Una nuova Babele e una nuova Gerusalemme
Un centinaio di anni dopo la fondazione, la Cittàha raccolto uomini di tutte le religioni monoteistiche e delle culture da queste derivate, innumerevoli lingue diverse e forme di vita che queste lingue contengono in sé. È diventata un microcosmo, centro del mondo che, come ogni centro secondo l’insegnamento degli esoterici, contiene tutto il mondo. Per questo Sarajevo è, senza dubbio, una cittàinteriore nel significato che alla parola attribuiscono gli esoterici: tutto ciò che nel mondo è possibile si trova a Sarajevo in miniatura, ridotto al suo nucleo ma presente, perché Sarajevo è il centro del mondo (e l’esterno è sempre e completamente contenuto nell’interno, quindi anche nel centro, dicono gli esoterici) […].
Giàdalla sua fondazione, la Cittàfu popolata da genti di tre religioni monoteistiche – islamica, cattolica e ortodossa -, e vi si parlava il turco, l’arabo e il persiano, il bosniaco, il croato e il serbo, l’ungherese, il tedesco e l’italiano. Poi, cinquanta anni dopo, quando i pii governanti Ferdinando e Isabella scacciarono dalle loro terre gli ebrei, alcuni si rifugiarono a Sarajevo, portando con sé la quarta confessione monoteistica, altre lingue e una nuova cultura, costruitasi intorno a questa religione in un errare di secoli. Sarajevo è diventata cosàuna nuova Babele e una nuova Gerusalemme: la cittàdi una nuova confusione linguistica dove, con uno solo sguardo, è possibile abbracciare fedeli di tutte le religioni del Libro.
Questa mescolanza di lingue, fedi e popoli, destinati a vivere insieme in uno spazio cosàristretto, ha prodotto una forma di cultura davvero specifica, che caratterizza la Bosnia-Erzegovina e soprattutto Sarajevo, la sua spiccata originalità. Nell’impero ottomano multinazionale e multiconfessionale c’erano naturalmente molti territori e cittàin cui popoli, lingue e religioni si mischiavano, ma certamente nemmeno in quell’enorme stato esisteva una cittàin cui cosàtante lingue-religioni-culture si incontrano e si mescolano in cosàpoco spazio. Forse anche questo potrebbe spiegare come mai la Bosnia godesse dello status di pascialato autonomo all’interno dell’impero: la specificitàdel sistema culturale bosniaco (e qui con cultura intendo ciò che Claude Lévi-Strauss ha definito come modo di vita, vale a dire l’insieme dei comportamenti e dei fatti che danno forma alla quotidianità) sottintende una specie particolare di status politico.
Il sistema culturale bosniaco, costituito nella sua forma più pura e realizzato nel modo più conseguente possibile proprio a Sarajevo, si potrebbe descrivere abbastanza precisamente con l’attributo di “drammatico”, e definire in opposizione con quello che si potrebbe descrivere con l’attributo di “dialettico”. I suoi principi fondamentali sono affini a quelli sui quali si costituisce il dramma e si possono capire per comparazione. Il rapporto essenziale fra gli elementi del sistema è la tensione che li oppone, questo significa che sono posti uno di fronte all’altro e che sono reciprocamente legati proprio dalla contrapposizione che li definisce l’uno rispetto all’altro. Gli elementi entrano nella composizione del sistema senza perdere la loro natura primordiale, mantenendo tutte le particolaritàche hanno al di fuori del sistema di cui vanno a far parte: ogni tessera entra nella struttura del sistema arricchita di nuove particolaritàsenza abbandonare quelle che giàpossedeva. Ciascun elemento è anche da solo un intero complesso, composto da due parti collegate fra loro da un rapporto di opposizione.
Il segno fondamentale di un sistema culturale del genere è il pluralismo e, in questo senso, è direttamente opposto ai sistemi culturali monistici, che si potrebbero anche definire dialettici, ancora dominanti nelle grandi cittàoccidentali dove si creano mescolanze di religioni, lingue e popoli come giàaccadde a Sarajevo. Se in un sistema culturale drammatico il rapporto essenziale è la tensione, nella quale ciascuno dei fattori del rapporto conferma la propria natura primaria, nel sistema dialettico il rapporto fondamentale è il divorarsi reciproco, oppure, se deve suonare meglio, l’essere ricompreso dell’inferiore nel superiore, del più debole nel più forte. A ciascun membro del sistema drammatico l’Altro è necessario come prova della propria identità, perché la propria particolaritàsi dimostra e articola in relazione alla particolaritàdell’Altro, mentre in un sistema dialetticamente costruito l’Altro è solo apparentemente Altro, mentre in realtàè un Io mascherato, è l’Altro contenuto in me, poiché nel sistema dialettico (nel modo di pensare dialettico) i fatti contrapposti sono in realtàUno. È questa la differenza fondamentale fra Sarajevo e le babeliche mescolanze contemporanee delle cittàoccidentali, differenza che richiedeva una spiegazione fugace, e un po’ tecnica, dei sistemi culturali che si sono venuti formando.