Agosto 2014-Dicembre 2015

13 agosto 2014
È POSSIBILE RESTARE CON SE STESSI?

“Sentii che, senza accorgermene, mi ero trasformato in una specie di rottame, un moncone infermo . L’aspetto principale della noia era , ora, l’impossibilità pratica di restare con me stesso, la sola persona al mondo, d’altra parte, della quale non potevo disfarmene in alcun modo”.
(Alberto Moravia).

Come darci un periodo di “interruzione” o di “vacanza” per vivere il “nostro tempo”, per ascoltare la musica del nostro corpo, per ascoltare la vita che si sviluppa silenziosamente intorno a noi e ci avvolge?
Come fare in questi giorni di riposo ad affezionarci al silenzio, inteso come “spazio” nostro e non la continuità, con altro ritmo, di una frustrazione inguaribile dal divertimento, dalle distrazioni o dal relax?
Il paragrafo di Moravia esprime, in modo incisivo, lo stato interiore di molte persone, avvolte nella ragnatela della noia, dell’abitudine, della depressione, della mancanza di un senso per vivere. Molto significativa è l’incapacità di stare con se stessi. Un dramma terribile perché da se stessi non ci si può liberare se non col suicidio, suggello estremo di fallimento.
Senza arrivare a simile patologia dell’anima, saremo in grado, nei giorni di vacanza di restare con noi stessi, per ritrovare un significato e un valore alla vita?


24 agosto 2014
IL TEMPO È NOSTRO

“Trova il tempo di riflettere: è la fonte della forza. Trova il tempo di giocare: è il segreto della giovinezza. Trova il tempo per leggere: è la base del sapere. Trova il tempo di essere gentile: è la strada della felicità. Trova il tempo per sognare: è il sentiero che porta alle stelle. Trova il tempo di amare: è la vera gioia di vivere. Trova il tempo di essere felice: è la musica dell’anima”.
(Sapienza Irlandese)

Occorre, oggi, ritrovare il tempo di delimitare, in mezzo al flusso frenetico delle cose, uno spazio temporale per riflettere, per leggere, per dire una parola calorosa all’altro, per stabilire legami di amicizia e di amore, per gustare la serenità, per ascoltare la musica, per giocare, sognare, cantare. Cose talmente ovvie da sembrare banali, eppure ne stiamo perdendo il senso e il piacere, diventando sbrigativi e arcigni.
In Brasile si ricorda in continuazione a chi vive nella frenesia del correre e nell’ingordigia del fare, che il “tempo è nostro”. Chiudo con quanto diceva lo scrittore americano H.Van Dyke: “ Il tempo: è troppo lento per chi aspetta, troppo rapido per chi ha paura, troppo lungo per chi soffre, troppo breve per chi gioisce, ma per chi ama non c’è tempo”.


6 ottobre 2014
BELLEZZA E INTIMITÀ

“La musica ci porta dall’intimità del soggettivo all’assoluto.”
(Umberto Galimberti)

Sull’alto pianoro di pietre bianche che conduce al Rifugio Principe Alberto sul Catinaccio, con tre amici, ho intonato, in un mattino di luglio u. s. il canto dell’Ave Verum di Mozart.
La voglia di cantare era venuta, per una carezza di vento, quasi a frenare la commozione per le meraviglie intorno. Ho perfino pianto, forse mi tormentava un nodo di parole trattenute, soffocate.
La melodia di Mozart era in quel momento poesia del mondo, che rivela il donarsi di Dio. Era canto di ringraziamento, di riconoscenza, una preghiera che non trovava parole.
Succede lassù, fra le cime che fanno tremare l’anima e il cuore nello stupore del silenzio. Sarà l’imponenza maestosa delle cime o l’impeto inarrestabile del torrente che precipita a valle? Sarà lo scoppio improvviso del temporale o la calma imperturbabile del lago? Certo è che dal cuore della montagna si sprigiona una forza che incute rispetto, dona bellezza e crea intimità.


22 settembre 2014
PUÒ L’ETICA, OGGI, RISVEGLIARE LA POLITICA?

“… di tutte le vocazioni, la politica è la più nobile,
ma di tutte le professioni, è la più vile.”
(Rubem Alves)

La politica, ottenendo più facilmente il consenso, blandendo il peggio della natura umana crede di dirigere, ma, invece segue la cultura e la morale di una società. Chi davvero guida il cammino di un popolo, sia nella giustizia, come nell’ingiustizia, è chi forma l’ethos di quel popolo. Sono i buoni o i cattivi maestri che fanno, in definitiva, la storia. Parole ed esempi giusti non sono affatto inutili.
Se la politica, mostrando, quanto non assicuri , come deve, i nobili obiettivi che si prefigge, incitando, magari, a una cattiva coscienza terapeutica, l’etica, al contrario, tende a risvegliare l’umano con una specie di azione profetica, nel seno della politica.
” L’umano, basamento della filosofia di Levinas, è questa capacità di sapere dire no all’inumano che è proprio della totalità trionfante”.


12 dicembre 2014
DIO PUÒ LASCIARE UN POPOLO SENZA PROFETI?

“Senza i profeti il popolo si corrompe”
(Proverbi. 29,18)
“Se chi spera nella condizione umana è un pazzo,
colui che dispera degli avvenimenti è un vile”
(A. Camus)

Chi parla di verità, parla di vera umanità, e questo è il profeta. Il profeta non è un indovino, né tanto meno un mago, ma è chi annuncia le parole dimenticate o soppresse. Le parole dei poveri e delle vittime, le parole che per bocca degli umili arrivano dall’alto. Ascoltare, accogliere e vivere queste parole è la vera opera rivoluzionaria di libertà, di giustizia e di umanità. È cultura, è politica, è vangelo. Se così non fosse, la vita si ridurrebbe a semplice sopravvivenza.
Sopravvivenza significa vita senza senso. Mangiare il pane e non tenersi in piedi, bere l’acqua e non dissetarsi, toccare le cose e non sentirle al tatto, annusare un fiore e non sentire il suo profumo arrivare all’anima.


13/9/2014
UOMINI DI SUCCESSO O UOMINI FALLITI?

“Gli uomini di successo sono un po’ pericolosi, perché ratificano la cultura esistente, sono il suo prodotto e la sua legittimazione. I falliti sono spesso ricchi di umanità perché hanno tentato di superare il sistema, di far fiorire l’uomo inedito che è l’insieme delle possibilità che ognuno di noi ha in sé.”
(Ernesto Balducci)

Col suo impareggiabile stile, p. Balducci oppone in modo suggestivo gli uomini di successo agli uomini falliti. Ormai sembra che tutto congiuri a farci scegliere gli uomini di successo, considerati come modello di creatività, mentre si adeguano all’onda dominante e sanno blandire e affermare quelle cose che la massa vuol sentirsi dire, a quelli giudicati falliti. Spesso il fallito, coerente con se stesso, ha tentato strade nuove o scelte, motivate non dal solo calcolo, ma dalla propria libertà interiore. Non parlo qui dei falliti per inerzia o stupidità, ma di quegli uomini puri e creativi, liberi, che sconvolgono i luoghi comuni e la banalità. Sono loro, alla fine, i veri santi, che svelano le potenzialità dell’amore. Già Jonathan Swift, l’autore dei Viaggi di Gulliver, scherzava (ma non troppo) scrivendo: “Quando al mondo appare un genio, potete riconoscerlo da un segno inequivocabile: tutti si coalizzano contro di lui.”


11/10/2014
LA VITA È DATA PER VIVERE, NON PER COSTRUIRE UN IMPERO!

“Hanno ucciso i profeti, l’hanno chiamata ortodossia. Hanno abbassato i monti, l’hanno chiamata religione. Hanno impoverito l’orizzonte, l’hanno chiamata fede. Hanno chiuse le porte, l’hanno chiamata identità. Hanno respinto le barche, l’hanno chiamata sicurezza”
(don Angelo Casati)

Diego, 22 anni, morto per overdose di eroina, mi ha scritto, un mese prima di morire, queste tre righe. “Voi adulti avete perso il sapore e anche il chiarore della vita. Lasciate noi giovani insipidi e tenebrosi. Vi consiglio di nascondere la vostra inutile mole per evitarci gli scandali. Un giorno vi metteremo la macina da molino al collo per affogare”. Un giudizio terribile! Diego ci butta in faccia la sua rabbia e i suoi risentimenti. Quanti altri vorrebbero dirci quello che pensano e non ce la fanno!

A questo appello non c’è risposta di parole perché siamo nel regno dell’inafferrabile. Si tratta di scoprire che la vita sta nelle nostre mani, non il progetto che potremmo fare con essa. Quindi attraversare la terra e il tempo è come esaurire un amore. È uno stupore che nasce da un abbandono totale. È, quindi, la vita che ci verrà a scovare: l’incontro con Dio non sarà mai la conseguenza di un ragionamento, (sarebbe un nostro fetticcio). Un Dio Giusto verrà sempre riconosciuto dalle persone per bene. È un Dio pazzo (imprevedibile) d’amore, il Dio Misericodioso di Gesù, che non riusciamo spiegare e comprendere. Si può chiedere agli uccelli la ragione del loro canto? Ai gigli del campo la ragione del loro profumo?


17/12/2014
RACCOGLIENDO IMMAGINI E VIVENDO EMOZIONI TRA GLI UMANI!
UNO SPAZIO LEGGERO DI UN DIO MINORE.

Bisogna camminare tanto per raggiungere ciò che ci sta vicino”
(Josè Saramago)

Vengo da una città, Bassano del Grappa, dove ci sono più bar che panetterie, ma vi assicuro che niente uguaglia quello spazio, povero o ricco che sia, voluto e creato da un misconosciuto dio minore. Non è il Caso. Il caso non esiste! Il caso è la Provvidenza degli imbecilli e la giustizia vuole che gli imbecilli siano senza provvidenza. È quello spazio impalpabile di ogni bar, che ha in dotazione il potere di generare sguardi, sussurri, gesti o parole amicali, ma anche schiamazzi, urla e perfino litigi.

Oggi il vento è buono, mi siedo in un bar spazioso e grande, in Viale Venezia e mi accingo a leggere i giornali, offerti dalla proprietà. A tratti alzo gli occhi e incrocio lo sguardo di Francesca, la barista, che mi guarda con una pacata insistenza. I suoi occhi sono luminosi, non so se azzurri o verdi Nilo, certamente il suo sguardo è più bello di un cielo all’alba. Noto che mi fissa con soavità e mai con cinica curiosità. Una dolcezza che intimidisce.

Sono tornato, perciò, sul giornale e mi guarderei bene dal pronunciare parole, se lei non insistesse a fissarmi. Proprio così, sono anch’io diventato preda consenziente del dio minore, debbo smettere di leggere e mettermi a parlare. È l’occasione di misurare il mio sentire con qualcuno che pur, non essendomi ancora amico, ha qualche possibilità di raccontarmi l’angolo della sua verità.

Ora che la conversazione si è avviata, la signora Francesca ha l’aria pacificata, anche perché è arrivato Renato, il marito, una persona decisa, anche se lo sguardo è mite ed il volto trasparente. Ha fatto il giro del bar, quasi a prendere possesso del luogo, poi si è seduto al mio tavolo e senza preamboli melensi, mi ha chiesto: “Lei è di Bassano?” «Certo» ho risposto. «Posso sedermi e offrirle qualcosa?” ” Si, volentieri, ma mi conosce?» ho chiesto. «Certamente, dai giornali e conosco quanto lei fa per i bambini di strada” ha risposto con un sorriso pacato e confidenziale.

Il sorriso, gli faccio notare, quello interiore e quello sul volto, cambia il nostro sguardo. Il nostro sguardo cambia le cose, i fatti, le persone che vediamo. Se uno sguardo è buono, rivela e sviluppa il lato migliore di tutte le cose, rende tutto migliore. Non finge,cambia davvero. Tu sei per come io ti guardo. Io sono come tu mi guardi”.

«E questo tuo modo di pensare, di parlare, di osservare (eravamo passati al tu: due ore al bar rendono come quattro o cinque anni di conoscenza), dove l’hai appreso?», mi ha chiesto con una franchezza disarmante. L’ho spiato in volto, non mi guardava, puntava lo sguardo una spanna al di sopra della mia testa. «Soffri d’insonnia?» gli ho chiesto. «No, perché? Parlare con te mi interessa, anche perché sai fare domande».

«Se è così, dimmi cosa hai imparato dal lavoro che fai (spedizioniere) e a gestire questo bar?». «La ribellione e a giocare coi bambini.”

“C’è una ribellione nobile, che conduce alla libertà” ci siamo detti “ ed è la ribellione al dominio. C’è poi una ribellione degradante, che chiude nell’egoismo: questa è la ribellione/ rifiuto del rapporto, dell’altro, alla condizione che l’altro ci pone, all’esigenza di ciò che non siamo ancora e che altro ci chiede”. Poi ha cominciato a parlare della sua arte di far giocare e sorridere i bambini, come farebbe un padre qualsiasi incontrato per sorte in un bar. Di tutta l’acqua che scorre, solo un poco la beviamo, solo un poco ci lava e ci rinfresca, solo un poco ci bagna quando piove. Tutto il resto canta leggera nei ruscelli e possente nei fiumi, vola vaporosa nei cieli, riposa maestosa nei mari, disseta la terra, compiendo tutta la sua parte nel ciclo del mondo, così la sapienza lambisce appena le nostre menti limitate e i nostri piccoli cuori.

Sono sicuro che questa coppia ha deciso di creare un esercizio/bar con l’obiettivo di avviare momenti di contatto umano, oltre che farne un luogo anonimo per la consumazione individuale. Creare, cioè, un luogo di incontro.

La sapienza regge il mondo e lo nutre, nonostante le sue malefatte, senza che il mondo s’accorga. Dei suoi avvertimenti quello che cogliamo è un assaggio, per lo più invisibile. Le sue indicazioni sono consigli disinteressati e non comandi. I consigli sono utili, mentre i comandi sono pericolosi.

Ci siamo lasciati senza fare ricorso alle solite idiozie come scambio di indirizzi, promesse di rivederci e cose del genere. Gli incontri nei bar hanno questa chiarezza di fondo: si parla, si fa amicizia, ma con la consapevolezza che è la legge del dio della leggerezza che li domina. Tutto quello che nasce in quel luogo deve restare nell’ambito dell’imprevisto. Spesso poi ci si rincontra e allora è come se ci si conoscesse da anni, ma la conversazione resta sempre in quel limbo di unica verità: la vita è breve ed è fugace l’incontro, è bello trovarsi, ma è consigliabile non cadere troppo nel serioso, perché mi piace scherzare!


1/12/2014
ACCOGLIERE IN AMICIZIA IL TEMPO CHE VIENE

«L’uomo deve colmare la sua vita di significato, il significato non viene attribuito automaticamente alla vita. È un compito duro, bada, e questo non credo che tu lo comprenda, per ora. Una vita colma di significato è degna di riposo.»
(Chaim Potok)

Stefano, un vecchio e caro amico pugliese, mi ha inviato, come risposta alla mia decisione di rinuncia a presidente di Macondo, per raggiunti limiti di età, questa riflessione, che definirei solenne per la sua profondità, di Chaim Potok.

La difficoltà a dare significato alla vita, oggi, credo sia dovuta all’inconsistenza delle nostre relazioni quotidiane. L’isolamento è una costante della vita, che ci avvelena l’anima, ponendoci in una situazione di minorità. Espulsi dal cerchio magico della relazione e negati alla nostra soggettività, ci sembra di non valere nulla: perché non riconosciuti agli occhi dell’altro. Fantastichiamo d’intimità, (vedi lo sviluppo esponenziale in rete), che in realtà temiamo. Chi vive nell’isolamento non è capace d’intimità. Occorre, perciò, far amicizia con noi stessi, anche con ciò che ci spaventa e ci turba. La sensibilità interiore dovrebbe metterci in ascolto dei nostri moti interiori, invece di correre in continuazione alla ricerca di consigli e stimoli, provenienti da altri. Dovrebbe riportarci a casa, a riposare nel profondo di noi stessi.

Una relazione creativa, penso, si possa costruire, imparando a fare silenzio, a fermare il turbinio di pensieri che ci agita, a vivere il presente, qui e ora, lasciando il passato nel passato, proiettandoci nel futuro.


