabe, il dittatore dello Zimbabwe, e al funerale qualcuno spese belle parole per lui, dicendo che era «un leader senza paragoni e il popolo gli sarà sempre grato per aver requisito la terra dai bianchi e averla restituita». Questa dichiarazione appartiene a Teodoro Obiang Nguema Mbasogo, presidente della Guinea Equatoriale dopo un colpo di Stato ai danni del suo stesso zio, il quale aveva abusato dell’utilizzo della pena di morte, della leva militare per i bambini e aveva perseguitato le minoranze etniche. Venne deposto dal nipote il 3 agosto 1979 e da allora non vi sono segni che la democrazia possa crescere. Anzi, Obiang Mbasogo – da quando è entrata in vigore la nuova Costituzione il 15 agosto 1982 – governa con pieni poteri, senza opposizioni, con elezioni repubblicane che sembrano sempre più concessioni reali che decisioni popolari.
Il presidente si comporta come qualcuno di molto importante, nonostante il suo potere si eserciti solo sul quinto Stato più piccolo del continente, completo di due isolette a largo nell’Oceano Atlantico.
Anche se i primi colonizzatori ad arrivare furono i portoghesi, la Guinea Equatoriale fu al centro di una compravendita fra Portogallo e Spagna (infatti il nome europeo era Guinea Spagnola), circostanza che ne impedì lo sviluppo politico democratico. Le coltivazioni di caffè spagnole richiesero la deportazione di schiavi e causarono numerose epidemie.

Ma non chiamatela monarchia assoluta
La Guinea Equatoriale, quindi, rientra nell’insieme dei paesi dell’Africa, soprattutto centromeridionale, con “dittatori eterni”. Per ovvie ragioni biologiche, la maggioranza di questi presidenti-padroni si sta avviando verso la vecchiaia e la morte e questo pone un problema sulla necessità di programmare il dopo: continui colpi di Stato, famiglie dinastiche che si passano il trono di padre in figlio oppure la democratizzazione? La risposta è naturalmente interconnessa con la situazione dei diritti umani, della libertà di stampa (assente nel caso che stiamo vedendo) e della parità di genere. In Guinea lo stupro è considerato un reato minore e, anzi, vi sono delle attenuanti se il comportamento della vittima viene considerato “equivoco”. In alcuni Paesi più a sud va, se possibile, peggio, in quanto spesso la moglie non ha alcun diritto legale di sottrarsi a rapporti sessuali col marito.
Da quello che sappiamo, è molto probabile che alla morte di Obiang il potere passerà a suo figlio, che risulta essere in linea con il programma politico del padre. Si vedrà solo se la morte di Teodoro sarà naturale o frutto di un golpe. Il futuro comunque non sembra roseo.

La Dacau d’Africa
Tutta questa situazione rende la Guinea Equatoriale uno dei posti peggiori in cui vivere, nonostante (e forse anche per colpa) dei grossi giacimenti di petrolio e gas naturale. Se il PIL risulta alto è solo perché il presidente e suo figlio guadagnano quanto gli sceicchi, impuniti e anzi ben accolti dalle potenze occidentali, anche da parte di Paesi che si definiscono democratici. E la ricchezza che potrebbe derivare dal turismo è impedita a causa dell’inquinamento e dei continui rapimenti di stranieri. Il titolo poco onorifico di “Dacau d’Africa”, con cui il paese continua a essere appellato, deriva dal mancato rispetto degli esseri umani e dalle simpatie naziste del capo di Stato, sia questo che quello precedente.
La rivista Internazionale, in un articolo di commento alla vittoria di Obiang padre nel 2022, riportava una dichiarazione del presidente-dittatore del 2016, prima della sua precedente rielezione, dove affermava che era l’ultima volta che di presentava; poi si sarebbe ritirato, per fare spazio al figlio Teodorín. Il padre aveva specificato che la Guinea non è una monarchia, ma non poteva farci niente se il figlio aveva del talento. Un talento preoccupante poiché, stando all’articolo di Internazionale, «Teodorín Obiang è stato condannato in via definitiva a tre anni di carcere con la condizionale, a una multa di 30 milioni di euro e alla confisca di tutti i suoi beni in un processo per peculato. Dal 2021 gli è vietato il soggiorno nel Regno Unito per le accuse di “corruzione” e “appropriazione indebita di fondi pubblici” nel suo paese».
Per ora, anche a causa della debolezza dell’economia della Guinea dopo la pandemia, il passaggio di consegne è stato rimandato, mentre queste condanne non sembrano avere nessun peso nei processi decisionali. Quantomeno, vi è un po’ di speranza sul fatto che un giorno i dittatori non abbiano la stessa accoglienza di star del cinema, solo perché i loro Paesi sono ricchi di petrolio.

Cecilia Alfier

laureata in scienze storiche, aspirante giornalista, giocatrice di scacchi dal 2005 e di bocce paraolimpiche dal 2019,
vive e lavora a Settimo Torinese (To), componente la redazione di madrugada.