L’umanità potrà ritrovare sé stessa (anche) nella Storia

di Chiara Cucchini

Un inizio di riflessione

Incapacità di leggere i tempi nuovi
Che la società contemporanea sia affannata, disorientata e fragile di fronte alle prove e alle sfide di questi ultimi anni è chiaro ed evidente a ciascuno di noi. La crescente spersonalizzazione dell’individuo, privato di molte se non di tutte le sue certezze, sta generando una progressiva perdita del sé; l’individuo non riesce più a identificarsi, a riconoscersi e a dirsi, a enunciare chi è e a dichiarare le sue peculiarità e le sue volontà. I giovani, quasi tutti, avvertono con profondo dolore l’incapacità di comprendere il presente e patiscono l’assenza di maestri capaci di stimolarli a definire il nuovo orizzonte che va delineandosi davanti a loro; per questo si ritengono inadeguati alla costruzione della loro persona e della vita che verrà, soffocati da un’impotenza svilente e paralizzante. Gli adulti, invece, reagiscono all’incapacità di leggere i tempi nuovi rifugiandosi e agognando un impossibile ritorno al passato che, con i suoi vecchi modelli, appare comprensibile e consolatorio. Ma così non è, e presto per questi, come per i giovani, a farla da padrone saranno la frustrazione e lo sbigottimento, accomunando in questo abbraccio smarrito tutti gli attori della scena del mondo.
Eppure, una via per provare a rimettere insieme questa società a pezzi e per trovare una capacità di interpretazione e comprensione delle inquietudini, dello smarrimento e degli avvenimenti di questi anni, una via diversa da quelle oggi percorse dalla filosofia, dalla psicologia, dalla sociologia e dall’antropologia, diversa, appunto, ma complementare a queste ci potrebbe essere, ed è una rinnovata valorizzazione dell’analisi storica. Con l’obiettivo di poter tentare una via poco percorsa per la lettura e la comprensione della complessità delle cause che hanno concorso a definire la situazione che viviamo oggigiorno.
Non è certo una novità, dato che questo approccio era già stato proposto in tempi altrettanto complessi e fecondi di nuove possibili fasi generative da un intellettuale di vasta cultura e profonda intuizione come Jacob Burckhardt che nel 1870 teneva il ciclo di lezioni Sullo studio della storia, che tanto influenzò il metodo e il lavoro degli storici dei decenni successivi. Ebbene, negli anni in cui prevaleva il metodo positivista, che in buona sintesi riteneva che presto l’uomo avrebbe trovato soluzione e risposta a tutti gli elementi negativi della vita e della storia, Burckhardt sosteneva che il presente dovesse solo acuire la capacità di osservazione del passato, senza comportare una modificazione di prospettiva nello stesso modo in cui il passato avrebbe dovuto adempiere alla stessa funzione riguardo al presente. E grazie a questo metodo demoliva l’idea di progresso e di felicità collettiva condivisa da molti intellettuali del suo tempo, per presentare i segni premonitori di una crisi che avrebbe portato alla rovina la vecchia Europa. Aveva, cioè, saputo cogliere il segno di ciò che sarebbe successo alcuni anni più tardi, allo scoppio della prima guerra mondiale, quando affermava: «Ho un presentimento che sulle prime può apparire una grossa sciocchezza e che tuttavia non mi vuole abbandonare: lo Stato militare sarà costretto a divenire un’entità industriale in grande stile. Le masse degli individui stipati nelle grandi fabbriche non potranno restare per sempre in balia della loro miseria e delle loro voglie; una moltitudine ben definita e controllata di miserabili con possibilità di promozione e con indosso l’uniforme, la cui giornata si inizia e si conclude al suono della tromba, costituirà la conseguenza logica di siffatta situazione».