17 ottobre 2014
ESSERE ANTIPATICI

“Non voglio che la gente sia troppo simpatica:
questo mi risparmia il disturbo di volerle molto bene”
(Jane Austen)

Che ci siano delle persone antipatiche ci dispensa dall’aver rapporti con esse o è un alibi per ignorare il prossimo? Occorre ammettere che ci sono delle persone che sono attivamente in grado di rendersi insopportabili. Una volta richiamato il monito evangelico per i cristiani: “Se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete”, c’è, però, un’altra considerazione più umana da fare, che la simpatia e l’antipatia sono contagiose. Se vogliamo mutare il clima avvelenato delle relazioni, dobbiamo reagire in modo antitetico, non adeguandoci a quella atmosfera perversa. “Il mondo è come uno specchio -ha lasciato scritto William M. Thackeray- che a ciascuno restituisce la sua immagine: fategli il broncio e vi guarderà male, ridete di lui e con lui e sarà un gioviale e cortese compagno”.


28 settembre 2014
LA SOLITUDINE DELL’IPERCONNESSO

“Non c’è nessun reale e virtuale. Reale è quello che percepisco, che influenza e mi cambia. Io sono reale. I cambiamenti che avvengono su di me e sulla mia pelle sono reali. È reale tutto ciò che mi colpisce, che sia un cartone animato, un movimento azionario, un nuovo software, l’aggiornamento di skype, il lampione in cui vado a sbattere, un post su FB, il nitrito di un cavallo, il martello con cui pianto un chiodo, l’aggiornamento del mio profilo, l’albero che cade nel bosco.”
(Michele Silenzi)

Certamente è una perfetta descrizione della mutazione antropologica che le nuove tecnologie hanno operato su chi è iper/connesso e iper/informato per il quale reale e virtuale sono intrecciati. Libertà senza limiti, se non quello che il soggetto ha scelto di imporsi. Niente morale, niente conoscenza: basta un metodo e l’unica azione certa sono le azioni, le cose che facciamo.

Questo simpatico scalatore cibernetico trasmette però un pauroso senso di solitudine. Tutti quei contatti e tutto quel reale/virtuale intrecciano un bozzolo fittissimo di solitudine, dal quale ben difficilmente sbucherà una farfalla. Può succedere, anche, che arrivi un messaggio sul tipo “che il dono ci educa e ci avvicina a Dio. Il dono è il luogo in cui gli individui sconosciuti entrano in contatto e creano un luogo aperto in cui Dio può fare la sua comparsa.” Che ne dite?


20/10/2014
SAPER AMARE: COME DEI CANONICI CELIBI?

«”L’amore non consiste nell’accarezzare una coscia”. Persino i canonici si sarebbero svegliati se il vescovo avesse detto una cosa simile dal pulpito. Avrebbe detto piuttosto: “Amore vuol dire amare gli altri più di noi stessi”. Qui i canonici si sarebbero subito riaddormentati.»
(Bruce Marshall)

Lo scrittore cattolico scozzese, Bruce Marshall, è noto oltre che per i suoi bellissimi romanzi, per una serie di aneddoti esilaranti, di apologhi e racconti. La sua citazione odierna è un po’ birichina, ma inoppugnabile . Mette in rilievo che c’è la necessità di un po’ di sapore nel comunicare la verità, sapendo che una educazione legnosa e infarcita di buoni consigli lascia del tutto indifferenti. Saper amare è ben più che “accarezzare una coscia” e la sua scoperta avviene sulla via del cuore del sentimento e della donazione. Non si deve essere implacabili e rigidi custodi di una moralità misurata su gesti esteriori. Anche per non ridurci a quell’uomo e a quella donna di mezza età che padre Gaston ha di fronte sul treno: “Così indifferenti l’uno all’altra da far pensare che fossero sposati”.


14/9/2014
ONORE AL SUCCESSO O AL MERITO?

«Gli uomini di successo sono un po’ pericolosi, perché ratificano la cultura esistente, sono il suo prodotto e la sua legittimazione. I falliti sono spesso ricchi di umanità perché hanno tentato di superare il sistema.»
(Ernesto Balducci)
«Abbiamo perso la capacità di venerare! Confondiamo la grandezza col clamore, alla lode è subentrato il chiasso. Ci fu un tempo in cui la fama reclamava per sé l’immortalità, oggi pare rimpiazzata dalla vanagloria.»
(Nietzsche)

P. Balducci oppone in modo suggestivo gli uomini di successo agli uomini falliti. Ormai sembra che tutto congiuri a farci scegliere gli uomini di successo, considerati un modello di creatività, mentre gli stessi si ritrovano nel vuoto più totale, non inseguendo una figura ben delineata di virtù, ma un’immagine appena adombrata della gloria.
La lode ha cessato, da molto tempo, di essere canto, ringraziamento o gioia collettiva: sembra si sia mutata in ricerca del facile successo.
La lode non celebra i gradi di eccellenza, ma onora lo sforzo che ognuno fa per essere coerente con se stesso, per trarre il meglio da sé, che dovrebbe essere poi alla portata di tutti.


2/11/2014
I FARISEI, CHE OGGI HANNO ALTRO NOME, NON CESSANO MAI DI MENTIRE!

«Stefano Cucchi era in carcere perché era uno spacciatore abituale. Poveretto, è morto, e la verità verrà mai fuori? Pesava 42 chili. La droga aveva devastato la sua vita. Era anoressico, tossico dipendente. Perché in cinque giorni era così tanto peggiorato? Certo, bisogna vedere come i medici l’hanno curato. Ma sono migliaia le persone che si riducono in situazioni drammatiche per la droga, diventano larve, diventano zombie: è la droga che li riduce così»
Carlo Giovanardi, Sottosegretario con delega per la lotta alla droga, è “co/ideatore” della legge Fini/Giovanardi. Senza la quale Stefano Cucchi sarebbe ancora vivo. Erri de Luca, su Liberazione, risponde alla sua insopportabile dichiarazione con queste righe. Magistrali, come sempre.Il potere dichiara che il giovane arrestato di nome Gesù figlio di Giuseppe è morto perché aveva le mani bucate, i piedi pure, considerato che faceva il falegname e maneggiando chiodi si procurava spesso degli incidenti sul lavoro. Perché parlava in pubblico e per vizio si dissetava con l´aceto, perché perdeva al gioco e i suoi vestiti finivano divisi tra i vincenti a fine di partita. I colpi riportati sopra il corpo non dipendono da flagellazioni, ma da caduta riportata mentre saliva il monte Golgota appesantito da attrezzatura non idonea e la ferita al petto non proviene da lancia in dotazione alla gendarmeria, ma da tentativo di suicidio, che infine il detenuto è deceduto perché ostinatamente aveva smesso di respirare malgrado l’ambiente ben ventilato. Più morte naturale di così toccherà solo a tal Stefano Cucchi quasi coetaneo del su menzionato.


30/10/2014
SANTI PERFETTI O SANTI LIBERI?

«L’anima libera è rara, ma quando la vedi la riconosci,
soprattutto perché provi un senso di benessere quando gli sei vicino.»
(Charles Baudelaire)
«All’artista non devono interessare le mode, le tendenze:
sarà utile che le conosca, ma deve esserne liberissimo»

Sabato prossimo è la Festa dei Santi. Non dovremmo più associare l’idea di santità alla perfezione o al miracolo. Santo può essere detto chi ascolta e accoglie, nonostante le proprie imperfezioni, lo Spirito santo, che soffia in tanti modi, monopolio di nessuno e non sai da dove viene e dove va, ma è vento nuovo, di profezia e di sapienza, che rinnova tutte le cose. In questo senso i primi cristiani si dicevano “santi”. Così sono “santi” gli uomini e le donne in cui senti una vita spirituale intensa che si comunica attorno. È la sapienza e la costanza di andare avanti con coraggio, giorno per giorno.
Se ognuno di noi esprime ciò che sente dei dolori e delle speranze, delle gioie e delle paure, delle bellezze e dell’oscurità dell’umanità a cui partecipa, la parola sarà sua e sarà vera.


17/8/2014
L’ACQUA DEL TORRENTE

Spumeggiante, Fredda, fiorita acqua dei torrenti,
un canto mi dai che più bello non conobbi mai;
il tuo rumore mi fa sordo, nascono echi nel mio cuore.
Dove sono? Fra grandi massi arrugginiti, alberi, selve pecorse da ombrosi
sentieri. Oh, questo rumore tranquillo, questa solitudine!
Mi sento stanco, felice come una nuvola o un albero bagnato.
(Attilio Bertolucci)

Ho trascorso la notte di Ferragosto in montagna, nell’Altipiano del Tesino – un dormire inquieto, accompagnato dallo scoscio del torrente Grigno sotto le finestre della mia camera – poi ho sentito, immediato, il bisogno di trovare segni, dove l’essenzialità del bene resista ancora e gesti duraturi di una vita semplice e fraterna facciano scudo alla brutalità delle guerre! Sono stati l’acqua del torrente e l’esercizio di speranza della donna, che proprio nel giorno di Ferragosto il suo corpo viene esaltato nella Festa della Madonna Assunta.

Per tutte le donne!

“Fragile, opulenta donna, matrice del paradiso sei un granello di colpa anche agli occhi di Dio malgrado le tue sante guerre per l’emancipazione.
Spaccarono la tua bellezza e rimane uno scheletro d’amore che però grida ancora vendetta e soltanto tu riesci ancora a piangere, poi ti volgi e
vedi ancora i tuoi figli, poi ti volti e non sai ancora dire e taci meravigliata e allora diventi grane come la terra e iinalzi il tuo canto d’amore”
(Alda Merini)


7/11/2014
IL NUOVO NASCE DALL’ESSERCI DENTRO

«Se in un’epoca come questa non si crolla per la tristezza o non ci si indurisce e si diviene cinici o si tende alla rassegnazione -e tutto questo per proteggere se stessi- allora si diventa sempre più teneri, dolci, sciolti, comprensivi e affettuosi»
(Etty Hillesum)

Quanto è vera e sublime questa riflessione! Oggi, dopo una vita, come la mia, vissuta camminando sul confine o su un filo di lama, proprio com’è l’incedere di un viandante, libero e mansueto, mi sembra giusto ammettere, che, nella mia esperienza, tutto conferma che il nuovo nasce nell’esserci dentro fino a perdersi. Come il sale nella minestra, il lievito nella pasta e il chicco di grano nel terreno, così è stato il mio essere prete nel mondo, fra gli operai, i deboli, gli esclusi e i bambini di strada. Nonostante le molte delusioni, le incomprensioni o qualche tradimento, ciò mi appare come il cuore più profondo di tutto. Le parole di Etty Hillesum diventano allora, per me, vere e profetiche: abitare la terra vuol dire ridiventare umani, con gli occhi che scrutano e il cuore che scalda.


1 settembre 2014
L’AMORE COME CONOSCENZA È
IL MODO PER PRODURRE LIBERTÀ

Ieri sera, terminato l’incontro di spiritualità di Macondo a Crespano del Grappa, ho trovato, rientrato a casa, sul tavolo della cucina, un cestino. Dentro c’erano alcuni datteri, mescolati a petali di rosa e una pagina di quaderno, a quadretti, dove con una calligrafia femminile era stato scritto: “Amiamo così profondamente la vita, come amiamo il profumo di queste rose, il sapore di questi datteri. Non diminuisce il nostro amore alla vita, che ci viene tolta continuamente, anzi lo aumenta a dismisura.” (Margherita Pascucci)

Sotto il cestino ho trovato questo:

BIGLIETTO di VIAGGIO
Quando sarò ucciso uno di questi giorni, l’assassino troverà nella mia tasca i biglietti di viaggio:
uno verso la pace;
uno per i campi di pioggia;
uno verso la conoscenza dell’umanità (ti prego di non sprecare, mio caro assassino, ti prego di partire…)
(Samih al Qasim, poeta della Resistenza Palestinese. 75 anni, morto di cancro il 19 agosto 2014)


25/10/2014
ANCHE I TEOLOGI VANNO IN PARADISO?

“Ebbene sì, anche in paradiso ci sono i teologi. Bisogna, pure, che si dia a loro l’occasione di verificare di persona fino a che punto si sono sbagliati. Se no, sarebbe ingiusto. Ognuno deve avere la sua possibilità, i teologi come gli altri. E ad essi sarà molto perdonato, perché si saranno molto sbagliati”
(Gilbert Le Mouél)

Una considerazione molto ironica. Sarà assai divertente vedere la sorpresa finale di chi ha tanto parlato di Dio, magari senza praticarne l’amicizia, il dialogo e la vicinanza intima. Quanti ritratti di Dio, costruiti a immagine del proprio cervello. Pensate alla figura biblica di Giobbe, che cerca Dio con cuore, sincero, che sopporta tutte le prove, che perde letteralmente la pazienza , quando avvicinato da tre amici, teologi, i quali gli spiegano, che Dio ha sempre ragione e loro sanno il perché. Non basta la ragione per conoscere Dio. Egli può essere conosciuto altrettanto bene dai puri di cuore, dai giusti, dai poveri, dai semplici, dai bambini e da quanti lo cercano con animo puro.
Illuminanti sono le parola di un grane pensatore e profondo credente Blaise Pascal “Due sono gli eccessi da evitare: escludere la ragione o ammettere solo la ragione.”


7 settembre 2014
LA VIRTÙ E L’UOMO NUDO

“La virtù non è preclusa ad alcuno; è accessibile a tutti, accoglie tutti, chiama tutti: liberi, liberti, schiavi, re, esuli. Non sceglie la casa o il censo, si accontenta dell’uomo nudo.”
(Lucio Seneca)

La riflessione e la considerazione di Seneca è limpida e chiara! La virtù, infatti, non è frutto di cultura, non è appannaggio di uno stato sociale, non è un privilegio di appartenenza. La virtù fa parte della creatura umana nella sua dignità sorgiva, è un seme deposto nella coscienza perché la persona lo faccia fiorire e fruttificare. Potremmo dire che nuoce alla virtù la ricchezza, l’apparenza esterna. Penso, addirittura, che il successo e il fascino rallentino la virtù, fino quasi da soffocarla.
“La forza non viene dal vigore fisico – diceva Gandhi – ma nasce da una volontà”.


5/10/2014
LA BELLEZZA NON È UTILE: È GRATUITA

“Tu non sai cosa sia il silenzio né la gioia dell’usignolo che canta, da solo, nella notte; quanto beata è la gratuità, il non appartenersi ed essere solo ed essere di tutti, e nessuno lo sa o ti crede”
(David Maria Turoldo)

Un giorno, avevo otto o nove anni, mi trovavo con il babbo in montagna sul Grappa. La giornata stava finendo e gli chiesi: “Papà, perché il sole è rosso al tramonto?” Lui, che era un uomo di poche parole, dopo alcuni secondi mi rispose: “Per bellezza”.

Non ho mai dimenticato questa sua risposta, che non era scientifica, ma era una risposta vera. Ha detto una di quelle verità che non si dimostrano, ma si incontrano e si riconoscono.

Sono verità che non si possono impacchettare e portare ad altri come un oggetto da regalo. Come fanno i turisti quando vanno in Amazzonia o in Africa e vorrebbero fotografare tutto, convinti che la bellezza si possa portare in Italia o in Europa. Le verità non si possono impacchettare. Le trova chi le incontra di persona, che le cerchi o no. Le verità si incontrano.


27/10/2014
LA GELOSIA È UN MOSTRO O UN VIZIO

«Guardatevi, signore, dalla gelosia: è il mostro dagli occhi verdi, che irride al cibo di cui si nutre.»
(Shakespeare)
«La gelosia nasce sempre con l’amore, ma non sempre muore assieme.»
(La Rochefoucauld)

Che la gelosia sia un mostro che attanaglia l’anima e che offusca il cervello è indubbio: il suo veleno può insinuarsi in ogni nostro atto, conducendo fino al delitto. Facile è l’illusione di poterla agevolmente controllare, in realtà essa è un tempesta insensata e devastante. Certamente la gelosia nasce dall’amore per una persona, ma ben presto può svelare un altro volto, quello del possesso orgoglioso, che potrebbe finire in odio.

È indispensabile perciò vigilare, con severità, quando la gelosia o l’invidia affiorano nel cuore. Occorre subito un duro freno, con un fermo autocontrollo, prima che sia avvelenata la vita.


