Al decimo giorno del settimo anno

di Comitato di Redazione

Scorrendo le pagine di Madrugada

Caro lettore e cara lettrice,

ho fatto il biglietto e parto; ho preso la linea Suzzara-Mantova che passa per Voghenza. E poi mi imbarcherò a Ferrara per Roma. Passando per Bologna la Rossa. Vado al giubileo. A Voghenza Enzo Demarchi mi ha accompagnato al treno con un libro di Sobrino; e mi raccomanda di andare a Roma in Giubileo totale, perché due sono il lati del giubileo: dare speranza ai poveri, ma anche ricevere speranza da loro; per costruire una società della condivisione e non dell’abbondanza. Lo saluto dal finestrino e prometto, come i bambini che si staccano dalla mamma al mattino per la scuola materna.

Batte sul finestrino l’onda della lirica di Jorge Santiago: La fonte di energia (poesia per l’inverno). Il movimento verso il cielo e la consistenza.

Nello scomparto mi siede di fronte un uomo sui quaranta dal volto di ragazzo; non so se va a Roma; gli chiedo e mi risponde come Sordello: – E tu? E poi aggiunge: – Anch’io sono credente; ma antepongo la Scrittura rivelata alla chiesa; credo che questa sia l’occasione per la Chiesa comunità e istituzione per ripensare in modo serio ai significati dinamici e corrispondenti di perdono; remissione; giustizia. Ho scritto un articoletto dentro il guscio: Giubileo – dice Egidio Cardini.

A Bologna il treno ferma; sale una marea; non so se fermarmi a Firenze dalla amica o proseguire per Roma. Apro intanto il mio computer ed entro nella posta elettronica. Mi è arrivato l’articolo tradotto a più mani, di Tissa Balasuriya: Il popolo senza terra ha diritto alla terra senza popolo; leggo alcune frasi: «Uno dei dati dominanti del mondo attuale è l’arbitraria appropriazione delle terre e risorse da parte dei paesi occidentali; ed ancora, le popolazioni occidentali hanno una certa inclinazione verso i bisognosi dei paesi diversi dai loro. Ma sono ignoranti sulla reale situazione del mondo».

Chiudo la valigetta del computer e vedo su di una rivista patinata la recensione di Carmine di Sante su Duemila. Il Grande Giubileo; che è scoperta della gratuità, ma anche ricerca di una gratuità non solo rivolta all’io; ma al tu; ed in questa visione cambiano le accezioni dei valori, come ad esempio quello di giustizia, perdono… (mi pare di avere già visto qualcosa in Egidio).

Mi passa sulla testa un aereo. Forse per Roma. Forse la Varig che trasporta pellegrini brasiliani che poi andranno in Palestina, un gruppo di donne attempate con la corona in mano. Forse pregano perché le lotte dei Sem Terra raggiungano il loro scopo, o forse che non facciano troppi danni, o forse, Franìçois Turcotte nel suo articolo Riforma agraria. Unica via praticabile scriveva di un percorso necessitante, già prima che cominciasse il giubileo, perché i grani del rosario non si trasformino in reliquiari di morte.

Scivola il treno oltre Firenze; non mi sono fermato da Bettina; e guardo le colline come seni di capre. Scrive Giuseppe nel Controcorrente: «Vedo l’Italia un paese fragile, ecologicamente, religiosamente. La religione non è storia, non risponde alle esigenze». Ora il fattorino mi chiede il biglietto; ed io mi domando cosa farò a Roma? Andrò a vedere i meninos della Sao Martinho che Irmà Adima ha accompagnato dal Papa a Roma; oppure,

Passa un bambino, tiene carte tra le mani, me ne consegna una a caso e poi scappa nel corridoio e dilegua come nei sogni; leggo in testa ad una carta stropicciata: Il sorriso di un popolo di Ivo Grande (che sia Andric?), scrive di una visita all’ospedale in compagnia di Adrja, un ragazzo Kossovaro; che insegue la vita e passa sopra le paure, le nostre, ma non sopra i sentimenti.

Lo metto dentro un libruzzo, che riporta una recensione di Carmine di Sante, che è come una chiave che serve ad alzare i veli del Diario di un viandante, che proteggono i sensi, un chiave a tre codici: parola poetica, parola metaforica, parola profetica. Come la parola che apre l’anno del Giubileo, credo io.

Ma ormai l’onda che straripa su Roma Termini mi trascina; non andrò a comprare cartoline; mi bastano quelle del Kurdistan di Francesco Fantini, illustrate da Chiara Cucchini.

E percorrerò i luoghi di Andrea Pase immergendomi negli strati delle inimicizie e delle dimenticanze. A cercare il diario minimo di Francesco che avevo nascosto prima che mi arrestassero i figli dell’ordine oltre il sentiero dei pipistrelli.

Benvenuto a Roma, Romeo. E batte nel mio cui la voce di Bettina.