Fondamentalismo, anche cristiano

di Naso Paolo

L’olimpiade delle religioni

Il triste destino di una parola
Il termine fondamentalismo è oggi impronunciabile: rimanda, infatti, a logiche di terrore, di violenza, di fanatismo. È un destino triste per un termine sorto negli anni ’20 dello scorso secolo nell’ambito delle chiese evangeliche americane: con esso si voleva designare una corrente teologica che si richiamava ad alcune verità fondamentali espressamente contenute nella Bibbia.
La prima, grande polemica dei fondamentalisti evangelici americani fu, ad esempio, contro le teorie evoluzioniste di Darwin che finivano per negare la "verità" biblica della creazione narrata nel libro della Genesi.
Questo pensavano negli anni ’20 e questo pensano ancora oggi i loro nipoti che recentemente, in quattro stati dell’Unione, sono riusciti ad escludere le teorie evoluzioniste dai programmi scolastici. Si trattava, insomma, di un fenomeno controverso sotto il profilo teologico, ma assolutamente mite, socialmente innocuo.
Ma è sotto gli occhi di tutti il fatto che il radicalismo religioso di matrice cristiana degli ultimi decenni ­ o neofondamentalismo come qualcuno preferisce definirlo ­ ha altre caratteristiche. È politico, si è detto; inoltre ha una sua specifica identità culturale e spirituale che si radica nel richiamo a un fatto storico, ad un mito, ad una età dell’oro che occorre far rivivere; ma soprattutto, il fondamentalismo religioso è militante e rimanda ad un’azione organizzata, a volte addirittura di tipo paramilitare: si pensi agli attentati contro le cliniche che praticano l’aborto o ai deliri razzisti di alcuni gruppi, sempre negli Usa, della cosiddetta "Christian Identity", una rete di cellule armate che pretendono di richiamarsi ai valori tradizionali della società americana.

I mille rivoli del fondamentalismo
Il caso di studio più interessante del fondamentalismo cristiano è pertanto costituito dagli Stati Uniti, dove il vecchio fenomeno di quasi un secolo fa si è trasformato in un fiume che si getta in mare in mille rivoli, separati e distinti gli uni dagli altri. Alcuni continuano a caratterizzarsi per il forte richiamo al letteralismo biblico: pensiamo a tante chiese di matrice pentecostale, a predicatori come Billy Graham, a personalità profondamente democratiche come l’ex presidente Jimmy Carter. Altri, al contrario, hanno acquisito connotati espressamente politici, fino a diventare un vero e proprio soggetto che ricorrentemente si candida a condizionare il quadro istituzionale del paese.
Negli anni Moral Majority, Christian Coalition, Promise Keepers sono state solo alcune delle principali organizzazioni di questo mondo variegato ed articolato. La loro piattaforma comune è abbastanza chiara: assolutizzare la radice cristiana dell’America, promuovere una legislazione che la sostenga ad esempio imponendo la preghiera obbligatoria nelle scuole, bandendo la legge sull’aborto, cancellando le misure a favore delle ragazzi madri e così via.

L’assalto al partito repubblicano
In varie occasioni i fondamentalisti della destra cristiana hanno dato l’assalto al partito repubblicano, con risultati sin qui decisamente deludenti.
Dopo gli anni d’oro di Ronald Reagan che li ascoltava con attenzione e rispetto, né Bush padre, né il figlio, né gli altri candidati del partito alla Casa Bianca hanno avuto particolare stima per questi estremisti di Dio. Al contrario, la piattaforma repubblicana con cui Bush ha vinto le elezioni, «per un conservatorismo compassionevole», segna una grande distanza dai radicalismi politici e teologici della destra cristiana di matrice fondamentalista.

Esiste un fondamentalismo cattolico?
Parlando di fondamentalismo cristiano, sorge naturale una domanda: assunto che il termine è nato e si è sviluppato in casa protestante, esiste un fondamentalismo cattolico? La risposta è articolata: no in senso tecnico, sì in una prospettiva politica e culturale. Mi spiego. Se alla sua origine il fondamentalismo fu una corrente teologica di recupero dei fondamenti biblici della fede cristiana, è comprensibile che il fenomeno abbia una specifica natura protestante. È nelle chiese nate dalla Riforma, infatti, che la centralità della Bibbia suona da sempre come valore fondante e irrinunciabile: non così nella tradizione cattolica che solo dopo il Concilio Vaticano II ha valorizzato il rapporto con il testo sacro. In questo senso, il fondamentalismo è più protestante che cattolico.
Ma se si guarda alla deriva politica e culturale del fondamentalismo, allora credo si possa affermare che è un fenomeno anche cattolico. L’idea di una "società cristiana", costruita attorno ai valori specifici di una tradizione di fede, affermata anche sotto il profilo giuridico, ricorre con forza anche nella tradizione cattolica; viene da dire, oggi soprattutto nella tradizione cattolica. Così come, peraltro, in quella ortodossa.
Il fondamentalismo, insomma, è una tentazione ecumenica che affligge le diverse comunità di fede.
Sarà fondamentalista il Terzo millennio della fede cristiana? Probabilmente sì, nel senso della ricerca di una fede viva e impegnativa: non è un caso che, sia in ambito cattolico che evangelico, i movimenti di natura carismatica che pongono al centro della loro vita lo studio e l’amore per la Bibbia, sono quelli che fanno registrare la crescita più significativa, soprattutto in Africa e in America latina; probabilmente no nella prospettiva di una affermazione politica e culturale.
Una visione settaria ed esclusiva della fede è incompatibile con società sempre più pluraliste e articolate come le nostre.

Una parabola per vedere oltre
Lo racconta con efficacia e con grazia letteraria Shafique Keshavjee, in un romanzo intitolato Il re, il saggio, il buffone, edito da Einaudi. È la storia di un re che, di fronte alla crisi morale del suo regno, decise di indire un’olimpiade delle religioni per verificare quale fosse la migliore, quella più efficace e funzionale. I rappresentanti delle varie comunità di fede si cimentarono dunque nelle varie prove con risultati alterni che non sembravano convincere nessuno. Finché il Saggio, che nel corso della competizione continuava a sognare un ago e delle forbici, non ebbe una visione: «Slegare e collegare, unificazione e differenziazione, attaccamento, morte e resurrezione, è questo il dinamismo dello Spirito… Dio è sempre più grande della nostra idea di Dio e la realtà è più complessa della nostra esperienza della realtà».
Il Re, a sua volta, ebbe una intuizione e si rese conto di non potere assegnare nessuna medaglia d’oro: quello era un compito che spettava a Dio soltanto. Egli, più modestamente, decise che dopo quattro anni, alla prossima olimpiade, avrebbe premiato con una medaglia d’argento quella religione che si fosse prodigata per comprendere e servire i fedeli delle altre, quella che insomma avesse saputo abbandonare tentazioni esclusiviste, aggressive e fondamentaliste. E così fece.

Paolo Naso
Rivista Confronti, Roma