Gennaio-Giugno 2018

7/1/2018
MESCHINITÀ O PICCOLI PASSI

Signore, non ti chiedo miracoli o visioni,
ma forza per la vita quotidiana,
insegnami l’arte dei piccoli passi
(Antoine de Saint Éxupéry).

Alle soglie del nuovo anno potrebbe essere una preghiera semplice, ancorata alla terra, alla quotidianità, ai ‘piccoli passi’, conquistati pazientemente, mettendo un piede avanti l’altro, spesso su terreni infidi o sassosi. Forse questo scrittore irradia una luce religiosa, una fede primordiale, una testimonianza limpida e semplice? È un appello a una fedeltà coraggiosa priva di atti eroici, capace di dare senso, colore e calore, allo scorrere dei nostri giorni? La meschinità non risiede negli istinti, ma nelle cattive azioni meditate. Perché chiunque è soggetto all’errore. Al proprio pensiero e al proprio cuore non necessitano vie di fuga alternative o messaggeri di sosta, perché lasciano sempre la propria firma e ci mettono sempre la propria “faccia”.
Giuseppe – prete e viandante.

11/1/2018
MISERICORDIA

L’imbecillità è una rocca inespugnabile:
tutto ciò che vi urta contro si spezza
( Flaubert).

Chi vede Dio come un creditore, vede la vita come un debito da estinguere e si fa forte delle proprie presunte ricchezze. Il suo rapporto con Dio e con gli altri non è libero, perché ha sempre bisogno di farsi valere. Neppure con se stesso è libero, ha infatti bisogno di costruirsi una maschera di sicurezza e superiorità. L’ansia all’autosufficienza nasconde la paura di non avere il controllo della propria vita. Con quest’ansia, si finisce con il fare del male a se stessi e agli altri, diventando spietati ed intransigenti.
Chi, invece, riconosce la vita come un dono, ne intuisce la bontà fondamentale. È più aperto all’amore e alla gratitudine, perché non sente il bisogno di far valere i propri meriti. Le relazioni con gli altri e con Dio, perciò, cambiano completamente. Ci si converte quando ci si sente amati, non quando ci si sente giudicati. Impareremo cosa significa amare, quando faremo esperienza dell’amore di Dio e ci renderemo conto come agisce questo “folle creditore”.
Giuseppe – prete e viandante.

15/1/2018
DOMANDE…

Ieri mi sono comportata male con l’universo.
Ho passato tutto il giorno senza fare domande,
senza stupirmi di nulla.
(Wislawa Szymborska)

Queste parole sono una stoccata contro una malattia molto diffusa ai nostri giorni: indifferenza, superficialità, vacuità, banalità, volgarità. Passando tutto il giorno senza un sussulto dello spirito della coscienza, senza lo stimolo di una domanda, senza un briciolo di stupore, senza il fremito di un sentimento profondo. Queste parole fanno gridare la scrittrice, per la sua giornata vuota, neppure avvertito da chi lascia scivolare via i giorni, come fossero granelli di sabbia. La pazienza è una risposta che non ha mai fine, come senza fine è la domanda della creatura che si trova nel disagio, nell’ingiustizia, nelle ombre delle tenebre e della morte.
Giuseppe – prete

17/1/2018
CHI È L’ADULTO CREDIBILE?

Oggi pomeriggio siamo arrivati nel quinto giorno dall’Assemblea Nazionale, Speciale di Macondo. Mi sono passati davanti volti di gioia, mi sono giunti giudizi (benevoli) di entusiasmo, segni di condivisone convinti, pure qualche plausibile e doveroso mugugno e docile reattività, dovuta all’impulso o vecchia sofferenza. Sono rimasto dubbioso se scrivere questo post, sapendo che dei lettori sono digiuni dei termini usati in assemblea, ho cercato di usare un linguaggio, consono a una riflessione congiunta.

