La guerra in Ucraina e noi

di Bruni Alessandro

La bandiera della pace oggi ha un solo colore ed è bianco.
Solo a pace fatta si potranno scrivere su quella bandiera bianca
parole autentiche, usando tutti i colori.

La redazione di Madrugada

In questi giorni di aprile Madrugada sta raccogliendo l’opinione dei redattori sulla guerra in Ucraina, pur nei dubbi che il prolungarsi degli eventi fa emergere. Siamo consapevoli, con rischio calcolato, di portare riflessioni e ansie d’oggi che metteremo in analisi solo a giugno con la pubblicazione del numero 126, portando così a confronto come e quanto i pensieri di aprile fossero validi per chiederci se tanta sofferenza aveva senso.
Ci saranno vincitori? Non lo sappiamo.
Sappiamo però per certo che tutti saranno perdenti: gli ucraini e i russi in armi, le loro famiglie, le donne e i bambini profughi, gli anziani rimasti nelle loro case, le famiglie dei soldati russi coscritti al fronte e infine anche i mercenari delle due parti belligeranti che sono perdenti per scelta di denaro o di ideologia: la guerra schiavizza tutti e la pace non viene da sé, richiede uno sforzo.
Sul piano sociale tre sono i principali esiti della guerra in atto: la violenza delle distruzioni nelle città, la paura per la propria vita e quella dei familiari, la paura di un incidente o di un conflitto nucleare. In poco più di un mese, 4 milioni di persone hanno lasciato il loro Paese e 6,5 milioni sono gli sfollati interni: le famiglie si sono divise con gli uomini abili che restano a combattere e con le donne e i bambini che fuggono. L’Europa diviene così partecipe di un evento epocale di aiuto materiale (dalle armi ai beni di prima necessità) e soprattutto di accoglienza di rifugiati con azioni che muovono politica, economia e stili di vita.
Nelle nostre famiglie raccontare la guerra non è semplice, non c’è un perché comprensibile e le persone più fragili diventano ansiose e impaurite. La paura non è eliminabile (ne è dimostrazione la corsa all’acquisto compulsivo di compresse allo iodio per difendersi dalle radiazioni), per cui non ci resta che imparare a gestirla, impedendo che diventi distruttiva verso gli altri considerati responsabili, ovvero quelli che ci costruiamo come nemici. Un meccanismo psichico generale che nasce nel confronto con il diverso, anche in sede di riunioni di gruppo, ma che si esalta nell’espressione collettiva del noi e degli altri, dei conflitti armati.
Un dramma che ci portiamo dall’evoluzione ominide.

La guerra nasce dalla paura collettiva
Per combattere la paura sono necessarie la conoscenza e la mente aperta che si costruiscono con un esame di realtà e con espressioni di leggerezza che né immagini, né parole riescono a dare perché si è smarrita la percezione della pace. È dunque importante che nelle pandemie e nelle guerre, dove il nemico si compone in un immaginario, gli adulti imparino a governare i loro conflitti con il dialogo, partendo dal quotidiano perché se è vero che la guerra nasce da un’ideologia collettiva, il concetto di pace nasce e si coltiva in famiglia.
È in atto una guerra di nuovo tipo, vissuta individualmente in “presa diretta” da persone lontane dai luoghi dove si combatte determinando mutamenti di relazione con i propri governi. Mutamenti che non troveranno facile dimensione in partiti tradizionali, ma in libere associazioni prive di ideologie, costituite da emozioni e paure che fluttuano tra diverse posizioni, rendendo più difficile sia il governo democratico che quello totalitario. Sarà sempre più il momento di costruzioni associative fluide, nelle quali le persone troveranno riferimenti momentanei.
È questa la paura che in sottofondo agita soprattutto i governi totalitari e nazionalisti. È la paura dell’erosione di un potere che non si rinnova e quindi la necessità di Stati polizieschi per soffocare individui e idee nuove. Sia chiaro, il governo della paura instillata ad arte trova espressione di dominio in Russia come in Occidente, agendo sul bombardamento quotidiano di drammi che ci frastornano e ci portano a una stanchezza da immagini che via via ci rendono indifferenti e assuefatti: una tipica sindrome da burnout dove tutto è importante e niente lo è.
È questo il territorio degli opinionisti e dei politici che vivono la guerra sulle parole e sulla costruzione di schieramenti ideologici, prima ancora che di agiti. Sorprende quanto nei media siano forti le ondate quotidiane d’opinione nell’enfasi per mantenere l’uditorio e così restiamo tutti prigionieri di un virtuale wargame, restii al confronto e rivolti superficialmente a schierarci per rimanere nascosti tra tanti.
Ecco allora che si spiega la fluidità delle posizioni europee sulla guerra, perché la democrazia di fatto e il benessere in cui viviamo hanno spento la memoria della paura della guerra, lasciando solo l’emozione dell’immagine virtuale che non è memoria di vissuto. In Occidente già viviamo il presente del metaverso dove la nostra vita e la società si mescolano tra realtà e finzione. Ben diversa e più complessa è la situazione in Russia, dove uno Stato autocrate ha praticato le guerre come sfogo di paure represse (Paesi caucasici, Donbass) e dunque dove esiste un immaginario di potere nazionalistico accentuato, che rifiuta la negoziazione e che si posiziona costantemente in autodifesa contro un nemico, fosse anche immaginario.