14/11/2014
GENTILEZZA E CORTESIA!

«La cortesia è la carità nelle piccole cose.»
(Drummond)
«Per il mondo la cortesia
è come l’asse per il giro della ruota.»
(Buddha)

La gentilezza è il tetto e la parete della casa! È il riparo dai colpi del mondo, è il calore nelle intemperie. Difende dall’abitudine che rende sconosciuti. È rispetto e attenzione al mistero nascosto dentro il troppo noto! E infine, penso, che la chiarezza sia la cortesia dei filosofi.

Di un giovane che non rispetta le regole della precedenza e del rispetto, Confucio dice. “Non è uno che cerca di progredire: vuol solo arrivare al più presto” e aggiunge che ” I riti significano rispetto e null’altro”.

L’allegria potrebbe essere cattiva, la gioia no, mai.

Questo avviene perché l’amore è più della felicità: infatti l’amore può dare senza avere.

Quando non c’è nessuno, c’è Dio. Se c’è folla e rumore, lui scompare. La solitudine, perciò, va bene, ma solo come intervallo della compagnia e viceversa.

22/12/2014
DIO HA CAMBIATO INDIRIZZO?

“Noi comprendiamo che l’alternativa propostaci dal Natale, è l’uomo non violento, l’uomo mite, l’uomo pacifico, l’uomo amante della giustizia fino a essere perseguitato… questa è l’alternativa”
(Ernesto Balducci)

Una preghiera laica
Non so quanto mi resta di “cammino”. Ho contate tante strade e vite. Frane e morti. Signore mio, la tua vita universale pulsa nel mio cuore. Ti ringrazio del bene e del male che ho vissuto, t’invoco, se è possibile, che non sia vano e muto. Fammi coraggio a dare voce e senso a questi miei giorni che s’accorciano, al dolore mordente e alla fatica, e quest’ultima sia utile ad altri, in percorsi insonni. Resti, almeno, un segno, un atto, un gesto che sia valido e che doni a quanti ami e al villaggio umano, una traccia di pace e di speranza, che trascenda la pena del singolo.

Splende, questa sera, la luna argentea sulla neve, nel silenzio alto di un paesaggio, sulla piana di Marcesina, quasi irreale come una favola: la vergine, l’intatta, la diletta, la graziosa, la silenziosa luna, eterna peregrina, cara al pastore e al vecchio viandante…


16/12/2014
SOFFERENZA E RICERCA DI UNA RISPOSTA

“Il nipote di Rabbi Baruk giocava con un altro ragazzo a rimpiattino. Egli si nascose e stette a lungo ad attendere, credendo lo cercasse e non riuscisse a trovarlo. Dopo aver atteso a lungo, decise di uscire ma non vide nessuno. Capì, allora, che il suo amico non l’aveva mai cercato. Corse dal nonno piangendo e gridando contro il compagno. Rabbi Baruk, con le lacrime agli occhi, commentò: “Lo stesso dice anche Dio”
(Racconti dei Chassidim)

È molto fine questa parabola: il volto di Dio è certamente nascosto, ma non irraggiungibile. Noi siamo troppo distratti e presi da altri interessi, per ricercare il mistero di Dio. In un’altra pagina, molto suggestiva, Simone Weil dipinge così:
«Dio e l’umanità come due amanti che hanno sbagliato il luogo dell’appuntamento. Ambedue arrivano in anticipo sull’ora fissata, ma in due luoghi diversi. E aspettano, aspettano. Uno è in piedi inchiodato sul posto per l’eternità. L’altra è distratta e impaziente. Guai a lei se si stanca e se ne va.»
Purtroppo la nostra ricerca dura lo spazio di un mattino e poi abbiamo altro a cui pensare. Fortunatamente la decisione di Dio, confessata dal profeta Isaia e ripresa da San Paolo, afferma:
“Mi sono fatto trovare anche da quelli che non mi cercavano”.


21/11/2014
SI PUÒ INVECCHIARE BENE! CON GIOIA NO? E PERCHÉ?

“Quando i tuoi amici cominciano a complimentarsi
con te per la tua aria giovanile,
puoi star certo che pensano che stai invecchiando”
(Washington Irving)

Quanto è vera e sottile l’ironia di questa affermazione di Irving. Una persona anziana, invecchiando, è derisa e ammirata. Egli s’accorge con tristezza della

prima cosa e con stupore della seconda. E’ deriso perché lento, con qualche difficoltà di udito, perché tutto assorto nei suoi pensieri, nelle cose, nelle vicende, nei volti del passato, che gli sono presenti come quelli odierni. Eppure, si accorge, con crescente meraviglia, che gli anni vissuti, gli hanno lasciato una vista più fine, gli consentono di vedere, di ritrovare e dire semplici verità della vita. Si fa più umile (sebbene nessuno se ne accorga), perché grazie al suo sguardo più acuto, vede i suoi difetti invincibili, ritrovandosi così più bisognoso di misericordia.

Quando c’è la salute, si dice, c’è tutto. Non è vero… La buona salute con cattive relazioni umane, senza pace, amicizia e giustizia, non è un bene intero. La attiva salute con affetti, pace, buone relazioni, è sopportabile. Si può morire in pace, non si può vivere in guerra.


24/12/2014
NATALE 2014! PIÙ CHE UN AUGURIO, UNA PREGHIERA PER CHI CREDE E A CHI NON CREDE

“Gesù, per coloro che hanno perso la mente e i principi della ragione, per coloro che sono oppressi dal duro silenzio dei martiri, per coloro che non sanno gridare perché nessuno li ascolta, per coloro che non trovano altra soluzione al grido che la parola, per coloro che scongiurano il mondo di non devastarli più, per coloro che attendono un cenno d’amore che non arriva, per coloro che erroneamente fanno morire la carne per non sentirne più l’anima. Per coloro, insomma, che muoiono nel nome tuo, apri le grandi porte del Paradiso e fai loro vedere che la tua mano era fresca, come qualsiasi fiore, e che, forse loro troppo audaci, non hanno capito che il silenzio era Dio e si sono sentiti oppressi da questo silenzio che era solo una nuvola di canto.” (Alda Merini)

Gesù nasce bambino, perché il cielo e la terra s’incontrino, per ricordarci che la terra non appartiene all’uomo, ma l’uomo appartiene alla Terra. Dio stesso continua a cercarci, domandandoci: Dove sei? e dov’è tuo fratello? ma non riesce a trovarci. Siamo abituati ad essere distratti e a vivere senza fremiti di novità.

Amica e amico, è notte sulla terra, buio fitto di individualismi ed egoismi, di attese sterili, ma Dio non rinuncia a farsi uomo. Tocca a te cambiare il mondo, perché fra un deserto e un giardino la differenza non è l’acqua, ma l’uomo. Saper aspettare e attendere è un’arte che il nostro tempo ha dimenticato.

«Dobbiamo attendere le cose più grandi e profonde del mondo, e questo non si può fare nel tumulto, ma secondo le leggi divine del germogliare, crescere e divenire.» (D. Bonhoeffer)


25/12/2014
GESÙ, MIO SIGNORE

Hanno abbassato i monti, l’hanno chiamata religione.
Hanno impoverito l’orizzonte, l’hanno chiamata fede.
Hanno spento i sentimenti, l’hanno chiamata ascesi.
Hanno svuotato il comandamento, l’hanno chiamata morale.
Hanno omologato il tutto, l’hanno chiamata unità.
Hanno zittito le coscienze, l’hanno chiamata ubbidienza.
Hanno mummificato i riti, l’hanno chiamata divina liturgia.
Hanno ucciso i profeti, l’hanno chiamata ortodossia.
Hanno chiuse le porte, l’hanno chiamata identità.
Hanno respinto le barche, l’hanno chiamata sicurezza.
Hanno cacciato i giudici, l’hanno chiamata giustizia.
Hanno succhiato i poveri, l’hanno chiamato equilibrio.
Hanno deliberato leggi inique ,l’hanno chiamata legalità.
Hanno imbavagliato un parlamento, l’hanno chiamata efficienza.
Hanno manipolato un popolo, l’hanno chiamata democrazia.

PREGHIERA/POESIA, RECITATA ALLA MESSA di NATALE 2014
CON GLI AMICI DI MACONDO E ALTRI UOMINI, DONNE E BAMBINI


28/12/2014
MEGLIO RIDERE O SORRIDERE?

“A volte mi chiedo perché i giovani ridono tanto e i vecchi così poco e mi rispondo che l’esperienza della vita toglie ai più la voglia di ridere. Non è vero che “un sorriso costa poco”. È infatti il risultato di un risultato di uno stato di serenità, di armonia psichica che non sempre accompagna lungo la vita”
(Giacomo Dacquino)

Un bambino di quattro o cinque anni, pare, che rida fino a quattrocento volte al giorno, mentre un adulto (ottimista) lo faccia al massimo per quindici volte. Lo scrittore Dacquino coglie nel segno, quando ci ricorda la differenza fra il ridere sguaiato e il sorridere sereno e felice. Il primo potrebbe essere anche frutto di banalità, di uno scoppiettante e vuoto gorgogliare, espressione di superficialità, mentre il secondo apre opportunità inesplorate. Osservando con attenzione, si scopre nella realtà umana, diciamo nel comportamento delle persone che non c’è tanta voglia di ridere. Eppure bisognerebbe ritrovare il sorriso , sia pure solo quindici volte, o anche meno al giorno, perché esistono ragioni vere e autentiche per essere lieti , pur in mezzo ai tanti motivi di tristezza e di monotonia. Guai, allora, a non sorridere mai, ma guai anche a ridere troppo!


30/12/2014
IL SENSO DEL TEMPO E ATTESA DEL NUOVO

Nel mio anticonformismo, oggi, un po’ sbiadito, ho sempre detestato le formalità, i messaggi dati per dovere o gli auguri offerti per necessità. Riprovo, dopo aver vissuto, in parziale semplicità, il Natale, di evitare gli “auguri doverosi” di buon anno, scambiati nei vari spazi virtuali della tecnologia, con una riflessione semplice e laica fatta magari, sottovoce, per paura di disturbare . “Non dimenticare mai la propria insignificanza. Non abituarsi mai alla violenza indicibile e alla volgare disparità della vita che ci circonda. Cercare la gioia nei luoghi più tristi. Inseguire la bellezza là dove si nasconde. Non semplificare mai ciò che è complicato e non complicare ciò che è semplice. Rispettare la forza, mai il potere . Osservare e sforzarsi di capire e mai dimenticare”. ( John Berger – Arundathi Roy).

Tante volte ho dimenticato di benedire il pane, ora so che, dal fondo della mia incertezza, lo Spirito risponde sempre. Vedo i segni della sua presenza nel rosaio che si arrampica sul muro, nella luce che inonda le case, nel mare che ritorna puro dai detriti, in ogni dolore che finisce, nel gesto inatteso che consola, nei germi tenaci di bontà che sbocciano invisibili fra i sassi.

Non mi interessa sapere il tempo che mi resta per rendere utile la mia giornata terrena. Spero di capire in quale direzione impegnare la mia mente e le mie forze. Sollevare chi soffre, lottando per una società più giusta o riversare umilmente nei recinti delle solitudini ogni mia capacità di dono?

Credevo di poter gettare un seme nelle anime giovani, ma da questo sentiero mi sono sentito allontanare: i giovani, infatti, faticano ad accogliere la fragilità, come virtù, per costruire il cambiamento. Mi resta di capire se sono chiamato a scrivere, non per gioco vano o per tracciare un segno sulla sabbia del tempo, ma per dare testimonianza. Chiedo a Dio di aiutarmi a sopportare le ore sorde e minacciose per riaprirmi al battito d’azzurro.

Giuseppe, prete!


5/1/2015
SI PUÒ CAPIRE COSA È DIO?

“Che cosa è Dio?” domanda il bambino. La madre lo stringe fra le braccia e gli chiede: “Che cosa provi?” “Ti voglio bene”, risponde il bambino. “Ecco, Dio è questo”
(Krzysztof Kieslowski)

Commentare queste parole è come sporcarle, tanto sono illuminanti e vere. La Bibbia usa Il verbo “conoscere” per esaltare l’amore, l’intuizione che fiorisce dal cuore, dalla volontà, dalla passione, dal corpo stesso. In quell’abbraccio, di cui tutti abbiamo nostalgia, c’è una verità su Dio, unica. La scoperta di “Dio amore”, avviene, non tanto inerpicandosi su ardui sentieri speculativi, quanto piuttosto attraverso quel calore, quell’unione, quel fremito: in un abbraccio, in un’intimità, in un abbandono dolce a lui.


10/1/2015
L’INDIFFERENZA NON È IL PECCATO PIÙ GRANDE CONTRO L’UMANITÀ?

“Il peggior peccato verso i nostri simili non è odiarli, ma essere indifferenti!”
(George Bernard Shaw)

Un pensiero semplice, lapidario, un po’ paradossale. Anche odiare è un peccato grave, certamente, ma credo abbia ragione Bernard Shaw, autore ironico, nel ritenere ancora più inquietante e più malvagia l’indifferenza. Non è, forse, questo lo stile di vita, a cui ci stiamo assuefacendo. Ci lasciamo contaminare da un’indifferenza opprimente, da un’incrollabile muraglia di volgarità, da un’atmosfera di crisi che ricaccia gli animi nell’apatia o nella rassegnazione pessimistica o in una furiosa sete di antagonismo spietato e irrazionale. Conosciamo di più la miseria del mondo, abbiamo tante occasioni di confrontarci con gli altri, magari diversi da noi, ma restiamo impassibili e distaccati, apatici di fronte a chi cerca un rapporto di cura e di ascolto.

Il menefreghismo sembra il vessillo del nostro tempo, purtroppo a partire dai giovani, i quali dovrebbero essere i più convinti e magari i più frementi. Per questo vorrei ricordare loro quanto scriveva Anton Cechov, il grande scrittore russo. “L’indifferenza è la paralisi dell’anima, è una morte prematura”.


11/1/2015
IL VOSTRO SFOGO COLPISCE: MA CHE EDIFICA È IL VOSTRO SILENZIO CONSAPEVOLE.

“Chi ha qualcosa da dire si faccia avanti e taccia”
(Karl Kraus)

Scrisse proprio così Karl Kraus, disperato, di fronte all’orrore della Prima Guerra Mondiale, ma alla gente, allora, come oggi, non si è paralizzata la lingua. Al contrario, si sciolse, creando tutto attorno un assurdo chiacchierare e “commenti impalpabili”. Tacere per Kraus significava riprendere fiato, cercare le parole giuste, riflettere prima di esprimersi.

Amiche e amici cari, non credete sia giusto, di fronte a tali atrocità, riscoprire un consapevole silenzio, per parlare e scrivere quando un ripensamento ci abbia poi ridato luce e speranza e non odio e vendette? Dopo l’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre, Tiziano Terzani scriveva che: “l’orrore indicibile era appena cominciato, ma è ancora possibile fermarlo, facendo di questo momento una grande occasione di ripensamento”.

Anche oggi dopo i fatti di Parigi, lingue sciolte pronunciano parole concitate, che servono solo a risvegliare i nostri istinti più bassi, ad aizzare la bestia dell’odio che dorme in ognuno di noi ed a provocare quella cecità delle passioni che rende pensabile ogni misfatto e permette, a noi come ai nostri nemici, il suicidarsi e l’uccidere. Gandhi nel 1925 scriveva:
“Finché l’uomo non si metterà di sua volontà all’ultimo posto fra le altre creature sulla terra, non ci sarà per lui alcuna salvezza”.


17/1/2015
NON POSSIAMO MISURARE LO SPIRITO DI UNA COMUNITÀ NAZIONALE, NEPPURE I SUOI SUCCESSI, IN BASE ALL’INDICE DELLA BORSA O SUL PIL

«Il Pil comprende anche l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle sigarette, le ambulanze per sgomberare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine settimana. Il Pil mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Non comprende la bellezza della nostra poesia, la solidità dei nostri valori familiari o l’intelligenza dei nostri discorsi e dibattiti. Il Pil non misura la nostra arguzia, né il nostro coraggio, né la nostra saggezza, né la nostra conoscenza, né la nostra compassione , né la devozione al nostro paese. Misura, in breve, tutto, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta.»
(Robert Kennedy, 1968)

La riflessione di Robert Kennedy sembra cozzare con quanto dai telegiornali o dai dati quotidiani, pubblicati dai giornali viene detto e scritto. Per loro e per i famelici giornalisti, la scienza economica è assoluta, esatta inconfutabile (forse si è già seduta sull’orecchio di Dio per suggerirgli come dovrebbe essere guidato il mondo) e l’umano o l’intuizione creativa della sua intelligenza sono pretesti o puri incidenti, da cui difendersi. Dimenticando così che LA SCIENZA non è che la spiegazione di un miracolo che non riusciamo mai a spiegare e l’arte un’interpretazione di quel miracolo.
Vorrei concludere con un simpatico proverbio arabo: “Una tempesta di sabbia passa, ma le stelle rimangono”.