Chi è l’adulto credibile? È l’individuo che ha compiuto una scelta nella sua vita. Non è rimasto al palo dell’eterna giovinezza spirituale, pronto a essere questo o quest’altro, ma deciso di prendere parte alla grande avventura, assumendosi il rischio dell’esposizione. Prima ancora dei rami secchi, ha tagliato dentro di sé quelli fioriti, ciò che sarebbe potuto diventare. Ha bruciato i vascelli. Non si torna più indietro dalla vera azione, perché cambia il nostro essere e lo modifica in modo indelebile. Su questo, Dietrich Bonhoeffer ha scritto delle pagine formidabili e indimenticabili su Resistenza e Resa. (Un libro che ha composto la mia vita). “L’adolescente non è mai totalmente là dove si trova; ciò fa parte della sua natura, diversamente lui sarebbe privo d’immaginazione. L’uomo invece è sempre un tutto e non sottrae nulla al presente. La sua nostalgia, che resta nascosta agli altri, è in qualche modo superata, e quanto più grande è il superamento che deve compiere, per essere totalmente presente, tanto più misterioso affidabile egli diventa, nel fondo del suo essere per il prossimo e in particolare per i giovani che stanno ancora camminando sulla strada da lui già percorsa“.
Giuseppe – prete e viandante

21/1/2018
PENSIERO DIFFICILE

Ho fatto un pensiero così difficile,
che nemmeno io l’ho capito
Leo Longanesi

Aveva un’intelligenza sferzante e una lingua tagliente, Leo Longanesi. Affermava da giornalista, che imbracciava l’autocritica, che di solito, lui, spiega benissimo le cose che non sa. Infatti ciascuno di noi ha un’esperienza di certi autori che non vengono a capo di un discorso e allungano il brodo delle parole, come avviene al conferenziere che confonde i fogli della sua relazione. Viceversa è necessario sempre il rigore della chiarezza tematica e quella espositiva. Conservare la dotazione limitata di risorse che ci è stata lasciata e rispettare il ritmo naturale che governa il processo del divenire significa esprimere il nostro amore per ogni forma di vita che seguirà.
Giuseppe – prete.

3/2/2018
MENINOS DE RUA

Il Signore sta sempre zitto,
fra le sue ragnatele, ma capisce tutto!

Luminoso, generoso, il Cristo del Corcovado, tiene fra le sue braccia la profonda notte di Rio de Janeiro. Sotto quelle braccia cercano rifugio i nipoti e i pronipoti degli schiavi. La polizia ne ammazza molti, ma molti di più ne uccide l’economia, mentre echeggiano spari e tamburi. I tamburi avidi di conforto e di vendetta chiamano gli dei africani. Da solo Cristo non basta più. Sto concludendo la mia visita nella casa/residenza dei bambini di strada (meninos de rua); quando sento un leggero rumore di passi alle mie spalle. Mi volto e vedo uno dei ragazzi più piccoli che mi sta seguendo. Nella penombra lo riconosco: è un bambino che non ha nessuno. Quel viso è già segnato dal dolore e gli occhi sembrano chiedere scusa o forse chiedono permesso. Gli vado vicino, egli allora mi sfiora il volto con una mano e sussurra: «Di’ a qualcuno che io sono qui.»
Giuseppe – prete.

7/2/2018
POPULISMO E LEGA

Agli amici e amiche che ascoltano e ironizzano, confrontandosi, una breve riflessione. Ormai sono passati più di trent’anni che sono ritornato in Veneto e sono trent’anni che scrivo su Macondo e dintorni. Ebbene, dicevo allora, come ripeto oggi che la Lega, nata dalla radice democristiana e cattolica, (basta vedere i luoghi dove feconda maggiormente, sono i luoghi, dove è stato applicato con più determinazione, il concilio di Trento) avrebbe portato a un eccesso di populismo. Il populismo si manifesta quando un popolo non si sente rappresentato. È una malattia che viene definita ‘infantile della democrazia’, quando i tempi della politica non sono ancora maturi; è e diventa una malattia ‘senile della democrazia’ quando i tempi della democrazia sembrano essere finiti. Come ora, qui, non solo in Italia.
Giuseppe – prete.

10/2/2018
AMICI PER POCHI ISTANTI

Durante alcune circostanze della nostra vita incrociamo molte persone, che poi non rivediamo più. Passano come un temporale d’estate. Restiamo attaccati uno all’altro per pochi istanti prima di sciamare via. La grande maggioranza vengono dimenticati. Qualcuno si fissa nel ricordo, quando l’incontro fortuito non avvenga in un luogo simbolico. Vedi ospedale o una scuola. Poi vado avanti negli anni e mi rendo conto che tutti siamo il frutto di queste relazioni perdute, quasi fossimo forgiati in un tumulto creativo che usa la nostra esistenza come argilla vitale.
Giuseppe – prete.

12/2/2018
RICOMINCIARE TUTTO?

