Botswana

di Alfier Cecilia

Un diamante africano, campione di democrazia

Il Botswana è uno Stato dell’Africa del sud, ex colonia britannica. A differenza di altri protagonisti precedenti di carte d’Africa, con i suoi 581.726 km2 non si può definire “fazzoletto di terra”. La popolazione, comunque, è appena di circa due milioni di abitanti, poiché la densità abitativa è bassa, caratteristica tipica dei Paesi che una volta si definivano “in via di sviluppo”.

Riforme di lunga data ed elezioni regolari
Questa “assenza” umana è dovuta anche alla presenza del maestoso deserto del Kalahari, che si estende per buona parte del Botswana. Il rischio siccità è sempre dietro l’angolo, acuito dal problema ambientale generale di tutto il pianeta. Per esempio, nel 1963-64 morirono 250.000 bovini e di conseguenza 180.000 persone persero la loro principale fonte di sostentamento. Come racconta il cantautore-viaggiatore Giorgio Bettinelli (1955-2008) in Rhapsody in black. In Vespa dall’Angola allo Yemen, cronaca di viaggio del 2005, passata la frontiera fra Namibia e Botswana è più facile incontrare prima struzzi e cinghiali che essere umani. Per non parlare dell’alta probabilità di imbattersi nel cudù maggiore, antilope africano di considerevoli dimensioni. Nonostante l’apparenza, il Botswana, al contrario di altri suoi “vicini”, può dire di aver avuto una storia di successo. Nel 1966 il passaggio all’indipedenza fu quasi del tutto pacifico, poiché le scelte governative furono talmente accorte da far sì che si evitassero i conflitti etnici fra bianchi e bantu (in particolare il sottoinsieme degli Tswana), il gruppo autoctono più numeroso in Botswana, furono politiche da sempre contrarie all’apartheid sudafricana. Questa prospettiva non razziale fu possibile non tanto per questioni di moralità personale dei governanti, quanto per il fatto che la popolazione era all’epoca ancora più contenuta e quasi totalmente appartenente ai Tswana, non era quindi probabile un conflitto etnico, che è spesso un problema per i tanti Stati africani. Oltre alla povertà generalizzata, gli scontri tra gruppi diversi sono una grave conseguenza della colonizzazione: le potenze occidentali tracciarono confini parlando a tavolino fra loro, senza minimamente tener conto dei problemi dei locali, i quali erano semplicemente “neri”, l’uno uguale all’altro. L’altra etnia di minoranza in Botswana è quella dei Khoisan e in particolare il popolo dei San, meglio conosciuto come boscimani, i quali ancora oggi sono nomadi e non praticano l’agricoltura.
Negli anni novanta il Botswana era l’unico paese d’Africa a tenere regolari elezioni. Il che ha effetti positivi anche sull’economia: in certi periodi (in particolare fino al 1994) il PIL di questo Stato supera quello del Sudafrica, anche per il fatto che i governi del Botswana furono ben accorti nell’evitare influenze dell’ingombrante vicino nelle proprie politiche.
Ma la democrazia non è solo risultante di una contingenza: le riforme per modernizzare le istituzioni politiche e armonizzare gli eventuali conflitti affondano nel XIX secolo, iniziate da re Khama, che curiosamente è il nonno del primo premier dopo l’indipendenza. E queste riforme, per un caso fortuito, non furono cancellate dal periodo di dominazione inglese (da Daron Acemoğlu, James A. Robinson, Perché le nazioni falliscono, 2012, prima edizione italiana per Il Saggiatore nel 2013). Questo non sminuisce quanto fatto dai governi dopo l’indipendenza. Nel 1966 il Botswana era poverissimo, con appena dodici chilometri di strade asfaltate in tutto il suo territorio.

Nuovi accordi sui diamanti, trascinatori dell’economia
L’effetto economico positivo è dovuto anche agli investimenti nel Paese da parte dell’ex colonizzatore, ovvero la Gran Bretagna.
Quindi il Botswana subisce dei contraccolpi negativi da eventuali periodi di down dell’economia inglese, come la Brexit, che ha causato gravi perdite nelle esportazioni con i Paesi africani. D’altra parte, lo Stato presenta dei segnali chiari tipici delle zone povere della Terra: nel 1985 quasi metà della popolazione aveva meno di quindici anni. La struttura demografica è ancora piramidale, con i gradini che decrescono mano a mano che aumenta la classe d’età. La punta di diamante dell’economia è proprio il diamante, scoperto proprio nel Kalahari. Nei primi anni dell’indipendenza fu questo prezioso minerale a trainare la crescita economica, la più rapida del mondo fino a quel momento. Di recente, il Botswana, primo produttore africano di diamanti, ha stipulato un accordo con il gruppo di imprese De Beers, che si occupa del rinvenimento degli stessi: in base al nuovo contratto, entro il 2033 metà della produzione di diamanti del Botswana rimarrà in Botswana, invece di arricchire De Beers o altre potenze straniere. I diamanti sono da sempre una grande ricchezza e una grave condanna per l’Africa.
Per esempio, nel 2016 emerse che in Zimbabwe erano spariti 15 miliardi di dollari provenienti dall’estrazione di diamanti. Ormai è quasi una certezza che questi fossero finiti nelle tasche dell’ex presidente Robert Mugabe e della sua cerchia, nonostante lui si ostinasse a negare.
L’accordo del Botswana sui diamanti è molto importante, in quanto la cattiva gestione di queste ricchezze può avere conseguenze nefaste. Lo sperpero in mani di dittatori di oro, diamanti e delle miniere ha finanziato il regime oppressivo del Sudafrica, mentre il Botswana rimane un piccolo miracolo.

Cecilia Alfier

Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit. Aenean diam dolor, accumsan sed rutrum vel, dapibus et leo.