La storia procederà da sola?
Eppure Burckhardt non aveva alcuna volontà di trovare nella storia ciò che consente di trarre conclusioni sul futuro, bensì – e lo dice bene nell’Introduzione al suo testo Considerazioni sulla storia universale quando afferma «noi trattiamo (…) non tanto dello studio della storia quanto dell’elemento storico» – cioè di ciò che permette di leggere e comprendere meglio il presente grazie al metodo della riflessione attraverso la comparazione.
Diversi anni più tardi Marc Bloch in Apologia della storia, testo scritto mentre l’autore combatteva tra le fila della Resistenza francese contro l’occupazione tedesca, alla domanda retorica se la storia fosse utile e avesse diritto di esistere, rispondeva che era sicuro che della storia non si può e non si deve fare a meno. Egli aveva infatti intravisto che la storia poteva essere una pratica decisiva, degna di riconoscimento sociale, di prestigio collettivo, suscitatrice di entusiasmo. Un pilastro senza il quale i legami sociali non si annodano: «Il problema della legittimità della storia è eterno. Ma ricompare con regolarità, e in maniera particolarmente pressante, durante le epoche di turbamento, che spingono l’umanità a interrogarsi su sé stessa e a studiare gli strumenti che può avere a sua disposizione per guardare attraverso le nebbie del proprio avvenire (…)». Ma non riteneva che la storia potesse aiutare a prevedere il futuro «una vecchia inclinazione ci fa tendere a sperare che, opportunamente sollecitato, [il passato] si rivelerà capace di svelarci i segreti del presente e quantomeno farci intravvedere quelli dell’avvenire», ma anche secondo Bloch ciò era impossibile, oltre che molto pericoloso.
La storia, dunque, non si riduce a forme ragionevoli e a strutture che, con costruzione necessaria, si ripetono e si riproducono in forme sempre uguali; pretendere di conoscere già ciò che avverrà è presuntuoso e sciocco. Oltretutto l’inganno è stato definitivamente svelato dallo sgretolarsi di quell’orizzonte di generose promesse prospettato nei decenni scorsi. È per questo che se negli anni passati la tensione e lo sguardo erano lanciati in avanti ora si dovrà ripartire dalla lettura del passato e se l’osservazione porta a vedere che il lungo filo che unisce le molte vicende umane è caratterizzato dalla cecità delle prospettive e dalla tendenza all’appropriazione, alla prevaricazione e al dominio, il compito dell’uomo, in quanto tale, è di invertire o quantomeno limitare questo impulso distruttivo che altre volte nel passato lo ha spinto rovinosamente nell’abisso.
La storia procederà da sola in questo lavoro di rilettura e comprensione? Assolutamente no, come sostiene ancora Burckhardt.
Correranno in suo aiuto per prima la filosofia, in particolare quella filosofia della storia che non considera il passato come antitesi e stadio preliminare per giungere a noi in quanto evoluti; perché «noi [storici] consideriamo ciò che si ripete, ciò che è costante e tipico, come qualcosa che trova risonanze in noi ed è per noi comprensibile».
Insieme alla filosofia concorreranno a questa comprensione anche la sociologia, la psicologia e l’antropologia, discipline che in passato galoppavano da sole nella competizione dell’interpretazione del mondo e che invece devono concorrere a generare energia interpretativa e capacità di comprensione.
In questa riflessione ho utilizzato quanto sostenevano storici imprescindibili nella formazione dei moderni intellettuali, con il preciso intento di avere, nei miei tentativi di ragionamento, il sostegno di chi mille volte più e meglio di me si è interrogato e confrontato sull’utilità e sul senso della storia (Braudel e Cipolla oltre ai già citati Burckhardt e Bloch) e le impressioni, le suggestioni e le provocazioni sono state importanti e profonde. Per ora mi fermo qui, presa dalla necessità di ordinare e riordinare tutto ciò che ho (ri)studiato. Più che una conclusione, dunque, ho la percezione di un nuovo inizio.

Chiara Cucchini

Chiara Cucchini

docente di materie letterarie, istituto professionale agrario Parolini, Bassano del Grappa, componente la Segreteria nazionale di Macondo.
vive a Pove del Grappa (Vi).