Finalmente siamo tornati in classe

di Buccoliero Elena

«Evviva, posso andare a scuola!». Non è frequente che sia un bambino a dirlo, o almeno non nella nostra fetta di mondo, dove vige l’obbligo scolastico. Eppure gli elaborati raccolti nelle sue diverse classi dalla maestra Renata Cavallari, insegnante di religione nella scuola primaria dell’Istituto Comprensivo “C. Govoni” di Ferrara, sono pieni di esultanza. Lo dicono le parole scritte nei loro molti colori e le tinte dei disegni, pieni di volti sorridenti e soli alti in cielo, mentre le diverse personificazioni del virus covid-19 stanno in una gradazione che va dal broncio alla furia.
Troppo ottimismo, si potrebbe pensare con un briciolo di timore per una eventuale delusione ora che i contagi risultano in rapida risalita. Ma non è questo a interessarci. Quel che conta adesso è ascoltare il vissuto dei bambini.
Non c’è dubbio che il periodo di chiusura abbia avuto tanti lati negativi. Raffaella scrive: «Mi sono annoiata tantissimo». Enrico: «Tante persone si sono ammalate». Sara precisa: «Sono triste per la nonna», ed è probabile che il covid abbia qualcosa a che fare con questo.
Per contro Furio, 10 anni, esibisce una certa disinvoltura: «Io andavo al ristorante lo stesso.
Non usavo tante volte le mascherine. Abbracciavo gli altri lo stesso».
Le molte limitazioni alla libertà elencate dai bambini val la pena leggerle a rovescio, in ciò che è stato riconquistato. Il sollievo è corale.
Un ottimo motivo per essere felici è la prossimità ritrovata che nella scuola ha aspetti peculiari. «Non c’è più la DaD! Possiamo scambiare il cibo con gli amici. Si possono tenere i banchi attaccati. Si possono fare i lavori a coppie. Possiamo stare vicini. Ci possiamo abbracciare. Possiamo lasciare i libri sotto il banco. Non dobbiamo più igienizzarci le mani continuamente. Posso divertirmi con i miei amici. Possiamo andare in giardino».
Fuori da scuola, ora che possiamo avvicinarci gli uni gli altri, «si può andare a giocare a casa degli amici. Possiamo festeggiare i compleanni. Non dobbiamo provare la febbre per andare sulle giostre».
L’altro aspetto, fondamentale, è la libertà di uscire di casa a volto scoperto. «Finalmente possiamo stare senza la mascherina» lo scrivono tutti… con pochissime eccezioni che vedremo. Archiviare questo presidio ha molti aspetti positivi, alcuni prevedibili e partecipati dagli adulti, altri buffi o commoventi. «Io sono felice perché io me la dimenticavo sempre a casa», scrive Giacomo. E Matteo: «Con la mascherina si sudava il doppio! E poi, prima se uno indossava la mascherina e il cappello poteva essere un amico però non lo riconoscevi». Difatti molti bambini e bambine esprimono la loro gioia perché finalmente «posso vedere le facce dei miei compagni e i loro sorrisi». Per qualcuno c’è il fatto che «si capiscono meglio le parole che si dicono», ma soprattutto «si può vedere se siamo arrabbiati o felici». Magia dell’infanzia che preferisce la bellezza e l’allegria all’utile, «si può fare la gara di respiro» e «possiamo lanciare le mascherine in aria».
Fuori da scuola è tutto più facile ora che «possiamo andare negli stadi senza mascherina, nei negozi, al cinema, al ristorante, al centro commerciale. Si può viaggiare». Claudio, piccolo musicista: «Finalmente posso fare concerti al chiuso».
Ogni medaglia ha due facce. Qualche vantaggio il lockdown ce l’aveva, le mascherine pure. «Teneva il naso caldo quando faceva freddo», dicono diversi bambini. Gaia, 10 anni, creativa, le usava per darsi un’altra immagine di sé, invece adesso «non potrò più disegnarmi sulla mascherina e mettermela». Per giunta «senza una mascherina di ricambio nello zaino non potrò strappare gli elastici e farci i lavoretti».
Laura, 9 anni, l’ha usata come protezione dagli sguardi degli altri: «Mi piaceva il coronavirus perché avendo l’apparecchio ai denti mi vergognavo e la mascherina me lo copriva». Anita, 8 anni, ha apprezzato il distanziamento perché «con i banchi vicini le mie amiche mi copiano in continuazione. Invece con il coronavirus eravamo distanziate e non potevano copiare».
Cos’abbiamo imparato dalla pandemia? Emma, 10 anni, ha le idee chiare e ordinate. Accanto alla lunga colonna di ciò che il covid ci ha tolto, indica qualche aspetto positivo: «Ci ha permesso di prenderci più cura di noi. Abbiamo imparato a usare meglio la tecnologia. Ho passato più tempo con i miei genitori. Ho visto più cartoni animati. Ho potuto giocare di più. Ho visto i miei amici, anche se in videochiamata. Non ho mai avuto il covid, ho solo fatto un tampone».
Rattrista Patrizio, 8 anni, che lapidario scrive: «Per me il coronavirus è stata la cosa più bella del mondo: non andare a scuola e non vedere nessuno e non fare feste». Sarebbe bello fargli conoscere Arianna, sua coetanea, che si esprime così: «C’è l’arcobaleno più grande di tutti e tutti lo guardano».
Emanuele, giudizioso, indica l’importanza di osservare un limite anche ora che ci illudiamo di poter fare qualsiasi cosa. «Possiamo esplorare. Non possiamo inquinare». E Debora, 10 anni, spiega in un lampo come stanno le cose: «Sono triste ora che siamo tornati in classe, perché se qualcuno non fa il bravo andrà vicino alla maestra!!!».

Elena Buccoliero

sociologa, componente la redazione di madrugada (con la collaborazione dell’insegnante Renata Cavallari e degli alunni della scuola primaria dell’Istituto Comprensivo “C. Govoni” di Ferrara)