Laicità ed etica

di Monaco Franco

Processo di confronto tra persone alla pari

Laicità ed etica sono parole inflazionate, di cui un po’ si abusa, di cui si dà per scontato il significato, che si presuppone condiviso. Spesso così non è, compromettendo la discussione pubblica su di esse.

Il significato

Etica è la riflessione a proposito del bene umano. Nella sfera pubblica il suo oggetto è la vita buona della polis, il bene comune inteso come il bene di tutti e di ciascuno, la qualità buona delle relazioni umane e sociali. Laicità, nel suo etimo viene da laikos, che in greco designa il popolo. È la condivisione della condizione comune degli uomini, in opposizione a chi da essi si differenzia in ragione di uno status speciale quali, per esempio, i militari o i chierici.
Mettere a tema il nesso tra laicità ed etica, se capisco bene, significa interrogarsi sulle condizioni atte ad assicurare un ethos condiviso, a non rassegnarsi all’idea di etiche separate o addirittura all’assenza di ragioni forti a fondamento della vita di una comunità. Laici sono dunque quanti, credenti o non credenti, scommettono sulle risorse del dialogo e della cooperazione. Essi si oppongono semmai agli integralisti, ahinoi, presenti in entrambi i campi: quello di chi professa una fede religiosa e quello di chi non ne professa alcuna. Decisamente fallace è dunque l’opposizione, spesso evocata in Italia, tra laici e cattolici. Una polarità figlia della singolarità-anomalia della storia italiana e, segnatamente, della ‘questione romana’, cioè del lungo contenzioso tra Stato unitario e Chiesa cattolica.

Il contesto

Due fattori convergono nel produrre tensione tra laicità ed etica, nell’ostruire lo sviluppo di un ethos condiviso. Da un lato, specie sul versante di chi professa una fede, tantopiù se strutturata entro una chiesa, l’idea che solo nell’orizzonte della fede si possa dare fondamento a un’etica che impegni la coscienza. Con l’inclinazione conseguente a ridurre il fisiologico pluralismo delle concezioni etiche, caratteristico delle società occidentali contemporanee, a grigio relativismo etico. Dall’altro, specularmente, la pregiudiziale rinuncia da parte di tali società all’elaborazione e alla promozione delle ragioni della convivenza. Sino al limite di affidare in appalto alle chiese l’intera sfera dell’etica. Urge correggere entrambe le distorsioni, che si alimentano a vicenda: sia la pretesa del monopolio dell’etica da parte delle religioni, sia la resa scettica di comunità che abdicano al compito di maturare un ethos condiviso. Che, a ben guardare, rappresenta l’intimo nucleo vitale del patto costituzionale.

Le procedure

Ciascuno, singolo o comunità, più o meno consapevolmente, fa riferimento a una propria etica, cioè a un paniere di principi e di valori che informano la vita e orientano i comportamenti. Può trattarsi di etica dotata di un fondamento religioso e trascendente ovvero di un’etica naturale ed umanistica. Entrambe degne di apprezzamento. Nessuno può rivendicarne una sorta di primazia di pirncipio nella sfera pubblica. Neutrali rispetto ad esse (salvo che ledano diritti umani universali), le istituzioni politiche devono piuttosto propiziare la comunicazione e il fecondo scambio tra loro. Uno Stato laico e democratico deve assicurare procedure atte a favorire quello scambio, attraverso il quale si produce l’ethos che tiene insieme la comunità. È la ‘laicità del confronto’ (Ricoeur) tra persone, culture, esperienze religiose che fanno ricca e vitale la società. Una laicità in positivo, che non si contenta di un’agnostica neutralità, ma che si attiva per favorire quel dialogo-comunicazione, attraverso i quali matura l’ethos condiviso.

Il contenuto

A quali elementi oggettivi può attingere la convergenza etica tra diversi nel quadro del pluralismo etico odierno? Ne suggerisco tre. Il primo è la comune condizione umana. Non è poco. Essa suggerisce la pari dignità, la sostanziale uguaglianza degli esseri umani, pur nelle differenze antropologiche e culturali, nonché la comune responsabilità verso la sorte della famiglia umana. Il secondo è la ragione umana, una facoltà universale, comune a tutti gli uomini, che abilita il dialogo e la comunicazione tra i soggetti. Anche i più diversi per la lingua, cultura, razza, religione. Nessuna barriera rappresenta un ostacolo invincibile allo scambio tra esseri umani dotati di ragione. La terza è il valore della persona umana, soggetto libero, dotato di una sua singolarità, cui sono dovuti rispetto e cura.
Sembrano concetti astratti, ma, a ben riflettere, non lo sono affatto, anzi sono pregni di implicazioni concrete sul piano dei diritti e dei doveri e comunque rivestono una valenza universale. Ispirandosi ad essi, si può elaborare un ethos comune, scongiurando lo scetticismo di chi misconosce ogni legame etico o il fondamentalismo dei cultori dello scontro di civiltà.