20/1/2015
LA GRATUITÀ DELLA POESIA!

“I giorni sono sempre più brevi
Le piogge cominceranno.
La mia porta, spalancata , ti ha atteso
Perché hai tardato tanto?…
Sul mio tavolo, dei peperoni verdi, del sale, del pane
Il vino che avevo conservato nella brocca
L’ho bevuto a metà, da solo, aspettando.
Perché hai tardato tanto?
Ma ecco sui rami maturi, profondi
Dei frutti carichi di miele.
Stavano per cadere senza essere colti
Se tu avessi ritardato ancora un poco…”
(Nazim Hikmet)
Quando il potere spinge l’uomo all’arroganza, la poesia gli ricorda i suoi limiti. Quando il potere restringe il campo dei suoi interessi, la poesia gli ricorda la ricchezza e diversità della sua esistenza. Quando il potere corrompe, la poesia purifica.”
(John Kennedy)

Ciò che rivela l’autentica grandezza di un vero statista è il suo respiro, il suo sguardo oltre i piccoli orizzonti. Personalmente attribuisco alla poesia un significato che ingloba tutti i valori dello spirito e dell’idealità. Una realtà relegata nel mondo dei sogni e della fantasia. La vera poesia scava nelle oscurità dell’anima e rivela la nostra miseria, il nostro limite, la morte fisica e interiore, diventando un antidoto alla arroganza e alla superficialità. Ci spinge verso l’infinito e ci mostra quanto grandi siano le nostre possibilità e quanto immenso sia il mistero che ci circonda e ci supera. Infine, essendo la poesia liberazione, purezza e sincerità, conduce oltre ogni corruzione ed inganno.


25/1/2015
COSA FACCIAMO CON TANTE SCIOCCHEZZE

Quante sciocchezze si scrivono! Quante sciocchezze si pensano! Cosa ce ne faremo di tutte queste sciocchezze? Mica possiamo semplicemente mandarle giù e dimenticare”.
(Elias Canetti)

Questo continuo ingurgitare stupidità, prima o poi si fa sentire. Le sciocchezze, come le volgarità, irradiano lentamente la nostra anima e la nostra mente e ci trasformano. Sta scritto anche nella Bibbia che chi adora l’idolo diventa simile ad esso, inerte, muto, altezzoso e sostanzialmente inutile. Dovremmo sentire la pena per chi in queste vanità ci crede e temere per come reagirà alla delusione.

Dietro ogni parola detta c’è un mondo taciuto. Ecco, è necessario scoprire che l’unica parola reale, creatrice, che può competere con la morte, è l’amore donativo, senza calcolo, senza compenso.

È il prodigio capace di dar vita alle cose vuote e dare grande valore a quelle piccole. Dovrebbe diventare l’unico desiderio, perché l’ascesi e l’esercizio morale sono elementi necessari, anche se sbeffeggiati dagli sciocchi. Il saggio sa sperare senza fretta: sa di non arrivare prima, mettendosi a correre.


30/1/2015
CORTESIA È UNA VIRTÙ O UN COMUNE GESTO GIORNALIERO?

“Noi uomini viviamo gli uni accanto agli altri, dentro uno spazio angusto in casa, in ufficio, in fabbrica, nei pubblici edifici, nella ressa delle strade e del traffico, in regioni sovraffollate. Le nostre vite si toccano continuamente. Nasce così di continuo il pericolo di attrito e dell’irritazione. Ogni persona ragionevole deve ricercare forme in cui si mitighi l’urto di sentimenti e di intenzioni contrastanti e ci si incontri, venendosi incontro. Ecco la cortesia: fatto giornaliero ma quanto importante nella totalità dell’esistente!”
(Romano Guardini)

La vita moderna ci costringe sempre più a ‘con/vivere’ e questa vicinanza, anziché generare comunione e solidarietà produce frizione, tensione, irritazione, sguaiatezza. Il più delle volte si tratta di piccole cose eppure esse sono indizio di una barbarie spirituale che avanza. Gesti volgari, prevaricazioni sui deboli, maleducazione sistematica sono tutti indizi di una malattia sottile che colpisce l’intero corpo della società e che deve essere curata proprio col ritorno alle virtù piccole e semplici. Papa Giovanni XXIII diceva che “La cortesia è un ramo dell’albero dell’amore”.


7/2/2015
NOSTALGIA O NOSTALGIE?

“Per me… più del possesso delle cose .. contava la memoria di esse. Era il nostro vizio, quello di andare avanti con la testa sempre voltata all’indietro.”
(Giorgio Bassani)

Si potrebbe dire che la nostalgia ricade in due tipologie: quella del passato che abbiamo vissuto e quella del passato che avremmo potuto vivere. La citazione di Bassani, esprime, a sua volta, un’attitudine non solo ebraica, ma universale, che è quella della memoria, la quale abbellisce il passato, lo vagheggia, lo ripropone come esemplare, riducendo così il desiderio della trasformazione, tarpando le ali alla speranza, bloccando ogni conversione, rifiutando ogni novità.

La nostalgia, però, è anche una forza potente, e proprio per questo può diventare pericolosa, un alimento delle più folli e reazionarie passioni. Un esempio sono i giovani “nostalgici” del terzo Reich. Costoro ne hanno un’immagine riflessa da altri; per ciò, quel passato è per loro più facile da rivendicare e da ricostruire. Nostalgia o il colmo della malafede?

Purtroppo nel momento in cui la nostalgia si ancora nel tempo, opera una selezione feroce, servendosi dell’oblio, arma affilata ed efficace, che incide lo spessore dei ricordi e inventa un passato mai esistito.


14 febbraio 2015
SAN VALENTINO

In occasione della festa di SAN VALENTINO, ricorrenza cara non solo ai fidanzati, ma a ciascuno che incontri l’amore, ho trovato questa splendida riflessione di Rainer M. Rilke che penso possa piacervi e aiutarci.
“Questo è il paradosso dell’amore fra l’uomo e la donna: due infiniti si incontrano in due limiti, due bisogni infiniti di essere amati si incontrano con due fragili e limitate capacità di amare. E solo nell’orizzonte dell’amore più grande non si consumano nella pretesa e non si rassegnano, ma camminano insieme verso una pienezza della quale l’altro è segno”. (RAINER MARIA RILKE)


15/2/2015
FERMEZZA E DELICATEZZA

“La carità non comincia da casa propria, ma dal primo punto in cui si manifesta l’infelicità. La carità non consiste nel consegnare alla polizia il dolore e la solitudine. La carità è fatta di smeriglio da una parte e di ovatta dall’altra.”
(Bruce Marshall – da ” Ad ogni uomo un soldo”)

Dalla riflessione dello scrittore scozzese si deducono alcune considerazioni. La prima è il luogo dove abita la carità, che è l’infelicità. Si scopre andando per strada e incontrando persone segnate dal dolore e dal male e non restando comodamente sistemati nel proprio appartamento, riscaldato. La seconda è scoprire che la carità ci costringe a sporcarci le mani. Non basta fare il 118 e chiamare la polizia o l’assistenza sociale, ma prendersi cura dell’altro con una dolcezza affettuosa. La terza ci porta a capire che la carità non è commuoversi o compiere una filantropia vaga, ma esige fermezza e delicatezza. Cioè ognuno dà secondo le proprie possibilità, e dona a ciascuno secondo le proprie necessità. Non potrà mai esistere una società di esseri umani, se non possediamo tutti questo principio umano dell’economia. Se gli esseri umani non si riconoscono reciprocamente l’uguale valore essenziale del diritto a una vita decente, non sono umani.

Se il pacifismo è la paura di morire, la non violenza è la paura di uccidere e si e si sa che si uccide anche con le ingiustizie di un sistema violento di cui siamo parte, se non combattiamo per cambiarlo.


19/2/2015
È POSSIBILE UNA VALIDA RIABILITAZIONE?

“Ho chiesto a Dio forza per trionfare, Egli mi ha dato fiacchezza, perché apprenda a ubbidire con umiltà. Avevo chiesto salute per realizzare grandi imprese, mi ha dato infermità, perché faccia cose semplici. Ho desiderato la ricchezza per ottenere prosperità, mi ha dato povertà, perché acquistassi saggezza. Ho desiderato il potere per essere apprezzato dagli uomini, mi ha concesso debolezza, perché desiderassi solo lui. Ho chiesto un compagno per non vivere da solo, mi ha dato un cuore, perché fossi capace di amare tutti i fratelli.”
(Parole scritte da un atleta, costretto in una carrozzina da una grave malattia).

La riabilitazione fisica passa attraverso la paziente ricostruzione dell’architettura mirabile che è il corpo umano. Credo, però, che sia soprattutto riedificare la relazione con se stessi e con gli altri, la relazione con la speranza e la preziosità di ogni vita che è sempre una gloriosa sede della presenza di una traccia di Dio. A proposito il testo che ho citato sopra concludeva: “Non ho niente di quello che ho chiesto a Dio, ho, però, ricevuto tutto ciò che avevo sperato”.


24/2/2015
L’AMICIZIA E LA SOLITUDINE

“L’amicizia è solitudine senza l’angoscia della solitudine”
(Anonimo)

La solitudine è negativa e positiva. È negativa se è bavaglio, asfissia, costrizione per i limiti della comunicabilità. È non poter dire, non trova ascolto, non parlare a nessuno, non comunicare, essere sradicati dall’umanità. Questa solitudine che mutila la vita, che fa soffrire, è la massima pena umana. È positiva se è ricchezza, riserva, futuro. È ciò che resta sempre, non si consuma.

La citazione di un “anonimo”, che ho riportato sopra, è molto bella. Essere ascoltati, infatti, non significa avere un uditorio come piedistallo di un parlare narcisista, ma trovare una parola altra, incontrare corrispondenza, ricevere comunicazione in scambio, non essere più nel vuoto di umanità, riconoscere una “carne della mia carne”, senza che sia mai totalmente mia, né io possa abbandonarmi ad essa senza residui. La solitudine trascende l’immediatezza del corpo e dimostra che c’è l’anima. L’amore è una cosa imperfetta ed è una grandissima cosa.


27/2/2015
LA FORZA PIÙ GRANDE!

“Senza parole, piangendo assieme, ci siamo abbracciati e perdonati. Sono queste le lacrime di cui si chiede il dono in una antica preghiera, imparata da bambino”
(don Piero Battistini)

Le parole della citazione riportata qui sopra, mi hanno risvegliato ad una memoria edificante. Ho conosciuto nella fanciullezza un uomo buono e giusto, che abitava in un piccolo borgo della mia valle. Una volta che il vicino l’aveva offeso gravemente disse: “Poveretto, non ha potuto imparare a non offendere il prossimo”. Se riceveva uno sgarbo o un dispiacere, diceva: “Poverino, non riesce ad essere gentile”. Non fu proclamato santo, anzitutto perché era uno sconosciuto, e poi perché carità, misericordia e perdono, che sono più grandi di tutti i miracoli, come disse Gesù (Giov. 14, 12), non sono considerati sufficienti ad essere chiamati santi.

Essere sereni non significa non aver guai e non soffrire. Vuol dire saper spingere il cuore oltre i guai e le sofferenze, trovare o intravedere un senso positivo a tali negatività.


7/3/2015
GIORNATA (in attesa della Festa) DELLA DONNA

“Fragile, opulenta donna, matrice del paradiso, sei un granello di colpa anche agli occhi di Dio, malgrado le tue sante guerre per l’emancipazione.
Spaccarono la tua bellezza e rimane uno scheletro d’amore, che però grida ancora vendetta e soltanto tu riesci ancora a piangere, poi ti volgi e vedi ancora i tuoi figli, poi ti volti e non sai ancora dire e taci meravigliata e allora diventi grande come la terra e innalzi il tuo canto d’amore”.
(Alda Merini)
“I greci amarono troppo la guerra. Per loro colpa l’amore diventò maschile e la donna una statua di pietra: e dal mondo fuggì la felicità”.
(W. Blake)

Già da allora, la femminilità restò definitivamente separata dalla divinità e i maschi si impadronirono della storia. Alle nozze di Cana, Maria, sempre silenziosa, accogliente, quasi defilata, questa volta chiama Gesù: “Non hanno più vino”. Non sembra una necessità. Il banchetto potrà andare avanti. Senza il vino, però, non c’è gioia, non c’è canto, la festa rischia di ripiegarsi su se stessa. Maria, espressione massima del “femminile” interviene dove la vita scopre un vuoto, dove abita una tristezza, una sofferenza, un errore. Il suo amore è gratuito, il suo canto accarezza tutte le creature, la sua misericordia apre la speranza. La presenza della donna è un soffio leggero che si posa sulla terra e al trasforma. E’ il soffio dello Spirito santo, che alita sulle cose e le fa fiorire.

La mia umanità non si realizza se non esprimo la parte femminile che è in me, se non accolgo il femminile che vive nelle donne che incontro. Mi scopro spesso a guardare con occhi affascinati e puliti quell’universo che contiene la mia terra incolta, la mia umanità mancante. Devo curare la mia rigidità, la mia intransigenza, la mia chiusura nel guscio di una introspezione mai domata.
Giuseppe, prete.


18/3/2015
CHE COSA È CHE FA LA QUALITÀ DELLA NOSTRA VITA?

“La maggior parte dei conflitti che ci angustiano fa pensare alla lotta fra due calvi per un pettine”.
(Jorge Luis Borges)

Certamente la dimensione della relazione è quella che ci tiene in vita: ciò implica vigilare sulle scelte che facciamo, e conoscere profondamente le persone con le quali le condividiamo. Serve capire l’onestà o l’ipocrisia con le quali ci mettiamo in gioco: noi e gli altri. Si è sempre un due in una relazione: affettiva, professionale, educativa. Occorre allora convincerci di essere una parte e non il tutto: di non avere la verità ma un pezzo della strada per potercela fare. Anche quando l’altro/altra non ha proprio voglia di mettersi in gioco. Proviamoci a capire come rendere una cosa rara (una relazione che funziona) preziosa. Un percorso di coppia, di gruppo che presuppone sempre che uno faccia il primo passo. Infine renderci conto che il saggio sa sperare senza fretta, perché sa di non arrivare prima mettendosi a correre.


1/4/2015
LA PASQUA E IL SOGNO DI LIBERAZIONE

“Io ho un sogno – dice Dio – Per favore , aiutatemi a realizzarlo”.
È il sogno di un mondo in cui brutture, squallore, povertà, guerra, ostilità, bramosia, concorrenza sfrenata, alienazione e disaccordo si tramuteranno nel loro glorioso contrario; un mondo in cui ci saranno più letizia, gioia e pace; un mondo in cui ci saranno giustizia, bontà, compassione, amore affetto e partecipazione. Sogno che il leone giacerà di nuovo con l’agnello, le spade si trasformeranno in vomeri e le lance in falci; che i miei figli sapranno di essere membri di una famiglia sola: la famiglia umana, la famiglia di Dio, la mia famiglia”.
(Vescovo anglicano Desmond Tutu)

Chiedo per me e per tutti voi, il dono dell’ostinazione, che ci aiuti a scacciare dal nostro vivere i semi di rassegnazione, depositati nel nostro animo. Vorrei che il sogno di Dio diventasse anche il nostro, alimentandolo con la nostra fragile umanità, mettendoci in gioco, aprendo i “sepolcri” delle nostre speranze, sciogliendo i lacci delle nostre chiusure. Vorrei consegnare il sogno di Dio a tutte le periferie del mondo, con la gente che vi abita e grazie alla quale ho imparato a restare umano e vivente. Percorrendo il cammino di liberazione con ostinata speranza.


