Bitcoin, denaro e potere

di Panebianco Fabrizio

«Date a Cesare quel che è di Cesare». Da sempre, pensando al denaro, siamo abituati a pensarlo legato, a doppio filo, al potere. Parafrasando l’espressione latina potremmo affermare «cuius regio, eius pecunia»: di chi è il potere, a lui spetta anche battere moneta. La moneta, infatti, prende il suo valore dalla credibilità di chi la emette, e crisi di credibilità degli Stati inevitabilmente diventano crisi delle rispettive valute. Il potere è, di norma, esercitato su territori, e quindi anche la moneta è legata, a noi pare in maniera naturale, come fosse legge di natura, a un territorio. Ogni territorio ha la sua moneta. Una moneta senza un potere e senza un territorio non può esistere.

Eppure qualcosa cambia. Il potere statale entra in crisi, e quindi può entrare in crisi anche la base della credibilità di una moneta. Esiste poi un «luogo» che non può essere un territorio: il web. Un territorio con un potere (apparentemente) diffuso e che, per alcune attività esercitate sotto la sua giurisdizione, rivendica una moneta. Una moneta senza Stato e senza un potere ben determinato che la emette. Questa storia, paradigmatica del nostro tempo, riassume ciò che sta dietro le criptovalute, come gli ormai famosi bitcoin. Monete digitali, create per transazioni in ambienti esclusivamente informatici, che vengono create in maniera automatica, con una legge di crescita predeterminata, non gestibile altrimenti. Distribuite a chi «dona» capacità di calcolo al sistema e viene retribuito con questa moneta che determina il proprio valore sulla base della domanda che gli utenti ne fanno. Ultimamente tutti sembrano volere queste criptovalute che, infatti, hanno raggiunto quotazioni stellari.

Il fenomento è molto interessante, nei confronti del quale occorre non avere un pregiudizio positivo o negativo. È un esperimento interessantissimo, proprio di quella generazione giovane che può permettersi di prendere il mondo e trovare modi per rivoluzionare le leggi con le quali tutto ha funzionato da sempre. E questa moneta, totalmente non legata ad alcun potere e la cui offerta dipende solamente dalla tecnica e non da volontà di politica monetaria, è in linea con lo spirito del tempo.

Eppure, al di là degli usi di questa moneta (che permette transazioni anonime, riciclaggio di denaro, attività illecite sul deep web), è interessante soffermarsi su un elemento che da sempre regola l’economia: la politica monetaria. Le banche centrali hanno la delega per la creazione di moneta. Possono decidere quanta moneta immettere o togliere dal sistema. La decisione ha impatti fortissimi: sui tassi di interesse, quindi sugli investimenti e perciò sull’occupazione, sull’inflazione ecc., almeno nel breve periodo. La gestione della politica monetaria è quanto di più difficile possa essere chiesto a un economista (dopo il «prevedere» le crisi). Alcune crisi (come la recente crisi dell’Eurozona) sono state risolte di fatto solo tramite la politica monetaria della Banca Centrale Europea. Le criptovalute ambiscono ad avere un ruolo importante ma hanno una creazione di moneta fissa, dettata da una tecnologia non modificabile. Sono una moneta non gestita, senza politica monetaria. Teoricamente, se bitcoin fosse la moneta dominante, sarebbe un problema enorme per la sopravvivenza del sistema economico.

Verosimilmente le criptovalute rimarranno ad avere un ruolo ridotto, e saranno servite ad arricchire chi, intelligentemente, ha scommesso sul loro valore quando nessuno ne parlava, e chi copre traffici illeciti. L’uso di massa delle criptovalute tende a spaventare i più. Chi si farebbe pagare oggi lo stipendio in bitcoin? Il denaro che possediamo, infatti, è il potere che noi abbiamo di avere una vita confortevole oggi e domani. E questo potere dipende da quanto vale il denaro che possediamo e, quindi, da quanto è credibile e potente chi lo emette. Il potere di chi emette moneta vogliamo vederlo, averne percezione, pena la paura che da un momento all’altro questo potere possa diminuire e, con lui, il valore del denaro che possediamo. Quando uno Stato ha un governo percepito come poco potente, poco capace, vede il valore della propria moneta crollare e con essa il valore del futuro dei propri cittadini relativamente ai cittadini di altri Stati. Il potere dietro i bitcoin non soddisfa le caratteristiche che riteniamo fondamentali per donargli fiducia.

Eppure le criptovalute ci ricordano qualcosa: che le «leggi» sociali a cui siamo abituati possono cambiare, e solitamente le cambiano le persone che si affacciano sul mondo con occhi nuovi. E che il cambiarle è sempre una pericolosa scommessa al limite delle possibilità di un sistema.