Multiculturalismo e interculturalismo

di Pavani Elisbetta, Bruni Alessandro

No allo scontro

In una società complessa come la nostra tutto appare relativo e un vero potere occulto sembra orientare le scelte (etiche, politiche, economiche) delle persone, soprattutto quando ci si addentra negli immaginari del multiculturalismo, nell’integrazione etnica e nel diritto al mantenimento delle proprie radici culturali. Di qui la lotta quotidiana per l’occupazione mediatica dell’immaginario per poter condizionare gli orientamenti dell’opinione pubblica. La politica, la religione, la cultura, l’economia, il vivere quotidiano non sembrano più in grado di porre un rimedio come agenzia di contropotere, perché anch’essi appaiono travolti dalle logiche perverse e pervasive degli imbonitori della politica alla ricerca dello scontro sociale e di quelli che pervicacemente non vogliono vedere il problema nella sua drammaticità.

Assistiamo al pericolo di un ritorno a una condizione precopernicana dominata da dogmi e da false certezze che ci mette di fronte all’urgenza di individuare e percorrere vie di ascolto, di conoscenza e di relazione con sé e con «l’altro, il diverso, il migrante».

No alla cultura del dominio

Non ci resta che tuffarci nel mezzo della mischia per cercare di non subire la realtà come inesorabile fluire del destino, ma contribuire attivamente alla determinazione di ciò che è bene e di ciò che è male, facendo leva sulla cultura del conflitto e sulla sua presenza (ora come risorsa, ora prevalentemente come tabù) negli immaginari del multiculturalismo. Non già per insegnare qualcosa perché siamo ben consapevoli che ciò che ci accomuna è il vivere in questo processo di grande cambiamento dove sia gli italiani che gli immigrati stanno tentando di costruire modelli di convivenza basati su molteplici valori. Il rischio sempre in agguato è quello che prevalgano modelli di dominio di una cultura sull’altra. Tutti quelli che stanno tentando di diffondere la paura di questa convivenza trovano ascolto in chi si sente continuamente in pericolo. Per questo tutto il pensiero catastrofico diffuso in modo indistinto da parte dei media non fa altro che acuire il bisogno di difendere confini sempre più stretti in nome di una terra che non è di proprietà esclusiva di chi ci è nato.

Con queste intenzioni il nostro approccio vuole portare una visione dal basso nella relazione tra individuo, famiglia e comunità sociali sullo sfondo dei grandi scenari dettati dalla politica, dall’antropologia, dalla sociologia, dalla psicologia e dalle religioni. Per dipanare questa volontà abbiamo scelto tre argomenti che ci sono sembrati ricchi di spunti per una riflessione di senso.