3/4/2015
LA PASSIONE E LE NOSTRE MANI

“La passione di Gesù è una storia di povere mani, che denudano, inchiodano, giocano a dadi, spaccano il cuore. Ci sono pure le nostre mani: mani che contano volentieri il denaro, mani che legano le mani agli umili, mani che applaudono le prepotenze dei violenti, mani che spogliano i poveri, mani che inchiodano perché nessuno contenda il nostro privilegio, mani che invano cercano di lavare le proprie viltà, mani che scrivono contro la verità, mani che trapassano i cuori”.
(don Primo Mazzolari)

Con una fremente passione interiore, cerchiamo di avere alcune «faticate, irrinunciabili chiarezze». Non certezze, ma chiarezze. Chiarezze miti, mobili come la vita, vive di quel dubbio che ricerca e non distrugge, non abbandona; chiarezze irrinunciabili come la luce. E’ gravissimo autismo irridere le religioni. La morale è vivere con e per gli altri, perché così viviamo anche per noi. Questi fremiti dell’anima sono anche i sacramenti veri e buoni di tutte le religioni e, per questo, dovremmo costruire assieme un bene mite. Non chiedetemi di de-finirlo. che sarebbe come stringere in pugno i petali di un fiore o le ali di una farfalla. Noi non siamo senza verità, non rinunciamo alla verità, perché la verità non è quella là, rocciosa, poco ospitale, ricca di nemici e prodiga di condanne, ma è la buona relazione umana. Quella di cui Gesù ha detto:”E’ più felice chi ama, di chi è amato”. Chiedetemi però di cercarla, questa verità che è il bene, insieme a voi, e cercarla vuol dire viverla insieme a voi, e raccontarla sulle strade, la verità
mite della vita, quella che non tradisce.
Giuseppe, prete.


4/4/2015
LA PASQUA: CIÒ CHE MI SPAVENTA

«Quando sono venuti a prendere i comunisti sono rimasto in silenzio perché non ero comunista.Quando sono venuti a prendere gli ebrei sono rimasto in silenzio perché non ero ebreo.Quando sono venuti a prendere gli omosessuali sono rimasto in silenzio perché non ero omosessuale. Quando sono venuti a prendere gli zingari sono rimasto in silenzio perché non ero zingaro. Quando sono venuti a prendere me non c’era più nessuno che potesse difendermi.»
(Martin Niemöller)

Il peso della solidarietà e dell’unione, come esplicita Niemòller, è evidente. Fuggite, perciò, gli uomini vecchi, che pretendono di sapere ciò che ignorano. Circondatevi di uomini e donne giovani, che hanno ancora qualcosa da vedere e da afferrare, ancora qualcosa da cercare. Preferite uomini incompiuti, che ogni giorno recuperano le essenzialità di se stessi perché qualsiasi creatura umana ha sempre bisogno di se stessa. Siate uomini e donne che coltivano desideri, che formano nuove domande, che vivono pensieri creativi e gioiosi. Infine siate come giardini o come musica sopra le acque, al momento della sera, quando il giorno già diventa ricordo. Mi spaventa la Chiesa del primo mondo quando pensa che può essere fedele al suo Signore senza mettere la giustizia del Regno al di sopra di tutto. Quando non grida di aprire le porte allo straniero e all’orfano. Quando non piange per gli esclusi. Quando non ammonisce a dare ai poveri metà dei beni e restituire, come ha fatto Zaccheo, il quadruplo di quanto ha frodato.
Giuseppe, prete.


14/4/2015
IL VICINO DI CASA

“Coloro che trovano tutto a posto, che placidamente si svegliano, mangiano, ruminano, s’addormentano, saranno degli ottimi funzionari, mai degli apostoli.”
(Primo Mazzolari)
“Io amo l’umanità…. è la gente che non sopporto”
(Snoopy)

Quante parole nobili affiorano, senza fatica, quando proclamiamo principi, ma quanta meschinità e grettezza dominano poi il nostro agire concreto. Don Primo Mazzolari, nella citazione sopra riportata faceva un appunto ironico e garbato alla nostra ipocrisia, infatti tutti siamo in grado di affermare e di amare l’umanità, ma, poi, quanta fatica facciamo ad accettare e a pazientare con l’uomo o con la donna della porta accanto. E’ sul pianerottolo del condominio, che si verifica l’autenticità di uno spirito generoso o almeno la cortesia e il rispetto nei confronti del vicino. Magari renderci cordialmente attenti e ben disposti con chi abbiamo accanto, in ufficio, o nel reparto in fabbrica, tutto il giorno.


18/4/2015
CORPO D’AMORE

Più che leggerla dovreste sforzarvi di ascoltarla, di sentirla questa donna che con le sue parole vi fa vibrare il cuore e cantare l’anima.

Io che sono vicina alla morte, io che sono lontana dalla morte, io che ho trovato un solco di fiori che ho chiamato vita perché mi ha sorpreso, enormemente sorpreso che da una riva all’altra di disperazione e passione ci fosse un uomo chiamato Gesù. Io che l’ho seguito senza mai parlare e sono diventata una discepola dell’attesa del pianto, io ti posso parlare di lui.

Io lo conosco: ha riempito le mie notti con frastuoni orrendi, ha accarezzato le mie viscere, imbiancato i miei capelli per lo stupore. Mi ha resa giovane e vecchia a seconda delle stagioni, mi ha fatta fiorire e morire un’infinità di volte.

Ma io so che mi ama e ti dirò, anche se tu non credi, che si preannuncia sempre con una grande frescura in tutte le membra come se tu ricominciassi a vivere e vedessi il mondo per la prima volta. E questa è la fede, e questo è Lui, che ti cerca per ogni dove anche quando tu ti nascondi per non farti vedere. (Alda Merini)


19/4/2015
AMORE – SESSO – EROS

«L’amore carnale è la materia di un sacramento e provo per esso il medesimo rispetto che ho per il pane non consacrato, materia di un sacramento. La divisione dell’amore in carnale e spirituale, è molto discutibile. Non ci dovrebbe mai essere un amore puramente carnale, né un amore puramente spirituale. Ognuno di esso contiene sempre qualcosa d’altro. Non siamo puro spirito, né pura materia e certamente gli angeli ci invidiano la perpetua fusione dei due elementi.»
(Heinrich Bòll)

Credo e spero che sia chiaro a tutti che la frigidità umana, la durezza e l’aridità, l’insensibilità e la rigidità non sono virtù, né espressione di un’autentica ascesi. Il matrimonio cristiano ha, infatti, alla sua radice un’esperienza globale. Parte certamente dalla sessualità e dall’aspetto fisico, visti come doni divini e cantati nelle stesse pagine della Bibbia, ma gli uomini e le donne sono capaci di trasfigurare il sesso nell’eros, che è scoperta della bellezza e del fascino. C’è, inoltre, un’altra tappa decisiva che è prettamente “spirituale”, quella dell’amore che è totalità di donazione. Sesso, eros e amore dissociati offendono la persona, mentre sesso, eros e amore uniti costituiscono l’armonia della creatura umana.


25/4/2015
UGUAGLIANZA O DISEGUAGLIANZA?

“Il massimo della diseguaglianza è fare parti uguali tra diseguali”
(Lorenzo Milani)

L’uguaglianza per tutte le società moderne è segno di civiltà, di dignità, di rispetto, dovuto a ogni persona. Tuttavia occorre fare attenzione a non trasformarlo in un idolo, o in un dogma assoluto. E’ ciò che ci vuol ricordare don Lorenzo Milani, con l’acutezza che sempre lo distingue nel cogliere la verità della vita autentica. La stessa imparzialità assoluta del giudice non può essere una norma intangibile, tanto è vero che si riconoscono attenuanti per chi ruba per fame, mentre vengono (o dovrebbero essere) negate a chi ruba per arricchirsi.

Lo stesso Dio nella Bibbia è celebrato come giudice supremo eppure in moltissimi passi è presentato come difensore della vedova, dell’orfano, del povero e dello straniero. Oggi, carissimi, io abdico. Mi sento come sommerso da tante parole già dette, scritte, sentite, che risuonano vane, vuote, vacue. Sappiamo tutti che i flussi migratori non si fermano e non si fermeranno mai. Spero vi sia noto che ogni anno nel pianeta terra emigrano circa 250 milioni di persone ( 35 milioni nella sola Cina). Qui da noi è nata questa gara di stolti che cercano di convincere l’opinione pubblica a fissare il dito, mentre da tempo c’è chi indica la luna. Perdita di risorse? Altri interessi (quelli dell’Europa) ? Si può o si deve tener conto delle persone?


2/5/2015
QUELLA VIRTÙ SEMPLICEMENTE UMANA

“La capacità di ridere di se stessi è il più significativo antidoto contro le tendenze narcisistiche che caratterizzano in maniera sempre più rappresentativa la nostra epoca”.
(Paola Versari)

L’umorismo è la cifra segreta di una dote: l’auto distanziamento. Quella virtù umana, che si risolve nella capacità di creare uno spazio, di porre una distanza,allontanandosi dal sé. Ridere di sé significa semplicemente riconoscere e accettare il proprio limite, qualsiasi sia la sua natura. L’autoironia è una vera e propria forma di pietas.

Ridere di sé significa “essere umili”. Chi ride di sé è certamente una persona umile, nel senso che è ancorato alla terra, alla concretezza, al riconoscimento dei suoi propri limiti. L’umorismo inoltre ha un’altra valenza, quasi catartica: sa trasformare l’uomo

“ridens”

in uomo

“patiens”,

l’uomo, cioè, che ride nell’individuo capace di reggere all’urto della sofferenza. Un’occasione di trasformare, in un esercizio di libertà interiore, la sofferenza in amore.


9/5/2015
ATTENZIONE ALL’ELEMOSINA!

L’elemosina non è quella che facciamo noi, quella che intendiamo noi, no! L’elemosina, è amore che trabocca. È come un vaso pieno il cui contenuto si riversa. L’elemosina è la partecipazione misericordiosa alla condizione dell’altro. Solo in questa maniera, entri nella sfera di Dio, perché Dio è l’esser per l’altro”.
(David Maria Turoldo)

Sono riflessioni, quelle di p. Davide Turoldo, acute, e anche se in forma poetica, descrivono bene il rapporto d’amore genuino con l’altro. L’amore è proprio ricevere l’altro come un dono libero. E’ la reciprocità nella comunione che rende l’uno tutto dell’altro e viceversa. Non entro in contatto con l’altro per possederlo o sfruttarlo, ma per accogliere e farmi accogliere. Personalmente non ho nessuna idea di dove sto andando, per questo non vedo la strada che mi sta davanti. Non posso sapere con certezza dove andrò a finire e non conosco neppure me stesso e il fatto che io pensi di seguire, a volte, la volontà di Dio, non significa che lo stia davvero facendo. Sono però convinto che in realtà a Dio piaccia il mio desiderio di piacer Gli. So che, se agirò così, la sua volontà mi condurrà per la giusta via, quantunque io possa non capirci nulla.


17/5/2015
RITORNO DAL VIAGGIO IN LOMBARDIA

Sono tornato ieri sera dal tour de force in Lombardia. Stanco ma felice. A Milano, posso dirlo? è stato tutto magnifico! Un afflato grande e una commozione che mi ha fatto gemere.
Grande lo smarrimento che ho generato in chiusura. Volendo attaccare e criticare il silenzio dei cattolici, che sottovalutano i danni morali ed educativi del linguaggio distruttivo, prepotente, arrogante, ma soprattutto di esasperato individualismo del leghismo antagonista di Salvini, ho rischiato, invece, di confondere il processo educativo collettivo con le parzialità degli schieramenti.
Non volevo, amici presenti, fare una critica ad un movimento politico, non era il momento e non è neppure di mia competenza o il mio compito, ma era una sofferenza che sentivo di dover condividere, per non rischiare di confondere il messaggio di Gesù con la perversione (non trovo un termine diverso) delle ideologie del perbenismo e della piatta contrapposizione.
Se volete cercare la luce, in ogni vita trovate anche l’ombra. Ma voi cercate la luce. Un’ombra è sempre e solo un inciampo di una luce.
Giuseppe – prete


19/5/2015
VIAGGIARE IN DIREZIONE OPPOSTA E CONTRARIA

«Un popolo che elegge corrotti, impostori, ladri e traditori non è vittima. È colpevole.»
(George Orwell)
«Sembra di vivere in una “normalità” sociale e culturale ipocrita e feroce, per cui i poveri, i mendicanti, i lavavetri, gli stranieri, i rom, le prostitute, gli “irregolari” di qualsiasi specie, vanno perseguitati»
(Roberto Mancini)

Questa “normalità” non combatte la povertà, ma combatte i poveri. Non combatte la marginalità, ma gli emarginati. Un opportunismo viscerale sembra essere l’elemento costitutivo della nostra società. Una società senza amore che non è in grado di offrire radici alla politica come arte collettiva di tessere una convivenza giusta per tutti, è una società ipocrita e senza storia.

Il mediterraneo è sempre stato un luogo di contatto, di scambio solidale, di tolleranza, a differenza della cultura anglosassone,che ha, da sempre mirato alla meritocrazia, alla competizione. Se l’Europa si chiude nel suo cuore settentrionale, uccide una parte di se stessa.


23/5/2015
LA CULTURA E IL SUO DEGRADO?

«La diffusione della cultura è certamente un dato positivo, non, però, al prezzo della banalizzazione, della semplificazione e della frivolezza.»
(Mario Vargas Llosa)

Nel dibattito, oggi in atto, che sta dividendo l’opinione pubblica, gli stessi docenti e gli studenti, sempre in nome della democrazia, direi che occorre evitare semplificazioni e soprattutto il rischio che la cultura diventi una democratizzazione al ribasso. Ciò darebbe origine a un degrado della stessa cultura. Quindi le università, i “centri studi”o i “centri di ricerca”, devono essere aperti a tutti per dare a ciascuno la possibilità di crescere, però, mai dovrebbero abbassare la qualità del sapere che offrono. Se ciò dovesse accadere la cultura diventerebbe una caricatura. Altro dubbo che viene riproposto: la secolarizzazione ha contribuito ad indebolire la cultura? La secolarizzazione è necessaria dal punto di vista politico, perché lo Stato non può essere prigioniero della religione, ma anche una società laica ha bisogno di una intensa vita spirituale. Noi l’abbiamo accantonata, senza sostituirla con una cultura laica di livello adeguato. Così abbiamo perso i valori, l’etica che veniva dalla religiosità. Il risultato? È la corruzione, che ormai permea tutta la nostra vita pubblica.


26/5/2015
PENTECOSTE – PERCHÉ È UNA GRANDE FESTA – MA INSIEME – È PURE UNA FESTA TANTO DIFFICILE?

Credo sia una festa difficile, non solo perché lo Spirito Santo per molti battezzati è sconosciuto, ma soprattutto perché provoca la persona umana a liberarsi dai suoi complessi. I più comuni, penso, siano tre:

1) Il complesso dell’ostrica. Siamo troppo attaccati allo scoglio. Alle nostre sicurezze. Alle lusinghe gratificanti del passato. Ci piace la tana. Ci attira l’intimità del nido. Ci terrorizza l’idea di rompere gli ormeggi, di avventurarci sul mare aperto.

2) Il complesso dell’una tantum. È difficile per noi rimanere sulla corda, camminare sui cornicioni, sottoporci alla conversione permanente. Amiamo pagare una volta per tutte. Preferiamo correre soltanto per un tratto di strada.

3) Il complesso della serialità. Amiamo le cose costruite in serie. Gli uomini fatti in serie. I gesti promossi in serie. Viviamo l’esasperazione dello schema, l’asfissia dell’etichetta. (Libera elaborazione da un pensiero Don Tonino Bello).


2/6/2015
AMICHE E AMICI SUGLI AVVENIMENTI DELL’ULTIMA DOMENICA

«Capisco il bacio al lebbroso, ma non la stretta di mano all’imbecille.»
(Pittigrilli)

Tre piccole considerazioni.

La prima. Per voi, che avete partecipato alla festa di Macondo, vi ringrazio di cuore per il momento di felicità vissuto assieme. Vorrei tanto, parlando con ironia, che non restasse un ricordo. Perché il ricordo è la cosa che più assomiglia all’esperienza, ma è anche l’unica cosa che la impedisca.

