Per una scuola di pace

di Buccoliero Elena

Dapprima nelle pause della lezione, in quei tempi di routine – accendere il computer, fare l’appello, compilare il registro – in quelle rare finestre di silenzio. Poi nel silenzio degli occhi che mi guardavano, e cercavano risposte che io non sapevo dare, non sapevo se ero in grado di dare. Poi nelle domande dirette, semplici, che interrompevano lo scorrere di una spiegazione, di una esercitazione. Prof, ma cosa sta succedendo in Ucraina? Prof, ma secondo lei ci sarà la guerra? Prof, ma sta per scoppiare la terza guerra mondiale? Prof, ma l’ha sentito il discorso di Putin? Prof, ma è dal 2014 che c’è la guerra in Ucraina, cosa è cambiato? La guerra è entrata nelle nostre aule, inevitabile, spaventosa e insensata come tutte le guerre. Noi docenti passiamo la nostra vita a spiegare e rispiegare le guerre del passato, e ci troviamo completamente impreparati a rispondere alla più semplice, alla più ovvia delle domande dei nostri studenti e studentesse sulle guerre dell’oggi: perché? Dopo millenni di guerre, perché? E quando la domanda viene da quegli occhi adolescenti puntati addosso, è tutt’altro che una domanda retorica. Nessuna spiegazione di sapiente e raffinata geopolitica potrà colmare il senso di disagio che si prova, come docente, a deludere l’aspettativa di risoluzione, di ricerca di conforto, di ricomposizione che si vede in quegli occhi.
Se non si può risolvere la situazione, il senso di impotenza si contrasta con la condivisione delle paure, delle preoccupazioni, dei pensieri che irrompono nel quotidiano scolastico.
La scuola non poteva rimanere indifferente, non può continuare la sua “programmazione” come se nulla fosse, non può ignorare il fatto che in ciascuna delle nostre classi sono presenti studenti e studentesse che provengono da zone di guerra, con una parte di famiglia trasferita in un nuovo paese e un’altra parte rimasta sui bordi strappati dai conflitti e dalle ingiustizie.
Nella mia classe ci sono tanti alunni di varie provenienze geografiche al di fuori dell’Italia.
Alcuni di loro hanno famiglie ucraine, russe, moldave, rumene, molto spesso “mescolate”. Alcune di loro hanno parenti che vivono in quelle zone, cugini arruolati, zie che scappano, nonni che ospitano.
Spontaneamente, tutti i giorni, abbiamo condiviso un piccolo “bollettino familiare” dalle zone di guerra e di confine, prima di tutto per sapere come stanno le persone che là vivono, seguire le loro vite, sperare in bene.
Qualche studentessa ha voluto scrivere queste piccole testimonianze, come delle interviste ai membri delle loro famiglie che non si trovano con loro in Italia.
Non tutti se la sono sentita di scrivere: alcuni hanno preferito condividere solo a voce, raccontare, lasciare andare le parole nell’aria della classe senza vederle scritte, pesanti e spaventose, forse.
La guerra è entrata nelle nostre classi dalle domande, dalle richieste, dalle preoccupazioni di studenti e studentesse che sono tutt’altro che indifferenti, che ci richiamano al senso originario di quello che dovrebbe essere fare scuola, come presidio di interpretazione della realtà, sviluppo della coscienza critica, formazione delle persone e del saper vivere insieme. Una scuola di pace.

Emanuela Cavicchi insegnante di lettere, scuola secondaria di primo grado “T. Tasso”, Istituto Comprensivo “C. Govoni”, Ferrara

La mia famiglia è ucraina e russa
Il mio nome è Ketelina e parte della mia famiglia è ucraina e russa. Dico questo per farvi capire che le persone non vogliono la guerra, cosa che noi consideriamo già scontata, eppure se è una così tanto palese allora perché siamo qui a parlare di pace per cercare di fermare la guerra tra Russia e Ucraina? Perché esistono ancora le guerre nel 2022? Se l’essere umano è stato così tanto intelligente da creare la tecnologia di oggi, allora perché non riesce ancora a comprendere che le guerre portano solo morte e distruzione? Come si fa tutto a un tratto a considerare tua nemica la persona che hai amato fino ad adesso? Mia cugina viveva a Odessa, in Ucraina, ma a causa del conflitto è dovuta andare in Moldavia da alcuni parenti.
Per questo le ho fatto alcune domande: – Nella vita di tutti i giorni, qualcosa è cambiato per colpa della situazione tra Russia e Ucraina? «Sì, ho iniziato ad apprezzare/amare di più le persone del paese e il paese stesso».