Dove finisce la profezia e dove inizia la polis? Tutti i grandi movimenti carismatici, religiosi o politici, sociali o educativi all’inizio diffondono forza, speranza, fiducia nella possibilità di poter cambiare il mondo. I primi componenti del sogno e dell’avventura, dell’energia propositiva e della volontà maieutica, sembrano attraversati da una carica che li spinge all’azione. Si caratterizzano per una dimensione interiore, per l’idea che gli individui non possano accontentarsi di restare chiusi all’interno della loro sfera soggettiva, ma debbano uscir fuori, esporsi e rischiare.

Quando il movimento si estende e coinvolge le strutture giuridiche, tutto cambia. La spinta originaria lascia posto alla consapevolezza nuova di chi si sente portatore di una responsabilità oggettiva. Così spirito e istituzione entrano in contrasto e la stessa propulsione potrebbe trasformarsi in gravosa zavorra. La storia è maestra, ma ogni generazione, anche in questo, ricomincia da capo.
Giuseppe -prete e viandante.

13/2/2018
ELEZIONI!

“Le elezioni non si danno, ma si prendono”
(Cesare Pavese)

Parole incisive e perfino scontate. Ci ricamo sopra due considerazioni che ritengo utili ai nostri giorni. La prima. Ai tanti maestri che s’impancano ad ammonire, a insegnare e giudicare, sarebbe più salutare qualche volta tacere, studiare, imparare, ascoltare. La seconda. Dare una lezione sui principi a una persona, contiene in sé un pizzico di crudeltà che non di rado si trasforma in pura e semplice violenza.

Sarebbe più dignitoso accettare con semplicità una critica e non essere reattivi come serpenti. Certamente questo è un esercizio aspro che va contro il nostro super-ego. Mi viene in mente quanto affermava Caterina da Siena: “L’umile spegne la superbia, poiché il superbo non può far danno all’umile.”
Giuseppe – prete.

17/2/2018
CARCERE….

“Non si conosce bene un paese, finché non si è stati nelle sue galere. Una nazione dovrebbe essere giudicata,da come tratta, non i cittadini più prestigiosi, ma i cittadini più umili”.
(Nelson Mandela).

Il leader del movimento contro l’apartheid in Sudafrica, rimase in carcere per 28 anni. Una detenzione ingiusta e spietata, che non gli tolse l’ansia di far vivere in pace le diverse etnie del suo paese. Mandela, oltre il rispetto della dignità umana, anche se criminale, ci suggerisce un voto di civiltà da assegnare a una nazione, che ha l’attenzione riservata agli ultimi. Essi varcano le soglie dei palazzi pubblici con timore, sapendo che hanno di fronte burocrati sprezzanti, che assolvono le loro situazioni, sbrigativamente; perché “i veri poveri non fanno rumore”.
Giuseppe – prete e viandante.

23/2/2018
COME VOTERÒ (seconda riflessione).

Voterò certamente. Chi non vota regala un voto a chi vince. Voterò, sapendo che non si vota solo per dare il potere, ma anche per dare voce a chi “dice la verità al potere” (Gandhi). A chi rappresenta o cerca un’alternativa possibile. Chi è più realista e fa i giusti calcoli, fa bene a preferire un vice diavolo a un diavolaccio.
Chi voterò? Essendo un cittadino esigente, mi sono messo nei guai, perchè sostengo chi vuole costruire i due piloni principali della politica, che oggi sono la vita e la civiltà, in altre parole significa: proibizione delle armi atomiche e riconoscimento dei diritti e dei doveri di cittadino come sono io: cittadino a chi lo è di fatto, ma non di diritto. Dalla politica devo, perciò, esigere molto, il meglio la giusta convivenza.
Vedo in questi mesi di campagna elettorale, non proposte civili, ma un mercato sconcio, dove si cerca di promettere l’impossibile all’avarizia individuale. Non perdono alla politica che gracchia: “Datemi il potere e vi darò l’avere”.
Giuseppe prete e viandante.

24/2/2018
I BARBARI NATIVI (terza riflessione).

“In politica e in medicina chi promette troppo
non può essere altro che un ciarlatano”
(Karl Popper)

I Barbari nativi, corrotti nell’animo dall’ego/capitalismo disumano, predicato su tutti i grandi schermi (non quello dell’odiato papa Francesco) e, a loro volta, corruttori, ci offendono nell’essenziale dell’umanità, che è di tutti. Sappiamo bene che c’è miseria e grandezza, nella nostra comune umanità. Sappiamo, però, che vivere, come persone e come società, è transitare ogni giorno, con la fatica, dalla miseria alla grandezza.