La seconda. A proposito della commozione che alla fine della Messa mi ha strozzato la voce, impedendomi di parlare. Potrei aiutarvi a trovare una risposta, dicendovi che è solo cadendo, che si possono conoscere i propri limiti. Chi non cade o non si commuove in pubblico, non è perché sa stare in piedi, ma è perché non ha ancora raggiunto il suo limite.

Terza considerazione. A proposito della sproporzionata vittoria della Lega nel “mio” Veneto, mi è tornato in mente un pensiero, sempre sagace, di Ennio Flaiano: “Quando l’uomo non ha più freddo, fame e paura, è scontento”.


9/6/2015
IL POPOLO ITALIANO E L’ARTE DI IMPROVVISARE

“In Italia nulla è stabile, tranne l’improvvisazione”
(Giuseppe Prezzolini)

Il sarcasmo sugli italiani, all’estero, è diventato un luogo comune, ma in questo esercizio si sono impegnati, anche alcuni nostri scrittori e giornalisti, con uno spirito ironico, altrettanto feroce. Sta di fatto che l’eccezione, l’esenzione, la deroga, la precarietà, paradossalmente, pare essere, la regola che governa l’Italia, sia a livello collettivo, sia personale. La scelta del compromesso, del sotterfugio, dell’elusione di ogni norma, ci conduce all’assurdo di coniare una massa enorme di leggi, destinate ad essere violate. Siamo un paese, dove brilla, in natura, il sole, ma l’animo popolare sembra più spesso avvolto dalla nebbia, nelle scelte sociali. Eppure occorre smuovere questo aspetto della cultura collettiva del popolo italiano per arrivare, senza se e senza ma, che non impegnarsi nell’agorà politica, è da considerarsi ” grave omissione di soccorso”.


DOMENICA 21 GIUGNO 2015

Per 50° anniversario della mia ordinazione sacerdotale, avvenuta nel giugno del 1965, gli amici Gaetano e Stefano di Macondo, hanno deciso di celebrare una solenne Eucarestia con la Comunità, in quella Chiesa che fu, per me, un luogo dato alla partecipazione, alla comunione, alla complicità della mia infanzia, e dove le parole del profeta Geremia cominciarono a scorrere, sentirle, rivolte direttamente a me: “Prima che ti formassi e uscissi dall’utero, ti ho conosciuto e santificato e ti ho stabilito profeta. Ti manderò ad annunziare quanto ti ordinerò. Pongo le mie parole sulla tua bocca per sradicare e demolire, edificare e piantare».

Mi sono ribellato, ho cercato di scappare, spaventato, di fuggire e protestare al comando di Dio, di buttarmi in altri spazi meno misteriosi… non mi sentivo di rispondere alla Sua voce, volevo restare figlio di questa terra e della mia valle. Dio mi ha preso per i capelli, dicendomi: “Vigilo su di te, per realizzare la mia Parola”. Vi invito, chi può, Domenica 21 giugno 2015 alle ore 10:30 a cantare con me l’Ave Verum di Mozart, (poesia del mondo, che rivela il donarsi di Dio) e gridare con me la gioia del cuore: “Dio hai vinto! proprio perché sei il Dio dei Deboli.”

Vi aspetto all’Eucarestia e all’aperitivo presso il Centro Parrocchiale di Pove del Grappa. Vi abbraccio con affetto e tenerezza,
Giuseppe – Prete


17/6/2015
NELLE VORAGINI DELL’ANIMA

“L’umiltà è la più grande forza che possa esistere al mondo”
(F. Dostoevskij)

Giuseppe, cosa sta succedendo in Italia e in Europa, nei confronti degli immigrati che sbarcano? – mi chiede con visibile sofferenza, Carmelo, medico e psichiatra di Padova – Stiamo vivendo giorni cattivi, in cui scopriamo la forza inutile degli umili! Caro Carmelo. Questo sarebbe il frutto del progresso della Civiltà Europea? L’Europa e l’Italia si stanno sporcando del peggior marchio da parte dell’umanità: quello di Caino. L’individualismo radicale è l’anticamera della dittattura, non sarà forse questo l’obiettivo nascosto dell’attuale sistema sociale e politico? Le nostre città sono scoppiate. Parafrasando Dostoevskij, siamo diventati nulla: né cattivi, né buoni, né furfanti, né onesti, né eroi e neppure degli insetti. Vegetiamo nel nostro cantuccio, pauorosi che venga insidiato il nostro piccolo benessere?

Una società, la nostra, sconquassata, malata e demoralizzata, cinica e atea, ma infinitamente assetata di una qualche idea direttiva. Forse va scomposta lentamente alle basi, nutrita com’è da una sete di appagamento e dal rovello incessante dei bisogni. Incremento dei bisogni che provoca nei ricchi la solitudine e il suicidio morale, nei poveri l’invidia e l’omicidio, perché i diritti sono stati concessi ma i mezzi per appagare i propri bisogni non sono stati ancora indicati.


20/6/2015
Sì! SONO PRETE! DA 50 ANNI

I motivi per cui sono felice di essere prete? Che dà più forza sentirsi amati, che sentirsi forti! Che “Quando incontri uno sconosciuto, non aver paura, potrebbe essere un angelo”. E che “L’umiltà è la più grande forza che possa esistere al mondo”. (F. Dostoevskij). Ritengo la melodia del “Ave Verum” di Mozart, una poesia del mondo, che rivela il donarsi di Dio!


29 giugno 2015
I PICCOLI INTERESSI E LE GRANDI VIRTÙ!

“Le grandi virtù? Non è il risparmio, ma la generosità e l’indifferenza verso il denaro. Non è la prudenza, ma il coraggio e lo sprezzo del pericolo. Non è l’astuzia, ma la schiettezza e l’amore alla verità. Non è la diplomazia, ma l’amore per il prossimo e l’abnegazione. Non è il desiderio del successo, ma il desiderio di essere e di sapere”.
( Natalia Ginzburg)

Sono tempi duri, i nostri, perché viviamo schiacciati dalla più grande malattia sociale che è l’indifferenza, in cui ci si adatta sempre al minimo, a partire dalla scuola, per continuare nell’impegno sociale e politico, correndo il rischio di cadere nel vuoto o nel nulla. Siamo tutti attratti da desideri immediati che ci impediscono di guardare a desideri più grandi. Non c’è speranza se non c’è l’ansia di uscire dai confini immediati e angusti del nostro “io”!
Gesù, in questo, era un vero estremista: “Siate perfetti, come è perfetto il Padre vostro celeste” (Mt. 6,48)


4/7/2015
PERCHÉ COSTRUIRE MURAGLIE E MURI?

«Chiudere le porte non garantisce la sicurezza, lo dimostra la storia. L’unico modo per accrescere la sicurezza è creare spazi aperti, nei quali tutti possano dialogare e sentirsi partecipi»
(Zygmunt Bauman)

L’illusione delle nostre porte blindate, simbolo del nostro vivere quotidiano, è evidente: oggi abbiamo più paura di ieri. La Grande Muraglia non ha reso inviolabile la Cina, così accadde al Vallo di Adriano e al Muro di Berlino, accadrà in futuro al muro israeliano in Cisgiordania. Certamente lo spazio aperto del dialogo e del confronto è più rischioso, ma è l’orizzonte più adatto ad essere umani e non bestie feroci, che hanno bisogno di serragli. Noi pure siamo diversi rispetto ad altri. Siamo anche noi aggressivi, abbiamo identità a cui non dobbiamo rinunciare, per non rischiare di cadere in un letargo di indifferenza. Eppure siamo partecipi tutti dello stesso mondo, quello dell’essere umani’. Dovremmo dedicarci, prima di tutto, alla riscoperta di questa identità comune, figli dello stesso Creatore e quindi radicalmente fratelli.


9 luglio 2015

Amiche e Amici, la Grecia non è solo Corruzione, Amministrazione Pubblica inefficiente o Banche e Finanza, cialtroni o irresponsabili politici. È e resta sempre anche terra fertile e liricamente capace di generare persone come questo poeta: KRITON ATHANASULIS.

“Testamento”
Non voglio che tu sia lo zimbello del mondo.
Ti lascio il sole che lasciò mio padre a me.
Le stelle brilleranno uguali e uguali ti indurranno le notti a dolce sonno.
Il mare t’empirà di sogni. Ti lascio il mio sorriso amareggiato: fanne scialo
ma non tradirmi. Il mondo è povero oggi. S’è tanto insanguinato questo mondo
ed è rimasto povero. Diventa ricco tu guadagnando l’amore del mondo.
Ti lascio la mia lotta incompiuta e l’arma con la canna arroventata.
Non l’appendere al muro. Il mondo ne ha bisogno.
Ti lascio il mio cordoglio. Tanta pena vinta nelle battaglie del mio tempo.
E ricorda. Quest’ordine ti lascio.
Ricordare vuol dire non morire.
Non dire mai che sono stato indegno, che disperazione mi ha portato avanti e son rimasto indietro, al di qua della trincea.
Ho gridato, gridato mille volte no, ma soffiava un gran vento e pioggia e grandine hanno sepolto la mia voce.
Ti lascio la mia storia vergata con la mano d’una qualche speranza. A te finirla.
Ti lascio i simulacri degli eroi con le mani mozzate, ragazzi che non fecero a tempo ad assumere austera forma d’uomo, madri vestite a bruno, fanciulle violentate.
Ti lascio la memoria di Belsen e di Auschwitz.Fà presto a farti grande. Nutri bene il tuo gracile cuore con la carne della pace del mondo, ragazzo.
Impara che milioni di fratelli innocenti svanirono d’un tratto nelle nevi gelate
in una tomba comune e spregiata.
Si chiamano nemici; già. I nemici dell’odio.
Ti lascio l’indirizzo della tomba perché tu vada a leggere l’epigrafe.
Ti lascio accampamenti d’una città con tanti prigionieri,
dicono sempre sì, ma dentro loro mugghia l’imprigionato no dell’uomo libero.
Anch’io sono di quelli che dicono di fuori Il sì della necessità, ma nutro, dentro, il no. Così è stato il mio tempo. Gira l’occhio dolce al nostro crepuscolo amaro,
il pane è fatto pietra, l’acqua fango, la verità un uccello che non canta.
È questo che ti lascio. Io conquistai il coraggio d’essere fiero. Sforzati di vivere.
Salta il fosso da solo e fatti libero. Attendo nuove. È questo che ti lascio.
Kriton Athanasulis, poeta greco (Tripoli, Arcadia, 1917-Atene 1979)
in “Poeti greci del Novecento”, “I Meridiani” A. Mondadori Editore, 2010

GRAZIE di Cuore, tu , che hai letto, fino ad arrivare alla fine di questa poesia. Restiamo seduti vicini.


11/7/2015
LA CORTESIA E LA DIPLOMAZIA VANNO D’ACCORDO?

“La diplomazia è l’arte di esporre l’ostilità con cortesia”
(André Maurois)

C’è la convinzione comune, a riguardo dei diplomatici, che dicano la verità solo quando sono a corto di bugie, come è stato ironicamente e maliziosamente detto anche dallo scrittore francese André Maurois. Tuttavia, da questo tratto negativo vorrei desumere una nota positiva., che riguarda la cortesia, una virtù civile, ormai smarrita. Credo che anche quando si deve ricorrere a un rimprovero o recriminare su qualcosa che riteniamo sbagliato, si potrebbe farlo con garbo. Invece si indulge alla sguaiatezza, all’attacco rozzo, alla minaccia arcigna e perfino violenta. In realtà, penso, che con la gentilezza si otterrebbe molto di più, di quanto si ricava con a veemenza.


14 luglio 2015
ARTURO PAOLI

E forse più che una casa,
spenta immagine della mia fissità,
ho sognato per te una tenda
caldo rifugio per una notte.
Ma subito è il miracolo dell’alba
e tu instancabile la vai arrotolando
alla ricerca di nuovi orizzonti.
Sempre oltre
per ininterrotti sentieri
che solo amore inventerà.
Andare di terra in terra
di amore in amore
perdutamente.
E all’ultimo orizzonte
scoprire
che Dio non era
nelle stanche parole
nel gelo dei monumenti.
Era nel brivido
del tuo inquieto cammino.

Se ne è andato un amico, guida e compagno dei sentieri percorsi – con cura amorevole e con fedele e tenace senso di orientamento – spesso fuori dai tracciati delle cartografie ufficiali.
Ha raggiunto il traguardo provvisorio per cui ha camminato oltre cent’anni, ora è restituito all’umanità con nuove forme di una presenza che non potrà più essere cancellata.


19/7/2015
RUOLO DEL PIANTO NELLA CRESCITA INTERIORE!

“Chiesi al mandorlo: Parlami di Dio.
E il mandorlo fiorì”
(Nico Kazantzakis)
“Non si vede bene che col cuore.
L’essenziale è invisibile agli occhi”
(Antoine de Saint-Exupery)

uando gli occhi diventano umidi, la bocca non riesce a pronunciare parola e sembra che voglia trasferire agli occhi la sua eloquenza. Saper piangere è grazia e saggezza. Appartiene solo a pochi e umanizza.

Chi non l’ha mai fatto è una persona sterile. Quando ti trovi di fronte a domande che non hanno risposte,( es. la sofferenza dei bambini o dei giusti), se vuoi, potrai darle solo con le lacrime. Le lacrime non sono solo il frutto dell’empatia umana, ma sono anche una base profonda di comprensione: certe realtà della vita si vedono solo con gli occhi puliti dalle lacrime. Le lacrime e il pianto sono un linguaggio del nostro corpo, uno stile di comunicazione con la possibilità di arrivare al cuore di chi ti sta di fronte, avendo tu stesso fatto prima un’esperienza di sofferenza e di dolore.

Solo chi ha atteso lunghi mesi nell’oscurità di un grembo, ha diritto ad ammirare il cielo.


1/8/2015
VUOI VIVERE UN MIRACOLO?

«Colui che ha raggiunto la coscienza dei propri peccati, è più grande di colui che fa resuscitare i morti con la propria preghiera. Colui che piange un’ora sola sulla propria anima, è più grande di colui che soccorre il mondo intero con la sua contemplazione»
(Isacco, il Siro, vescovo di Ninive. Asceta e Mistico del VII secolo)

Potente, oltre che profonda, questa riflessione di Isacco, il Siro, riportata, sopra. Noi diremmo che è una provocazione, ma non lo è! Gli asceti o i mistici prima vivono e poi spiegano (raramente) il loro cammino interiore.

È semplicemente ciò che succede ad ognuno di noi, se facciamo in modo di riconoscere e accettare i propri limiti, i propri errori e i propri peccati… Sentire Dio dentro di noi è farsi carico di una responsabilità che pochi sono disposti ad accettare. Dostoevskij, a proposito, ha scritto che “l’umiltà è la più grande forza che possa esistere al mondo”.

Capite, allora, che quando entra in azione l’amore, cade ogni barriera etnica, culturale e religiosa!


3 agosto 2015
ANGELI

Alla stazione ferroviaria di Bassano del Grappa diverse persone erano in attesa alla fermata degli autobus. Lei scriveva cartoline, con una grafia minuta e fitta, tutta curva sulla panchina. Le sorrisi e le si illuminò il volto. Qualcosa in quella giovane, sola, dalla carnagione scura, mi spinse a scriverle il mio numero di telefono sull’angolo di un giornale. Mi telefonò, infatti: era rimasta senza alloggio. La invitai a casa e, poiché stavo facendo le pulizie, si mise subito ad aiutarmi.
Era stata in Inghilterra, come ragazza alla pari -mi raccontò- ma la signora non era contenta e lei si sentiva inetta e incapace. Invece se la sbrigava benissimo, con precisione ed efficienza teutonica, lei originaria di un grande paese del Nord Africa. Alta e agile com’era, non aveva bisogno di una scala per staccare le tende e pulire i vetri. E cantava, con la sua bella voce di professionista della lirica e si rideva insieme.
Per lei erano stati tanti i problemi: per il permesso di soggiorno, per l’impostazione della voce, per le lezioni private, il lavoro, la casa, molto umida, il riscaldamento a carbone, ma soprattutto tanta solitudine. Dopo la partenza lunghe lettere e telefonate: fili lanciati nello spazio, tenui e tenaci. Ora vive a Berlino, ha un contratto per un anno con la radio, canta nel coro, ma è alla ricerca della sua “voce”…


4/8/2015
ACCOGLIERE È IL GESTO DELL’IDIOTA O DI UN ANGELO?

