La coscienza negra. Scorrendo il diario di dom Pedro Casaldaliga

di Miguel Pedro F.

“L’altro ieri sono rientrato dal Nordeste. Da Alagoas e Pernambuco, ove abbiamo celebrato la settimana della coscienza negra, con la Missa dos Quilombos”.
Dom Pedro Casaldaliga è spagnolo. Vescovo di São Félix do Araguaia, una cittadina brasiliana alle porte della foresta amazzonica, sul fime Araguaia. Sono sue le parole che abbiamo citato all’inizio, prese dal diario del 1981, giorno 28 novembre. Queste parole ci trasmettono tutta l’attenzione che il prelato presta alla coscienza negra nella sua pastorale.
Io e mia moglie abbiamo avuto la fortuna di conoscere personalmente don Pedro di essere ospitati da lui. Nessun lusso, nessun gioiello, nessun mobile che non sia assolutamente necessario ed essenziale. Lo stile del vescovo è contagioso: tutti i suoi collaboratori ne condividono le scelte. Non si tratta di atteggiamenti snob: quello che si vede in Brasile, vissuto da decine di milioni di persone, è proprio questa povertà quasi totale, questa maniera di vivere ben al di sotto del minimo indispensabile. Si tratta, dunque, di condivisione totale, non nella rassegnazione, ma nella consapevole indignazione di chi sa che quella miseria è il frutto della rapina e dell’arricchimento di una minoranza potente.

Ho posto la mia attenzione
sull’uomo di carne

Accogliendo nella sua pastorale il fenomeno della coscienza negra Don Pedro Casaldaliga non poteva non seminare inquietudine e imbarazzo negli schemi tradizionali e negli ambienti conservatori e devoti dello status quo: “, Anche la destra reazionaria – continua il vescovo nel suo diario – ha accusato il colpo e ha calunniato come nel suo stile, cospargendo di pamphlet la Plaza del Carmen e trasformando in falce e martello la mano negra e la croce di tutti i manifesti della messa che lanciavano il loro grido di negritudine sui muri di Recife”.
Ma l’attenzione verso la coscienza negra non dovrebbe suonare come fatto straordinario nella pastorale di un vescovo. Essa, infatti, sembra dire invece che la storia della salvezza presuppone un soggetto umano concreto, che richiede come primo pregio della sua verità la realtà della sua vita umana e libera; che il soggetto della coscienza negra non è paragonabile, coma accade com il soggetto umano in Leibniz, all’Amadigi delle favolose cavallerie o al re Artù della tavola rotonda. L’attenzione verso la coscienza negra di don Pedro Casaldaliga sembra insegnare che l’azione di un vescovo non è mai l’opzione per il “secolo di Pericle”, racchiusa cioè in un tempo immaginario, convenzionale e paradigmatico, al di sopra di qualsiasi tempo definito.
Sembra insegnare che il soggetto della coscienza negra non è un uomo diluibile nell’essenza umana generale e astratta, ma è l’uomo nero che trascina, come Cassandra, la sua umile e grezza storia tra gli altri uomini e che è attraversato dagli avvenimenti concreti e dall’asprezza della vita e della morte. Un uomo che non è portatore di una vita puramente vegetativa ma oggetto passivo della storia e, simultaneamente, soggetto attivo, obiettore di coscienza.

Dal Brasile all’Africa

Introducendo nella sua pastorale il fenomeno della coscienza negra, Don Pedro Casaldaliga non intende rendere servigio solo al Brasile: questo attivismo riduttivo lo praticano coloro che si gratificano riempiendosi la bocca con il nome del Brasile, perché il Brasile, si sa, nonostante le sue tragedie, è sempre il paese del samba, del calcio, delle mulatte, delle oba-oba e delle parole esotiche.
Il vescovo di São Félix do Araguaia, invece, estende il suo pensiero e la sua attenzione anche al continente africano, riconoscendolo come la culla della coscienza negra afroamericana, non tanto in modo esotico quanto nell’effettiva irradiazione della forza vitale e della spiritualità di cui la coscienza negro-brasiliana è espressione.
E sempre nella stessa pagina del diario così leggiamo: “Il ricordo di Zumbi, forte e limpido, ci ha accompagnato come un Mosé di questo altro grande popolo, da secoli schiavo, Sento di aver pagato, in parte, il mio debito con l’Africa di quei giorni della Guinea”.
Ma quali sono i soggetti concreti della coscienza nera? In primo luogo i neri. Quelli di pelle nera. Sì, la pelle nera è stato un fattore determinante in senso discriminatorio nella società multicolore e multiculturale. Caino è stato il padre simbolico dei Neri!
Sbarazzarsi di questo padre appioppato ai neri non è impresa storica facile. Certo, non potevano formare una coscienza nera quei neri che hanno ceduto alla dottrina occidentale secondo la quale il nero, per essere qualcuno, doveva essere come, e quindi hanno dovuto mettere la loro pelle nera in candeggina, e nemmeno in senso tanto metaforico.
In secondo luogo, sono soggetti della coscienza nera i bianchi che hanno lottato per la causa dei neri o coloro che comunque lottando per la causa dei neri hanno voluto stare al fianco dei deboli:

Sono di tutti i secoli
sono di tutti i tempi
sono di tutti i paesi,
sono neri,
sono bianchi,
sono gialli
coloro che nel nome di un ideale
sono morti.
[Sourang]

Grazie a tutti questi uomini e donne, noi africani non abbiamo perso la speranza:

Ma siamo la vita
di un mondo in agonia
Ma siamo gli occhi
di un mondo cieco
Ma siamo la bocca
di un mondo che non ha più niente
da dire
Ma siamo la speranza
di un mondo senza speranza.
[Sourang]

Pedro F. Miguel
filosofo bantu