La parola alle piazze

di Gí³mez de Souza Luiz Alberto

La protesta collettiva

Ci sono momenti nel corso della storia durante i quali nel mondo ci sono mobilitazioni imponenti, nelle quali le nuove generazioni hanno un posto privilegiato. In questi ultimi anni vediamo nuovamente il popolo nelle strade, per i motivi più diversi: piazza Tahrir, Puerta del Sol, piazza Taksim, Occupy Wall Street, trecentomila manifestanti nel centro di Rio de Janeiro. Bisogna saper leggere quello che dicono le folle. Sono situazioni tra loro molto diverse, ma che esprimono, in un modo spesso disordinato, rivendicazioni le più varie e contradditorie. Partono da problemi concreti: abbattere il dittatore, protestare contro un sistema economico in crisi, evitare la distruzione di un’area verde all’interno di una città, lottare contro l’aumento del prezzo dei trasporti pubblici che penalizza i settori popolari. Che poi sfociano immediatamente in una serie nuova di rivendicazioni.

La domanda cresce, si allarga

Nel caso brasiliano, l’ultima richiesta sul trasporto pubblico ha raccolto la vittoria grazie alla pressione delle manifestazioni. I governanti, in un primo momento, seguendo una visione burocratica ed economicista, volevano dimostrare che la diminuzione del prezzo dei biglietti dei trasporti pubblici era impossibile. Ma poi hanno dovuto cedere alla mobilitazione nelle strade. E la lotta, invece di terminare, si è trasformata nella richiesta del trasporto pubblico gratuito. Questo si scontra in modo forte contro il potere dei proprietari delle imprese di trasporto, che hanno finanziato la campagna elettorale di buona parte delle attuali autorità. Ma, a parte questo, sorgono dai movimenti prodotti dalle folle nuove esigenze: un servizo sanitario efficiente, una scuola migliore, etica nella politica. La presidente del Brasile, Dilma Rouseff, ha detto fin dall’inizio: «Bisogna saper ascoltare quello che dicono le strade». E adesso sta aprendo vie di comunicazione con i vari movimenti che sono appena nati.

Violenza dentro e ai margini dei movimenti

Ma il linguaggio delle strade non è univoco. Nelàcaso del Brasile, accanto alle domande giuste, si infiltrano parole d’ordine di una destra che va contro il potere democratico costituito e provoca una reazione contro i partiti e i sindacati che può essere distruttrice delle conquiste ottenute dopo vent’anni di dittatura militare. Ai margini poi, c’è un linguaggio di violenza irrazionale e di saccheggio, che sorge normalmente in coda alle manifestazioni pacifiche, da parte di gruppi che rubano e distruggono. Il dubbio che si fa strada è se parte di questi gruppi non siano manipolati da ideologie conservatrici, che i grandi mezzi di comunicazione poi diffondono, oppure spinti da un anarchismo irrazionale. Altri gruppi, invece, sono proprio marginali e approfittano dell’occasione solo per rubare e saccheggiare.

Ascoltare le voci e scegliere

Per questo, diversi sono i linguaggi delle manifestazioni: da quelli che chiedono mutamenti legittimi e necessari miglioramenti a quelli che vogliono minare un processo graduale di cittadinanza. Non possiamo idealizzare in astratto i linguaggi delle piazze e delle strade. Essi sono diversi e contraddittori. Dobbiamo puntare su quelli che aprono un ampio dialogo tra la popolazione e i poteri politici, per la costruzione di una democrazia non solo rappresentativa, come nel modello attuale delle moderne democrazie liberali, ma anche una democrazia partecipativa, dove i cittadini abbiano diritto di parola e la conduzione del processo democratico.

La presenza delle nuove generazioni

È opportuno notare la presenza delle nuove generazioni all’interno dei movimenti, sia nei vari paesi del mondo che certamente in Brasile. In un mondo in cui i movimenti politici non sempre riescono a interagire con i giovani, a scoprire i loro codici di comunicazione, vediamo questi ultimi, i giovani, senza un’ideologia definita o visioni del mondo molto chiare – in una post modernità frammentata. Tuttavia, se guardiamo più da vicino, tale gioventù ha due livelli di sensibilità. In generale, la gioventù è mossa da valori etici espressi a suo modo e che le vecchie generazioni non sanno decodificare eàintendere. Ma vivono anche un grosso dilemma, a partire dall’incertezza del futuro, dentro una società in cui le prospettive di inserimento sociale e di lavoro non sempre offrono molta speranza. Sapere interpretare questo linguaggio, che ancora incespica e balbetta, dovrebbe essere la funzione degli educatori e dei politici che hanno una visione chiara del bene comune e delle trasformazioni sociali in atto.

I nuovi strumenti di comunicazione

Una grande novità, oggi, sono le reti sociali e il ruolo di internet. Lì i giovani comunicano con frequenza e sono a loro agio più di quanto lo siano i loro genitori. Sono brevi messaggi lanciati su Twitter o su Facebook, in cui sono riassunti, e non sempre in modo chiaro, aneliti e delusioni. I primi possono condurre alla creatività e a risposteàoriginali, le altre a un disinteresse verso la cosa pubblica e a una politica senza regole. Solo un dialogo aperto, e lo sforzo attivo di ascoltare, possono trasferire questi linguaggi su posizioni concrete. Dobbiamo pure sapere che le nuove generazioni non seguono un percorso logico e lineare, ma si esprimono di frequente per emozioni e passioni. Purtroppo molto spesso il linguaggio delle strade viene interpretato su schemi vecchi di pregiudizio e incomprensione. Dobbiamo dunque saperlo comprendere con un cuore aperto, più attraverso un’intelligenza sensibile, attiva, che tramite una razionalità fredda e paralizzante.

Luiz Alberto Gómez de Souza
sociologo, docente universitario,
direttore del programma di studi avanzati
in scienza e religione,
Universidade Candido Mendes,
Rio de Janeiro, Brasile