“Se incontri uno sconosciuto non aver paura, potrebbe essere un angelo.”

L’Angelo rappresenta Dio e rappresenta pure l’umanità di Dio. Noi siamo uomini e donne. Siamo capaci di costruire e capaci di distruggere. Nati tutti da donna, che è un amore per sempre. Siamo custodi di un territorio, che crediamo nostro possesso per sempre.

C’è un personaggio famoso nella letteratura russa, che tutti considerano uno sciocco, un ingenuo, uno stupido, un IDIOTA, proprio così. Poiché ha accolto e accettato se stesso, sa leggere il cuore degli altri, conosce i suoi sentimenti, perciò sa accettare i sentimenti degli altri. C’è, però, chi accetta la lettura del proprio cuore, c’è invece chi si arrabbia, ma l’idiota entra in rapporto con tutti e questa è la regola dell’universo. Accogliere non è un obbligo, è solo un’opportunità, cui possiamo rinunciare. Ricordate, però, sempre Myskin, l’Idiota. Se avete tempo leggete il libro di Fedor Dostoevskij. Un libretto leggero, si legge d’un fiato. Sono solo mille pagine. Vi è consentito un respiro, a metà, non di più.


8/8/2015
PAURA O FASCINO DEL MALE?

“Il diavolo è un ottimista, se pensa di peggiorare gli uomini”
(Karl Kraus)

Un motto ironico e caustico, quello di Karl Kraus, che fa emergere la decadenza della società austriaca e la caduta verticale dell’Impero d’Asburgo, nei primi anni del Novecento, ma anche segno del suo pessimismo senza salvezza, se non quella affidata al sarcasmo. Quando i tempi si fanno tristi e bui, e l’incertezza degli equilibri sociali, produce smarrimento e caduta dei valori, riemerge la figura dell’Anticristo. La cultura apocalittica, infatti, produce paura, ma anche il fascino per il male, arrivando a contagiare pensieri, sentimenti e comportamenti delle persone più disparate, anche lontane dalla fede o poco sensibili al sacro. Entra in scena l’Anticristo, vanamente affannato, nel suo compito di peggiorare gli uomini, ben più abili di lui a fare il male. Anche Goethe aveva una considerazione analoga, anche se nel Faust, è più di natura morale, diceva, infatti, che abbiamo cancellato dalla nostra cultura il Grande Maligno e così ci sono rimasti i piccoli mascalzoni. Forse c’è urgenza di ritornare alla coscienza profonda del male, per poter vaccinarci da un vizio peggiore dell’immoralità consapevole, che è la totale amoralità.


11 agosto 2015
IN VIAGGIO

Sto viaggiando verso il Sud America. Non c’è età quando ci si affida alla gratuità dell’incontro. Alcuni medici mi hanno detto che sono folle, altri hanno taciuto, ma è troppa la mia gioia perché possa accadere qualcosa di male.
Se Deus quiser (se Dio vuole) ci rivedremo alla fine di Agosto alla Giornata sulla spiritualità a Crespano del Grappa dal 29 al pranzo del 30 agosto. Chiedo con umiltà la vossa bensa (vostra benedizione), col significato di sentirvi vicini.
Grazie e vi sento in tanti già con me.
Giuseppe – prete


FINE AGOSTO
LA PARABOLA DEL VIAGGIO: DAL DONO AL CONSUMO E AL MERCATO.

Sono appena rientrato (qualche ora) dal mio viaggio di quasi due settimane in Brasile. Bello, travolgente, commovente e carico di gioia. Incontri magnifici, persone incredibili, una “gioia” contagiosa. Personalmente, lì, mi sento a casa mia. Ho toccato il suolo italiano con un persistente mal di gola, (quasi afono, negli ultimi due giorni) per una mia colpevole esposizione all’umidità.

Tutte le culture considerano il “Viaggio” un dono, non solo per soddisfare la propria curiosità o conoscenza, ma per essere nutriti di quell’amore che ci fa vivere assieme. La frenesia del consumo, purtroppo, ci spinge a capitalizzare lo scambio, i contatti, il cibo: ben al di là di quello a cui abbiamo bisogno, facendo scivolare la parabola del dono “dallo scambio al consumo e al mercato”.

Forse necessitiamo di una nuova antropologia che permetta di recuperare i valori più alti per non sprofondare nella miseria psichica e morale in cui ci dibattiamo?

Ps. Mi scuso per l’impossibilità (voluta e cercata) di rispondere ai vostri tanti, tantissimi messaggi in occasione, soprattutto, del mio Compleanno (che in brasiliano chiamano anniversario). Grazie, veramente dal profondo del cuore.


MACONDO – SEMINARIO DI SPIRITUALITÀ
Centro Chiavacci – Crespano del Grappa (TV) (29 – 30 Agosto 2015)
L’OMBRA DI CAINO E TU UOMO CHI SEI?

In un tempo, dove la ricerca spasmodica di un benessere materiale acceca l’uomo, negandogli la possibilità di portare il proprio sguardo verso il futuro, tenteremo di riflettere sul conflitto generazionale, che sta annullando ogni possibile costruzione di un “domani” su basi etiche. Più che dissipare dovremmo accogliere l’ombra di Caino, perché censuri le nostre violenze quotidiane. Non “sotterrarla”, come ha fatto Abele, ma accoglierla e dissipare, invece, lo spirito di Caino che è in noi. Dio, gli fa un tatuaggio particolare: “Chiunque t’ammazza, ricordati che la pagherà cara”. Una pagina splendida della preistoria sacra.
Saranno con noi: Giuseppe Savagnone, Palermo, “Chi non dà nulla, non ha nulla”; Elisabetta Russo, Roma, “Se vuoi andare veloce vai da solo, se vuoiandare lontano vai con gli altri”; Antonia Tronti, Roma, “La luce proietta le nostre ombre… ma permette di vedere e guida i nostri passi”.
Giuseppe – prete


4/9/2015
LA MORTE DEI MIGRANTI

«Solo chi è costretto a letto per paralisi,
desiste dal progetto di emigrare»
(Fernando Pessoa)
«Gli immigrati, “ammessi secondo decisioni politiche”
e i migranti “che nessuno può arrestare ai confini”»
(Umberto Eco)

Quelle di oggi sono migrazioni, tragiche, fatali. Noi, solo ,“assistiamo” a questo fenomeno con angustia, perché non vediamo soluzioni. Solo ci resta educarci all’interculturalità, che non è né poco né facile, perché il dialogo culturale avviene solo tra due poveri. Nel periodo coloniale nei paesi del Sud del mondo sono state portate via le ricchezze e si sono lasciati i veleni usati. I Paesi del Sud si sono ritrovati col cappello in mano, a chiedere aiuti economici, dimenticando la dignità delle proprie culture. Il Nord ha prestato dollari inflazionati con interessi da usurai (Thomas Sankara, presidente del Burkina Faso, che non accettò il gioco, è stato eliminato). Gli aiuti sono serviti da alibi per rubare di più e creare dipendenza. La maestra di Salvini deve dargli zero in storia, amareggiata per la sua asineria. Sono certo che educare alla tolleranza gli adulti che si sparano addosso per ragioni etniche e religiose, è tempo perso. Troppo tardi. L’intolleranza selvaggia si batte alle radici, attraverso un’educazione costante che inizi dalla più tenera infanzia, prima che sia scritta in un libro, e prima che diventi crosta comportamentale troppo spessa e dura.


11 Settembre 2015
FATEMI VIVERE O FATEMI MORIRE, MA NON SEPPELLITEMI VIVO

“Il Papa ha lanciato l’allarme già due anni fa, dopo la visita a Lampedusa. È rimasto inascoltato e credo che anche questo suo nuovo appello lo sarà”
(Enzo Bianchi)

Le parole del Priore di Bose non sono l’espressione di un pessimismo di maniera, ma, purtroppo, il fastidio, presente in gran parte del clero italiano: magari nascosto dall’ipocrisia religiosa, la più spaventosa e meschina. I popoli sono in marcia e un certo tipo di ibridazione, che lo si voglia o no, dovrà avvenire, perché questa è la storia, che, certamente, pone specifici problemi sociali. Un “club di persone per bene”, accetterà, senza protestare, un “Dio Giusto”, ma rifiuterà con durezza e con sdegno, un Dio “pazzo d’amore e misericordioso ” (vedi: la samaritana, il figliol prodigo, l’adultera, il buon ladrone, ecc..). Il messaggio scandaloso della misericordia non è capito da quanti si sentono giusti, in pace con Dio (e per i quali Gesù non è venuto: cfr. Mc 2,17!). La misericordia senza limiti, predicata dal Vangelo verso chi ha sbagliato, non solo cambia i criteri di giustizia del mondo, ma crea uno sconcerto in molti credenti e in tanti preti. Questi ultimi, educati nei Seminari, dove la profezia è vissuta con fastidio e i dubbi dei credenti, verranno respinti da chi (il prete) ribatte, con il buon senso delle “persone per bene”, al rischio di eresia. Per non finire seppellito vivo, vi chiedo: Se la Chiesa non è profetica, a che cosa serve?


14/8/2015
L’INSEGNAMENTO NON È UNA PROFESSIONE: È UNA VOCAZIONE

“Un insegnamento di cattiva qualità è, quasi letteralmente,
un assassinio e, metaforicamente, un peccato”
(George Steiner)

È un’affermazione forte, quella di Steiner, ma vuol ricordare un detto popolare, un po’ enfatico, ma, nella sua sostanza, vero. Chi insegna non pratica un mestiere, ma vive una vocazione. Arriverei a dire che l’insegnante autentico deve anch’egli prendere i voti, come un monaco, perché è destinato, non a imbottire di dati, ma a formare le coscienze e a plasmare le persone in modo da tirar fuori tutte le energie e le doti più profonde. Purtroppo questo spesso non accade, ecco i risultati lamentati da Steiner. Insegnare, come ricordava Seneca, è anche imparare per se stessi.


19 settembre 2015

La foto mi ritrae, figlio e nipote di contrabbandieri, seriamente colpito dalla via del Tabacco, lungo la Calà del Sasso, (lunga 4444 gradini).
La montagna non va sfidata, è lei che ti insegna a non gareggiare, a praticare la contemplazione in silenzio e camminando lentamente. Un modo di approcciarla che fatica a comprendere chi arriva dalle pianure, velate dalle nebbie delle umane cupidigie.


25 settembre 2015
PUÒ ESSERCI DIALOGO SENZA DIFFERENZE?

“Avere il gusto dell’altro. L’altro è colui senza il quale, vivere non è più vivere”
(Michel de Certeau)

Il dialogo ci consente di passare, non solo attraverso l’espressione di identità e differenze, ma anche attraverso una condivisione dei valori dell’altro, non per farli propri, ma per comprenderli. Dialogare non è annullare le differenze e accettare le convergenze. Il dialogo non ha come fine il consenso, ma un reciproco progresso, un avanzare assieme. Incontrare l’altro significa porsi come responsabile di lui, senza attendersi reciprocità. Ciò che l’altro può fare nei miei confronti riguarda lui, ma la responsabilità verso di lui impegna radicalmente la mia persona. Questa ci sembra essere la vera via dell’umanizzazione, quella “responsabilità” per l’altro che, come ci insegna Emmanuel Levinas, è la struttura essenziale, primaria e fondamentale della “soggettività”.


26 Settembre 2015
DOMANDARE CIÒ CHE NON SI SA, È UN’ARTE?

“L’arte d’interrogare non è facile come si pensa.
È più un’arte da maestri che da discepoli.
Bisogna aver già imparato molte cose
per saper domandare quello che non si sa.”
(J. Rousseau)

Interrogare è un’arte, a volte molto più difficile del rispondere. La scienza procede attraverso al ricerca che si alimenta di quesiti. Porre correttamente delle domande presuppone già un retroterra di sapienza e conoscenza. Il bambino stesso coi suoi implacabili “Perché” rivela il desiderio di sapere, l’ansia di capire e la curiosità della scoperta, che poi nell’adulto superficiale verranno sterilizzati. Senza il fiorire delle domande, soprattutto quelle “ultime” sul senso della vita, sulle scelte decisive, sui valori autentici, non si avrà il frutto delle risposte che indicano una strada o una meta nel percorso dell’esistenza. Già Socrate ammoniva che “una vita senza ricerca non merita di essere vissuta”.


1 Ottobre 2015
POLITICA: SE NON È UNA PROFESSIONE, CHE COS’È?

“La politica è forse l’unica professione per la quale
non si considera necessaria alcuna preparazione specifica”
(Robert L. Stevenson)

Come in ogni realtà umana ci sono le eccezioni che, però, oggi stanno diventando sempre più rare. All’incapacità si sposa di solito l’arroganza, virtù (si fa per dire) o il vizio proprio dell’ignorante. Alla fine, ecco la reazione opposta e altrettanto miserevole del qualunquismo antipolitico. Purtroppo, però, all’origine c’è la verità, scritta da Stevenson, che lo spagnolo Guillermo Puerto sintetizza con questa espressione: “Ingannò senza mentire, cioè fece politica”. Nell’epoca dell’inganno universale, quindi, dire la verità è diventato un atto rivoluzionario.


17 ottobre 2015
ESSERE UMILI SI PUÒ O SI DEVE?

“L’umiltà è quella virtù che,
quando la si ha, si crede di non averla”
(Mario Soldati)

Esiste (ne siamo tutti testimoni) la cosiddetta umiltà “pelosa”, che in realtà nasconde uno smisurato desiderio di essere lodati dagli altri. Ci sono, però, persone autenticamente umili che si ritengono del tutto modeste e marginali, quando, invece, l’incontro con loro lascia una traccia profonda.
Esiste, comunque, una certa legge della storia che lo scrittore francese Julien Green, aveva formulato così nel suo Diario. ” Non potendo fare di noi delle persone umili, Dio fa di noi degli umiliati”.


20 Ottobre 2015
COLPEVOLE O COLPEVOLEZZA

“Colpevole: trattasi sempre di altra persona”
(Ambrose Bierce)

Una definizione lapidaria, quella dello scrittore americano. Infatti, fin da bambini, anche di fronte all’evidenza non cessiamo di puntare il dito contro un altro, accusandolo magari di quello che abbiamo fatto noi. Bisognerebbe ricordare, invece, un detto orientale che ci ammonisce: “Quando puntiamo l’indice contro un altro, altre tre dita della mano rimangono puntate contro di te”.
La grandezza di una persona si misura anche nella confessione di un suo errore. Dovremmo essere, perciò, sempre cauti e riflessivi, prima di pronunciare contro un’altra persona quella parola “colpevole”.


25 ottobre 2015
MEMORIA E DIMENTICANZA

“Una buona memoria è un buon dono di Dio.
Poter dimenticare è, però, un dono divino ancora migliore.”
(Georg Lichtenberg)

La memoria non è solo quella informatica, che vomita migliaia di dati (inutilizzabili), ma quella selettiva. Però è dimenticare che non riusciamo a farlo, neppure dopo aver perdonato al fratello. A questo proposito c’è un suggestivo racconto di Borges che immagina nell’aldilà, un incontro fra Caino e Abele, il quale non ricorda più se fu lui quello colpito a morte o se fu il colpevole del fratricidio. Caino allora gli confessa. “Ora so che mi hai perdonato veramente, perché perdonare è dimenticare”.
Che ne dite? È poi vero? Non vi chiedo un giudizio morale o teologico, ma semplicemente esistenziale.


2 Novembre 2015
SANTI E MORTI
FESTA DI SANTI E DI MORTI

“Santi che dai loro tabernacoli sono sempre fuori a compiere miracoli.
Santi alla buona, santi familiari, non stanno inoperosi sugli altari”
(Vincenzo Cardarelli)
“Gli uomini hanno, per natura,
più paura della verità che della morte”
(Kierkegaard)

Ho cercato di accoppiare due citazioni nella festa dei santi e dei morti. La prima è legata alla nostalgia del passato e al fremito del tempo che fugge come la sabbia di una clessidra. Fatevi cullare da questa dolce rivisitazione dei paesi e dei borghi della nostra infanzia, non ancora secolarizzati o trafficati come oggi, con le loro edicole o piccole chiese di “santi alla buona” (da Rocco a Sebastiano, da Agnese a Luigi). Una spiritualità semplice, ma che riusciva a farci levare il capo verso l’alto, verso l’attesa, la fiducia, l’innocenza e la carità.

