Appunti di viaggio

di Bianchin Saul

Sono ancora in volo sul Boeing dell’Air France da Parigi a Rio de Janeiro e già sento l’agitazione tipica di quando si affronta una cosa nuova; in effetti lontano da casa mia non mi sento padrone della situazione.

Percezioni

Quando, dopo essere atterrato, entro nei saloni dell’aeroporto non riesco a concentrarmi per trovare gli sportelli dove svolgere le normali prassi burocratiche: continuo a guardare in giro, sono in Brasile, ma i brasiliani sono proprio come si vedono in televisione?
In questo momento, devo essere sincero, sto pensando al calcio carioca, alle spiagge di Copacabana ed alle bellissime mulatte brasiliane. Non ci vuole molto però ad essere riportato con i piedi per terra una volta usciti per strada: immediatamente si vedono le diverse realtà, a volte addirittura disperate, di questo paese.
Certo non è facile descrivere le impressioni che mi hanno assalito dopo un mese intero di soggiorno, potrei definire il Brasile una terra suadente o affascinante oppure contraddittoria, sicuramente intrigante perché cattura un po’ alla volta senza accorgersene e rimane dentro di noi anche a distanza di tempo.
Devo dire che il primo impatto è stato abbastanza soft, nel senso che non ho avuto il trauma di dover affrontare da subito una lingua diversa e sconosciuta, ma sono stato accolto splendidamente nella casa di Macondo, dove mi è stato descritto il mondo visto dai brasiliani. Poi queste parole sarebbero risultate vuote se non ci fosse stato il confronto diretto con le diverse situazioni e gli aspetti di vita che ho potuto vedere nei vari centri di accoglienza e nelle diverse comunità visitate.

Sensazione surreale

Tengo a sottolineare il termine “visitate” in quanto non ho vissuto da vicino queste realtà: ci sono stato da semplice “turista”, ed è una cosa ben diversa. Questo secondo impatto è stato talmente forte che la prima sensazione che ho avuto è stata quella di trovarmi ad assistere ad uno spettacolo in cui si ammirano (scusate il termine) dei fenomeni da baraccone dove la realtà lascia il posto alla fantasia.
All’inizio ho cercato di cancellare questo stato d’animo e di impormi di provare indignazione per quanto stavo vedendo ma non ci sono riuscito, l’istinto non può essere soffocato dalla ragione, almeno questo dai brasiliani l’ho imparato.
D’altra parte non ci si poteva aspettare niente di più da una persona proveniente da un paese civile dell’occidente, per giunta da un Veneto DOC, nato e vissuto nell’entroterra dove la vita si svolge, anzi si deve svolgere, tranquillamente e serenamente.

L’accoglienza

Col passare dei giorni però sono stato preso da una sensazione di tranquillità quando ho cominciato a frequentare la gente locale di Rio, di Curitiba, di Porto Alegre, di Salvador, ecc.
“Ma come fanno ad essere sempre così disponibili?” – mi chiedevo – “, non si stancano mai di avere per casa questi intrusi? Va bene che sono europeo e quindi avranno un certo rispetto ma quando è troppo è troppo!”.
Solamente più tardi mi sono accorto che non ero considerato un intruso e tanto meno un europeo, ma una persona con cui parlare per poter conoscere modi diversi di pensare e di vivere ed io, che sono una persona piuttosto riservata, mi sono trovato a conversare in portoghese (non so ancora come ho fatto) di politica, dell’Italia, di come il Brasile aveva vinto il campionato del mondo di calcio.
Certo è stata una bella lezione per me, così geloso della mia casa e della mia privacy.
Non posso, a questo punto, fare a meno di ricordare i Frati di Villa Flores, nel Rio Grande do Sul. Abbiamo raggiunto la loro residenza dopo un lungo viaggio, partendo in auto da Curitiba; durante il nostro peregrinare attraverso gli stati del sud abbiamo ammirato paesaggi stupendi, cercando nel frattempo di evitare tutti i camion che in Brasile sembra che viaggino a ritmo di samba.
Dicevo di questi frati dell’ordine dei francescani, che tutto potevano sembrare fuorché dei frati, non credo sia possibile dimenticare l’accoglienza che ci hanno riservato senza averci mai visto prima e resta indimenticabile la loro vitalità e la serenità che riuscivano a trasmettere agli altri.

Dal sud al nord del Brasile

Andando verso nord però le cose sono cambiate e le situazioni che ho visto, dopo un periodo di apprendistato come cittadino brasiliano, mi hanno colpito duramente.
La visita ad alcune favelas mi ha riportato ad una delle realtà più dure del Brasile ed alla fine mi ha preso una sensazione di nausea per questi problemi che sembrano non finire mai; la voglia era quella di scappare via da tutto, cercare un bell’albergo e riposarmi sulla spiagge del nord-est.
Non riesco ancora adesso a capacitarmi del fatto che alcune persone, soprattutto miei connazionali, dedichino la loro unica vita a cercare di risolvere situazioni così disperate; ad un certo punto mi sono imposto di giustificare e di ammirare queste persone, ma al primo impatto le consideravo dei matti.
Non so se questa sia la via giusta per risolvere i problemi, ma quelli che lavorano all’interno di queste comunità sono sicuramente dei matti, ma nel senso positivo del termine in quanto la loro umanità e la carica interiore che possiedono non può essere paragonata a quella di una persona normale come me.

Il rientro

Dopo aver toccato altri luoghi incantati e nello stesso tempo disperati – Iguaìçu con le cascate che tolgono il respiro, Salvador do Bahia dove in pochi giorni si impara ad assaporare la vita, la campagna del Goias e l’Amazzonia di Belem – facciamo ritorno a Rio, una visita al Corcovado, un’ultima cerveza e si ritorna in patria.
Certo che è proprio piccola l’Italia, mi sento quasi solo qui a Bassano, dopo aver girovagato per le strade di Rio.
Tempo qualche settimana e tutto ritornerà come prima, Bassano riprenderà le sue dimensioni normali ed io non potrò più girare per le strade in ciabatte, ma dovrò riprendere il mio aspetto “dignitoso”.
Forse è già ora di ripartire per il Brasile per ricominciare a vivere.