I più modesti fra loro, trattano problemi piccini, di campanile e di tasca. Non vedono che oggi il destino umano è unico: Ambiente e sopravvivenza. Gli stati e i confini ormai sono ombre, non contano più, se non nelle paurose allucinazioni nazionalistiche. Se quindi la politica non guarda all’umanità intera, al nostro unico destino, ci tradisce.

Nell’offerta politica, non vedo grandezza umana. Io voterò in un piccolo seggio di un paese adagiato sulla montagna, nella mia valle, il più lontano possibile dagli spacciatori di miseria umana. Solo per negare un punto a chi vincerà.
Giuseppe – prete e viandante.

1/3/2018
STEFANO BENNI

Amiche carissime e Amici amatissimi,
Eccoci, ora siamo fuori dalle tenebre, dopo aver fatto quasi 800 km di autostrada, ad aspettare l’alba nel duomo di Sant’Andrea a Venzone, in Friuli. Soli, in un tremolar di candele, accanto all’ombra terribile dell’Arcivescovo Bertrando, che qui celebrò Messa, prima di essere assassinato. Nella penombra si svegliano i cantori gregoriani affrescati sui muri come note di un tetragramma e i cento scalpellini che otto secoli fa squadrarono queste pietre. Il nostro viaggio finisce sotto le montagne arcigne che squarciarono il mondo nel 1976, in Friuli, davanti alla prima luce che incendia il Cristo sospeso sull’altare. Facciamo silenzio, nell’ora dello “scricchiolare” del giorno, qui si celebra la resurrezione ostinata di una comunità, rinata pietra su pietra, contro il marciume e l’incultura che manda l’Italia in malora. Qui il peggio non fu il terremoto.
Giovanni Battista Della Bianca, arciprete di Sant’Andrea, lo imparò in fretta. L’orrore erano le ruspe assetate di sangue, coi motori sempre accesi, pronte ad abbattere i resti di secoli, a coprire di cemento pietre venerabili, spianare la strada ad altre oscene città ‘moderne’. Erano i burocrati pronti a stilare certificati di morte per chiese e paesi, erano le clientele dei portaborse, gli architetti di regime, smaniosi di lasciare ai posteri impronte indelebili della loro arroganza. Così il sacerdote, che per anni aveva guidato le rogazioni di primavera, implorando l’Altissimo di non infliggere alla sua terra il “flagello del terremoto”, la “folgore e la tempesta”, quando vide che c’era qualcosa di più subdolo e distruttivo della potenza della natura, aggiunse un altro pezzo alla litania. “Ab omnibus architectis” proclamò un giorno con un ghigno luterano davanti alla folla orante, e i venzonesi, capita l’allusione, risposero come un tuono “Libera nos Domine!” Da allora quello divenne il grido della resistenza, ripetuto ogni primavera, ogni santissima messa, ogni rogazione e celebrazione dei morti. Il segno di una lotta al coltello durata trent’anni, fino al completamento della rinascita, che fa oggi di Venzone un esempio mondiale di restauro rispettoso dell’anima dei luoghi. Un caso unico anche in Friuli, dove pure si è consumata la ricostruzione più “virtuosa” d’Italia, l’unica chiusa rapidamente e per decreto regionale. Venzone era già condannata alla demolizione con le sue chiese e le sue mura. Ma un pugno di uomini disse no e cambiò il corso del destino, lottando contro le accademie, le soprintendenze, le amministrazioni locali, la Regione, il genio civile, persino le forze dell’ordine.

Dopo il disastro, io non sono più tornato a Venzone, per paura di scoprire il tradimento dei luoghi. Oggi, però, mi prende una commozione che non riesco a controllare dopo cinquemila chilometri di chiese astronavi, paesi bunker e palazzi mausolei. “Dov’è Dio?”, mi sono chiesto persino davanti a San Francesco d’Assisi piena di cemento e sensori elettronici. L’ho cercato dappertutto nella navata, quel signore con la barba bianca, ma me ne sono andato a mani vuote. Non parliamo della Sicilia e dell’Irpinia: lì l’Altissimo l’hanno preso letteralmente a pedate col silenzio-assenso delle curie. Hanno capito subito che non c’erano alternative a rimettere a posto le vecchie pietre. Hanno vinto. Il paese ha capito e ha dato una mano, ma è stata durissima. Una formidabile lezione di memoria e rivincita. Nessun dubbio, a Sant’Andrea, Dio c’è. Il Paese non è più lo stesso. In quarant’anni è cambiato. C’è pure qui meno solidarietà e meno anima, ma è stata una battaglia nobile. Il Re David, con la frase “Nel cuore dello stolto non c’è Dio”, ci invita a riflettere sulla condizione dell’uomo che non riconosce Dio. Il lettore moderno potrebbe essere indotto a pensare che il bersaglio di David sia l’ateo. In realtà non è così, infatti nel versetto seguente è detto: “(Gli stolti) sono corrotti fanno cose abominevoli e non c’è chi faccia il bene”. Infatti contro l’ateismo, non si può accampare la mancanza di chi fa il bene, perchè la coscienza etica non è privilegio del credente né si può accusare di stoltezza o insipienza chi nega Dio.