Mentre nella seconda di Kierkegaard, c’è il confronto tra morte e verità. Il filosofo danese osserva che spesso la verità è così bruciante e tagliente da creare panico in chi l’ha violata, trovandosi nudo e indifeso contro chi l’accusa. È doveroso, però, aggiungere che è proprio la verità che tutti dovremo morire che ci sconvolge ancora di più.


9 Novembre 2015
QUALITÀ E STUPIDITÀ

“La qualità è il nemico più potente di ogni massificazione,
ma contro la stupidità non abbiamo difese”
(D. Bonhoeffer)

La stupidità si esalta nel gridarsi, nel mostrarsi. Poiché la stupidità non è innata, ma è prodotta da un contesto, oggi come ieri, è quella di chi pensa di pensare con la propria testa, mentre, invece propone idee che gli sono state ossessivamente imposte dal potere. Contro il male, in caso di necessità, è possibile opporsi con forza. Al contrario, invece, la fatica della qualità comporta di saper gioire di una vita nascosta e avere il coraggio di una vita pubblica. Comporta la fatica di pensare con la propria testa e la fatica di imparare a “leggere” la realtà che ci circonda. Mi ritrovo a pensare con amarezza quanto scrive Bonhoeffer sulla stupidità, quando, a volte, incontro dei giovani, oggi, che esprimono idee convenzionali, fritte e rifritte, (spesso) banali di autogiustificazione e non di autoformazione sulla politica, sulla società, sul mondo.


15 Novembre 2015
IPOCRISIA
LA LODE GENERA VANITÀ?

“Ah, come si diventa preziosi, in Italia, dopo la morte!
Non vedo l’ora di morire, per sapere finalmente chi ero!”
(Giuseppe Marotta)

L’ipocrita manovella della lode, ironicamente descritta dal napoletano G. Marotta, com’è, alimentata dall’enfasi, esalta, glorifica, incensa. Il nostro super-ego riceve così un robusto messaggio, vivificato, per ora, dalla deprecata, futura celebrazione funebre. Non prendo in considerazione l’ipocrisia dei adulatori, ma mi fermo sull’orgoglio del lodato. È proprio esso che genera la vanità, un difetto che ignora l’autoironia e, quindi, molto spesso, precipita nel ridicolo. A tale proposito scriveva George Eliot: “Il vanitoso è come un gallo, convinto che il sole sorga per ascoltarlo cantare”.


21 Novembre 2015
STARE ZITTI
CIÒ CHE NON SI SA NON SI DEVE DIRE

“Siano benedetti quelli che non hanno niente da dire e,
malgrado ciò, stanno zitti”.
(Oscar Wilde)

Una rasoiata inflitta alla stupidità umana, è questa citazione di Oscar Wilde. La colata di banalità ed insensatezze avanza incessante sulle pagine dei giornali e sugli schermi televisivi, soprattutto in questi giorni “cattivi”. Chi non sa, deve restar zitto. Ci sono cose che pensi non siano possibili. Poi accadono e intuisci che quel limite che definiva fino a quel momento il possibile dall’impossibile è stato portato oltre. Occorre imporre, in tutto il mondo, una sosta alla chiacchiera e agli sproloqui che infettano l’atmosfera e le menti umane, oggi più che mai confuse e angosciate. Anche l’Apocalisse recita a proposito. “Si fece silenzio nel cielo per circa mezz’ora “(8.1).


24 Novembre 2015
INADEGUATEZZA E SPIRITUALITÀ

“Pensare qualcosa di diverso da quello che tutti dicono,
produce parole inascoltate, quindi parole mute”.
(Mario Tronti)

Il filosofo e politico Mario Tronti afferma, con queste parole, tutta la sua consapevolezza che, stiamo vivendo, in questa epoca, senza “luoghi”, dati alla riflessione, senza profezie, senza segni forti. Oltre al senso comune, viviamo, infatti, una storia minore. Considero, oggi, il popolo italiano immaturo a un cambiamento profondo, essendo la condizione di smarrimento dovuta, soprattutto, alla difficoltà di trovare una traccia di pensiero che esprima il senso del nostro presente. È venuta meno la pratica di valori condivisi o alternativi al mercato, soggiacendo, così, all’etica del consumismo.

Nell’epoca della tecnica, credo che la spiritualità sia rimasta l’unico luogo, dove si possano scoprire segni forti. È lei che parla il linguaggio della crisi, l’unica possibilità contro l’adeguamento. Un linguaggio fatto di parole come “pazienza, attenzione, meditazione, ascolto, gratuità, silenzio, povertà, solitudine”. Prendetele una per una e riflettete se non siano, oggi, tutte alternative a ciò che oggi è o appare.
Giuseppe – prete


27 Novembre 2015
DIO È UN BACIO?

“Dio è un bacio”
(Benedetto Calati)
“Dio è l’incontro di due sguardi”
(Michele Do)

Dio è dove, come nel bacio e nello sguardo amico, o nella pace fra i popoli e le culture, i distanti si fanno vicini, i differenti si scoprono uguali e vivono (o tendono a vivere) ognuno per la vita dell’altro, donando senza perdere, ricevendo senza prendere. Sembra allora che la distanza scompaia e l’unità originaria ritorni o arrivi ora. La società sembra essere fatta di soci e non di rivali. Così scopriamo la divina virtù della speranza, che nella vita creatrice fa in modo che nulla si perda e tutto si raccolga.
Tra le tante voci, anche la mia voce si perde, perché nell’abbondanza di immagini e di parole non stanno arrivando segnali positivi. Molti parlano e pochi ascoltano. Non basta dire: noi e loro, noi bravi e loro, mah! Troppo alti sono i muri che ci dividono, ma il cielo è più alto.


5 Dicembre 2015
SAPIENZA
LA SAPIENZA SI INSEGNA O SI IMPARA?

“Verità, saggezza e conoscenza sono come il tronco di un grande albero, le braccia di una sola persona non sono in grado di stringerle assieme.”
(Proverbio Ghanese)

Il Ghana è uno Stato dell’Africa, erede di fiorenti civiltà indigene. La citazione riportata, la si deve alla sapienza popolare della civiltà sudanese degli Akan. Il Baobab è un albero tropicale imponente, longevo (può vivere anche 400 anni), con un diametro tra i 9 o 10 metri. Proprio per le sue dimensioni non può essere abbracciato da una sola persona. Così accade, ammonisce il saggio africano, sia con la conoscenza, sia con la sapienza. Nessuno comincia mai da zero. Solamente in tempi privi di memoria, come sono i nostri, ci si può convincere di non aver bisogno del passato e della sua gloriosa eredità. Il detto “Mi sono fatto tutto da solo” è un imbroglio e una grande bugia. Siamo diventati talmente poveri da non sentirne più la mancanza e siamo così orgogliosi da non ascoltare o imparare più nulla dagli altri con umiltà. Un altro proverbio africano, a conferma, recita: “Se vuoi andare veloce vai da solo, se vuoi andare lontano vai con gli altri”.


13 Dicembre 2015
SPERANZA
STRADE, SENTIERI E PERCORSI

“Non preoccuparti, lascia che sia la strada
a decidere da sola il tuo percorso, e non
il percorso a farti scegliere le strade.
Impara a vagare, a vagabondare.”
(Tiziano Scarpa)

Un tempo, il nostro, alimentato dalla paura. Un tempo complicato in cui la disperazione può diventare la nota dominante del nostro agire e del nostro pensare. La speranza non è affidarsi al cielo quando la terra frana o alla forma normale, magari, di un delirio, ma l’articolazione di impegni, dove il presente diventa l’unica occasione capace di cambiamenti. Conta i fiori del tuo giardino, mai le foglie che cadono. Conta le ore della tua giornata, dimentica le nuvole. Conta le stelle delle tue notti, non le ombre. Conta i sorrisi della tua vita, non le lacrime. E ad ogni compleanno conta con gioia la tua età dal numero degli amici, non da quello degli anni .
Giuseppe – prete


15 dicembre 2015
PER NON RESTARE IN RISERVA DI SPERANZA

“Gli uomini hanno un’ala soltanto.
Possono volare solo tenendosi abbracciati”
(Tonino Bello)

Un’immagine molto efficace per dire che la condizione umana richiede la fratellanza ed esige la reciprocità. Cristo non è venuto a civilizzare i popoli, non è sceso sulla terra per colonizzarci, ma per stringere un’alleanza proprio con ciascuno di noi. Non ha considerato l’umanità come zona depressa, ma uno spazio per stabilire intese bilaterali.
Un’ala di riserva, per non restare in riserva di speranza.
Giuseppe – prete


19 Dicembre 2015
LA CAREZZA

Solo nella relazione l’io diventa persona

Prende così significato la parola di Gesù che dice: “Bisogna perdere la propria vita per ritrovarla”. La responsabilità verso l’altro è la carezza che tocca senza prendere, avvicina senza dominare, trasmette una tenerezza che va oltre le attese, che pianifica senza invadere, che fonde l’amore in un rispetto e in una sorta di venerazione, raggiungendo un ideale di amicizia, che si può raccontare solo con la musica.
Giuseppe – prete


20 Dicembre 2015
È NATALE!
FRA CINQUE GIORNI È NATALE…

“Egli viene. E con Lui che viene la gioia. Se lo vuoi ti è vicino. Anche se non lo vuoi ti è vicino. Ti parla anche se non gli parli. Se non l’ami, egli ti ama ancora di più. Se ti perdi, viene a cercarti. Se non sai camminare, ti porta”.
(don Primo Mazzolari)

…E NOI, SIAMO IN ATTESA?

Parlare di guerra, di stragi, ragionare e analizzare sulle cause della violenza non rischiamo anche noi di preparare un canto vuoto, come ammonisce la Bibbia, quando recita: “I bambini suonano nella piazza e nessuno balla. C’è un lamento di un popolo e nessuno piange”? Non si può, oggi, profetizzare la pace, come non è possibile “profetizzare il popolo nella menzogna” come dice il profeta Geremia, “sarebbe la parola di un profeta falso e adulatore”.

Ci sono giorni in cui una persona si sente profeta. Si sa che il profeta parla solo quando non può farne a meno. Non si tratta di prevedere un futuro drammatico, ma si tratta di scongiurarlo. Profetizzare mali non è, spesso, più vero che profetizzare pace? La pace è finita nella bocca dei potenti, mentre la gioia è rimasta nel cuore dei bambini. I potenti vogliono che la pace scenda dai carri armati, la gioia invece vuol camminare a piedi nudi.
Giuseppe – prete


22/12/2015
IL PRETE E LA DONNA CON LA FACCIA DA LADRA

La narrazione di un incontro particolare.

Ogni giorno la vedo rannicchiata nell’ultimo banco della chiesa, accanto alla cassetta delle elemosine. Non cambia mai posto. Che ci sia la chiesa affollata o sia sola nella penombra, tiene sempre a portata di mano lo spacco ormai ingrandito della cassetta. Tutti sappiamo che è una ladra e ne abbiamo le prove. Qualcuno l’ha colta in fragrante. Finge sempre di sonnecchiare, in quei momenti. Se viene rimproverata o minacciata, non sembra accorgersi delle nostre parole, i suoi occhi acquosi e sfuggenti ci guardano brevemente, quasi con pigrizia. Si difende con brontolii incomprensibili.

Sta lunghissime ore al medesimo posto, senza fretta, spiando, con pazienza esasperante, il momento di restare sola. Allora introduce di colpo non so che tipo di ferro uncinato ed escono le monete in pochi secondi. Veste un abito verdognolo, consunto agli orli e ai gomiti. Tiene sulle spalle una giacca a quadri che non infila mai. Credo non abbia cambiato neppure ora, d’inverno, le scarpe di panno ruggine, da cui escono le calze rattoppate. Tutta la figura è miserabile e spezzata. Nemmeno l’agitazione del furto riesce a renderla snella. Solo la faccia è vivente, sotto i capelli bianchicci e color pepe, tirati sulla nuca piccola.

Più volte sono stato a guardarla da dietro i vetri della finestra: petulante ed esigente con le persone, protesta ed inveisce con una voce dura e grossa, quasi da uomo, con chi la rimprovera o le dà qualche consiglio. Nessuno sa dove dorma. La sua giornata la passa in chiesa, quando è aperta, oppure sui gradini del municipio. Non so se preghi: una volta l’ho vista con la corona del rosario in mano. Mi ero quasi commosso, ma subito pensieri cattivi mi hanno indurito il cuore.

Ieri notte sono tornato a casa molto tardi, trattenuto in una conferenza – dibattito: sarà stato l’una e mezza di notte. C’era attorno e si respirava un aria fredda, gelida. Avvicinandomi al portone della chiesa ho scorto sui gradini, un’ombra. Non ci ho badato, credendo ad un effetto della luna sulle colonne. Quando ho introdotto la chiave nella toppa, l’ombra s’è mossa, ha emesso un lamento. Mi sono fermato di colpo, scrutando nell’angolo. La donna era rannicchiata su se stessa. Ha alzato la faccia solo per un istante e la voce legnosa, colma di una disperazione incredibile, ha mormorato qualcosa che non ho capito. Ho visto che tutte le fosse del volto, nella luce della luna, erano allagate di lacrime. Prima che potessi riavermi dallo stupore e domandarle qualcosa, si è alzata, ha stretto alle spalle la giacca a quadri e si è allontanata, tremando sulle gambe storte.

Questa mattina durante la Messa ho guardato ansiosamente l’ultimo banco, sperando di vedere la donna al suo posto come sempre, magari col ferro nel buco della cassetta dei soldi, purché ci fosse. Volevo che la Messa fosse tutta per lei, un modo migliore per chiederle perdono, ma non c’era. Ho continuato la Messa con grande tristezza e con profonda amarezza. Avrei voluto piangere, ma non ci sono riuscito, perché sono soltanto un povero uomo, dal cuore duro.
Giuseppe – prete


25/12/2015
NATALE 2015

«Gesù, per coloro che hanno perso la mente, per coloro che sono oppressi, per coloro che non sanno gridare, per coloro che non trovano altra soluzione, per coloro che scongiurano il mondo, per coloro che attendono un cenno d’amore.»
(Alda Merini)

L’assenza di speranza porta alla follia. La follia del terrore ha come retroterra il vuoto di speranza. Ognuno di noi è, però, simile alla luce, che divampando, costringe le tenebre ad arretrare. Andrò anch’io, allora, alla ricerca di pascoli lontani là dove l’odio non ha un tetto per riposare. Là pianterò una tenda ai margini del bosco. Tutti í pomeriggi mi stenderò sull’erba e farò la mia preghiera. Scoprirò che la misericordia vale più delle dottrine, perché è il Vangelo. Inoltre scoprirò di non riuscire ad afferrare la luce col pugno, perché dentro al pugno resta soltanto buio. C’è solo un organo che può essere toccato dalla luce della verità: l’occhio dell’anima.
Giuseppe -prete


25/12/2015
CON CRISTO O CON LA VERITÀ?

Molti amici mi hanno chiesto questa citazione, ripresa dalla lettera di Fjodor Dostoevskij alla fidanzata, Natalia Fonvizina, nel 1854.

“Sono un figlio del secolo, un figlio della mancanza di fede e del dubbio quotidiani e lo sono fino al midollo. Quanti crudeli tormenti mi è costato e mi costa tuttora quel desiderio della fede che nell’anima mi è tanto più forte quanto più sono presenti in me motivazioni contrarie! Tuttavia Dio talvolta mi manda momenti nei quali mi sento veramente in pace.
In tali momenti, io ho dato forma in me a un simbolo di fede nel quale tutto è per me chiaro e santo. Questo simbolo è molto semplice, eccolo: credere che non c’è nulla di più bello, di più profondo, di più ragionevole, di più coraggioso e di più perfetto di Cristo e con fervido amore ripetermi che non solo non c’è, ma non può esserci. Di più: se qualcuno dimostrasse che Cristo è fuori della verità, mi dimostrasse che veramente la verità non è in Cristo, beh, io preferirei lo stesso restare con Cristo piuttosto che con la verità”.

È semplicemente un capolavoro sulla fede dell’autore del Grande Inquisitore. Fjodor Dostoevskij è considerato, insieme a Tolstoj, uno dei più grandi romanzieri e pensatori russi di tutti i tempi.