  • Come viene rappresentata la situazione dai media? «Ognuno ha la propria versione, le persone non conoscono la verità, a causa di ciò si stanno attaccando a vicenda».
  • Cosa si pensa di questa situazione? «Non capisco lo scopo della guerra…».
  • C’è fiducia nei leader politici? «Sì, ho molta fiducia nel presidente dell’Ucraina (Zelensky)».
  • Quale messaggio di pace si vorrebbe trasmettere ai leader politici? «Cari presidenti, vi prego finalmente di sedervi al tavolo dei negoziati e raggiungere una sorta di compromesso. Né i russi né gli ucraini hanno bisogno della guerra, non hanno bisogno di vittime e cadaveri, nessuna madre vuole ricevere una telefonata che dice che suo figlio è morto. I bambini non dovrebbero rimanere senza padri a causa delle terre indivise e ancor di più non dovrebbero aver paura che gli cadano in testa bombe e razzi. La terra ucraina è già satura del sangue delle persone… Per favore, basta!».. Ketelina Ampava – classe III A.

La guerra non porta mai a niente
Recentemente è scoppiata la guerra tra Ucraina e Russia poiché Vladimir Putin non vuole che quello Stato faccia parte della NATO, anzi vuole che torni alla Russia. Gli effetti di questa guerra, però, si riversano anche su altri paesi: la Romania confina con l’Ucraina, così io e la mia famiglia abbiamo intervistato mio zio, che vive lì, per avere una testimonianza. Vive in una città vicina alla campagna e lavora in Comune.
Mio zio mi ha detto: «Tutto sta cambiando… I prezzi di ogni cosa sono sempre più alti qui. Ogni giorno arrivano profughi e io stesso ospito una famiglia venuta qui da Kiev, a piedi. Sono una mamma e due bambini, il padre è rimasto a combattere in guerra. Dicono di voler andare in Germania, ma devono ancora fare tutti i documenti. Li sto aiutando perché mi dispiace per i bambini e perché, in quanto lavoratore del Comune, è mio dovere aiutarli».
Mi sono molto incuriosita nel sentire che stava ospitando una famiglia e ho voluto chiedere di più: «In che lingua comunicate per potervi capire?».
Non ha detto molto qui: «Parliamo in inglese e con un po’ di russo. Usiamo anche Google Traduttore».
Successivamente ho chiesto: «Cosa si pensa di questa situazione?».
Ha esitato un attimo per pensarci, poi ha detto: «Terribile, nessuno ci guadagna. Le persone muoiono, ci sarà sicuramente una crisi economica per molto tempo… E non ci siamo nemmeno rimessi del tutto da quella del Covid».
Gli ho chiesto se la gente ha fiducia nei leader politici.
Ha detto: «Sì, credo che i politici proveranno ad aiutare in questo momento di crisi». Era un po’ riluttante dicendo ciò.
La mia penultima domanda è stata: «Come si potrebbe risolvere questa situazione?».
Ha risposto: «O si trova in fretta una soluzione per fermare i combattimenti, o ci sarà una guerra sempre più grande. Putin non si arrenderà, anche se diventerà un assassino».
La mia ultima domanda è stata: «Quale messaggio di pace si vorrebbe dare ai leader politici?». Non era rivolta solo a lui la domanda, ma anche ad altri miei parenti, siccome molti abitano in Romania.
Ha detto: «Vorrei che, anche grazie alle manifestazioni pacifiste, i politici capissero che la guerra non porta mai a niente e che ci sono soluzioni più diplomatiche».

Isabella Berbece – classe III A

Che non ci siano più combattimenti
I miei nonni abitano a Ghioltosu, in Moldavia. Il nostro paese confina con l’Ucraina e le persone sono preoccupate. Ci siamo sentiti al telefono e ho fatto loro qualche domanda per capire com’è la situazione in questi giorni.
Mia nonna mi ha detto: «In questi giorni è cambiato molto, sono morti circa 2.000 abitanti ucraini. Hanno distrutto molte scuole, asili, negozi e molte altre case. L’Ucraina è aiutata dalla Romania, Moldavia, Polonia, Francia e dagli Stati Uniti. Mentre l’Italia ha mandato un autobus pieno di medici. In questo momento ci sono circa 73.000 ucraini in Moldavia».
«A tutto il mondo dispiace per la situazione in Ucraina. La Russia ha bombardato tante città e le campagne, mentre il presidente ucraino Zelensky combatte accanto ai soldati ucraini».
Ho chiesto a mia nonna cosa pensasse di questa situazione.
Mi ha risposto che le persone sono arrabbiate per le decisioni prese dal presidente russo Putin e sperano che i leader politici europei e americani lo convincano a smettere.
Come ultima domanda le ho chiesto: «Quale messaggio di pace vorresti dare ai leader politici?».
Queste sono state le sue parole: «Spero che possano raggiungere un accordo comune in modo che la Russia ritiri le truppe militari dall’Ucraina e finalmente non ci siano più combattimenti».
Giulia Sisian – classe III A

Elena Buccoliero

curatrice dell’articolo