I contadini del nord e il futuro dell’Amazzonia

di Leroy Jean Pierre

I governi, le multinazionali, le agenzie internazionali e le classi dominanti dei paesi occidentali industrializzati vogliono salvare ad ogni costo la foresta amazzonica.

In Brasile intanto da una parte si reagisce alla intrusione dei paesi stranieri sui problemi interni; dall’altra si chiudono gli occhi sullo sfruttamento indiscriminato della foresta.

Si chiudono le orecchie alle grida di disperazione dei contadini del Nord: ignorati dai cittadini, dalla stampa e dalle classi dominanti.

Solo i siringheiros dell’Acre riuscirono a rompere la cortina di silenzio, aprendosi uno spazio di ascolto nell’opinione occidentale.

UN MODELLO DI RAPINA

Fino agli anni cinquanta l’Amazzonia fu abbastanza protetta, se si esclude il fenomeno della raccolta della gomma.

Negli anni settanta inizia il progetto di sviluppo industriale in accordo con il capitalismo internazionale.

Secondo il professor Jean Hebette (Cadernos do MAEA) l’Amazzonia diventa serbatoio di materie prime: legno, minerali, energia elettrica. Il processo passa per tre fasi: occupazione e sfruttamento della terra, estrazione dei minerali, trasformazione dei minerali.

Così facendo l’Amazzonia orientale si accolla il carico della trasformazione delle materie prime; e lascia all’industria moderna i lavori più nobili, che creano maggior profitto. Agli americani le ali dei boeing, agli europei l’acciaio speciale… All’Amazzonia resta il debito da pagare, la distruzione senza ricomposizione, e l’impoverimento della sua popolazione.

A proposito del rispetto dell’agricoltura l’allevamento di bovini non rappresenta un buon investimento nè in senso tecnico, nè da un punto di vista economico perché basato su di uno sfruttamento estensivo (naturalmente le aziende che intervengono ci guadagnano, non certo la popolazione, e la foresta).

CAPITALE, STATO, BUROCRAZIA

La vasta e predatoria occupazione dell’Amazzonia è stata facilitata dal costo zero o quasi con poteva essere costituita una Fazenda (azienda agropecuaria); e i contributi assegnati alla fazenda sono serviti non per interventi produttivi, ma come puro e semplice guadagno. Per cui il legname ed il bestiame erano un sottoprodotto della azienda.

Negli anni ottanta si impiantano le aziende per la produzione di olio di Dende, la gomma, e la frutta con lo sfruttamento della manodopera dei piccoli proprietari espropriati della terra e con il supporto dello stato; la finalità è di fornire materia prima alla regione sud del Brasile (secondo piano di sviluppo dell’Amazzonia,1975).

I settori dominanti del Nord si trovano d’accordo in questo: “Il guadagno per il capitale, il potere allo stato, la ricchezza personale ai capi della burocrazia”. Lo spazio amazzonico è solo un’area vuota da consumare e da ritagliare.

Una politica agricola fiacca ha richiamato nella foresta e costituito piccoli proprietari; poi sono stati assorbiti dai garimpo (miniera d’oro), e dalle imprese rurali moderne. Altro sono tornato nella città poveri biscateiros, gente che vive di espedienti, quelli che sono rimasti contribuiscono solo al discostamento della foresta.

Questo significa la morte sociale ed economica dei contadini dell’Amazzonia. E’ pur vero che l’Amazzonia deve essere difesa dai Brasiliani. Non non lo possono essere nè i militari legati ad un’ideologia conservatrice e non certo popolare; e neppure lo Stato che si limita ad esaminare i progetti dei privati, approvarli e riscuotere le tasse: e basta!

STATO E QUESTIONE DEMOCRATICA

La volontà di cambiamento che nasce in alcuni gruppi sociali è bloccato da due problemi:

1- da uno stato che è sottomesso alla legge di mercato.

2- dalla mancanza di una classe dominante egemone, che governi non con la forza e con la paura (come fanno adesso i fazendeiros) ma tramite istituzioni democratiche.

Lo stato dunque potrebbe imporre la sua egemonia, ma ne è sottratto per gli interessi particolari che lo adescano nella regione. Finora il vuoto politico è stato occupato dai tecnocrati con soluzioni insufficienti.

POSSIBILI SOLUZIONI

A questo punto quali sono le soluzioni possibili? I lavoratori del campo, i pescatori di molti comuni del Nord possono essere attori dello sviluppo, anche perché si sentono ormai braccati nella morsa della morte.

I braccianti, i pescatori sono i controllori veri del territorio amazzonico. Proviene dagli indigeni la cultura manuale della terra, praticata dagli agricoltori, dai meticci della pianura, sulle sponde del fiume e poi trasmessa ai coloni della pianura, che fino a qualche decina di anni fa assicurava la sopravvivenza, il rifornimento locale, e la riproduzione della foresta. La persistenza di questa agrosilvocultura indica la capacità di adattamento dell’uomo all’ambiente, con soluzioni di ordine naturale.

I coloni delle strade, che giunsero negli anni settanta non avevano alcuna conoscenza delle tecniche indigene; e i loro tecnici non le hanno previste. Essi hanno lottato ad impedire la costituzione delle aziende su modello Sudam. Ma il loro stacco dal passato indigeno blocca loro il cammino per un vero sviluppo. I tecnici dunque non sono un loro referente.

Ancora: i gruppi implicati nei conflitti della terra riconoscono il diritto ad una proprietà collettiva della terra, in corrispondenza della precedente proprietà degli antichi abitanti della foresta, che operavano per un equilibrio del territorio, della foresta.

Oggi queste risorse (la conoscenza della terra e le usanze o norme per il possesso) dei contadino non sono sufficienti, se lo stato non interviene attraverso una educazione di base, e professionale; ed attraverso il collegamento dei contadini con strade di comunicazione.

Nell’isolamento le forze si disperdono e sono assorbite e schiacciate da un progresso sconsiderato ed irrazionale.

(Traduzione e adattamento di Gaetano Farinelli)

Articolo di Jean Pierre Leroy pubblicato su PROPOSTA n 48 del marzo 1991: “Amazonia Oriental”.