La pace nasce con l’accoglienza
Noi di Macondo siamo per la libera partecipazione, la reciprocità e la pace negoziata dove non ci sono buoni e cattivi, ma persone con le quali governare i conflitti. Per noi le lacrime dei perdenti hanno tutte lo stesso colore e così dello stesso colore sono le lingue e i sentimenti.
Tuttavia, è necessario individualmente prendere una posizione chiara ed esplicita, sapendo che ne pagheremo un prezzo economico legato al nostro stile di vita. Il che non significa un futuro incerto, ma probabilmente un futuro meno egoistico e più consapevole verso l’altro.
Le domande di partenza che ci siamo posti sono: che visione ho della guerra in atto? conosco la realtà etnica, culturale e democratica di questi popoli? cosa posso fare sul piano personale per sostenere la cessazione del conflitto o per favorire l’aiuto ai rifugiati? come sarà la vita dopo la guerra? Vediamo di capire il ventaglio delle azioni possibili, ammettendo che qualsiasi soluzione porterà a modifiche dello stile di vita di tutti.

Senza una bussola comune
Gli articoli che compongono questo monografico sono tra loro legati dalla partecipazione personale degli autori in difesa della dignità umana e della democrazia pur riflettendo il confronto tra i valori egemoni scatenati dalla guerra in Ucraina: non enucleano una “bussola” comune, ma esprimono le profonde differenze di interpretazione degli eventi di guerra, in uno stimolo di autoanalisi tra democrazie e autocrazie decadenti, nella forte dipendenza tra paesi produttori e consumatori, nelle nuove ricchezze e povertà in un mondo sempre più globalizzato e in una umanità sempre più parcellizzata che ha difficoltà a riconoscere i diritti e le differenze degli altri.
Il monografico è dunque una successione di pensieri che si snodano dalla testimonianza alla riflessione sociale, alla geopolitica con: Andrea Gandini che invita a sostenere il passaggio della Russia a una democrazia più trasparente aiutandola a divenire partner europeo; Bruno Vigilio Turra che ci illustra le ragioni della guerra e come si possono sostenere le ragioni della pace; Enrico Peyretti che ricorda la cronologia dei fatti e la loro impronta emotiva in Italia; Paola Stradi che ha affrontato la gestione della comunicazione della guerra in ambito familiare; Luca Monti che presenta una testimonianza del vivere la doppia cultura russo-ucraina; Gaetano Farinelli che ci porta verso il processo educativo di scelta interiore della non violenza; Daniele Lugli che ragiona sulla Costituzione italiana come baluardo contro la guerra; Donatella Ianelli che sottolinea la violazione dei diritti umani che ogni guerra comporta e al palese non rispetto delle norme di diritto internazionale; Egidio Cardini che esprime l’importanza della difesa della democrazia rappresentativa di fronte a totalitarismi nazionalisti.

Alessandro Bruni

curatore del nostro blog madrugada.blogs.com info: madrugada.macondo@gmail.com

biologo farmaceutico, già preside della facoltà di farmacia dell’università di Ferrara