Con Stefano Benni, scrittore – attore – giornalista bolognese (ora vive a Roma), siamo amici da molti anni. Appena ha saputo del mio ricovero in ospedale, mi ha telefonato subito, chiedendomi un lasciapassare per entrare in contatto col Padre Eterno.
Gli ho risposto che avevo una gran voglia di vederlo, ma volevo che parlasse anche agli amici di Macondo, che lui conosce e apprezza. Sto scrivendo appunto a voi, per le due iniziative che scalderanno certamente i vostri cuori e le vostre menti per la festa di Macondo del 12 e 13 maggio, sempre a Bassano e sempre a Villa San Giuseppe.

Ritornando alla citazione del salmista Davide, leggiamo che lo stolto, nel suo intimo, è dominato dall’istinto del male. Quindi non ha alcuna possibilità di stabilire che cos’è la giustizia. Allora chiediamoci perché in questo mondo le cose non vanno secondo la misura della giustizia e perché prosperano gli empi, mentre i giusti i derelitti sono nell’angustia e nel dolore. Dov’è Dio quando il mondo precipita nel male? Dov’è Dio quando abbiamo bisogno di Lui? Le domande restano per il momento, senza risposte. A noi resta il compito di fare in modo che il bene copra e rimuova il male. Vi aspetto tutti, ai due incontri, con Stefano Benni e con Michel e Collette. Vi abbraccio con affetto e tenerezza.
Giuseppe Stoppiglia – prete e viandante.

4/3/2018
FRATELLI

“Solo pochi preferiscono la libertà.
I più cercano buoni padroni.”
(Sallustio)

Stiamo arrivando ai cento anni dalla fine della grande guerra. Fin da bambino, vivendo sulle montagne nel Massiccio del Grappa, ebbi la sensazione di sentirmeli tutti addosso i sentimenti dei soldati che avevano vissuto lassù. E insieme sentivo fortissimo il desiderio di comunicare tale consapevolezza.

Immaginavo il fango, il filo spinato, le bende intrise di sangue, e il rischio di essere sempre colpiti dai cecchini. Guardavo oltre la scarpata ed immaginavo i soldati che salivano a gruppi scompaginati, urlando come belve e la mitragliatrice che spazzava il campo. Tutto questo alimentava l’egoismo, innestando nei combattenti una vitalità ferina: la tua morte è la mia vita. Eppure io, piccolo bambino scoprii nel buco di roccia dove mi ero seduto, una verità umana universale. Compresi, allora che le radici di un uomo appartengono non solo a lui, ma si intrecciano con quelle di tutti. Quante volte ho cercato di spiegare la parola fratelli ai miei allievi, ai miei scolari. Venite ragazzi, davanti a me, chi pensa di poter rispondere, alzi la mano.
Giuseppe – prete.

13/3/2018
LIBERTÀ!

Molte delle nostre azioni rischiano di essere dei tentativi sbagliati, o peggio addirittura inutili e dannose. L’efficacia della pratica umana si misura dall’obiettivo che ci si dà. Se mettiamo al primo posto il successo come riuscita, avremo vittorie e sconfitte in base alle nostre capacità individuali. Ciò che abbiamo ottenuto o è mancato, potrà essere verificato, secondo valori economici, sportivi, morali, scolatici e sociali. Al termine di tali eventi, sentiremo un vuoto successivo alla prestazione. Un sentimento di inadeguatezza e mortificazione dopo il fallimento e una speciale inquietudine, se magari ci verrà appuntata la classica medaglia al petto, sperimentando così, la solitudine del campione

L’uomo veramente libero è quello che riesce a superare la schiavitù del risultato. Ciò che conta veramente è solo l’esperienza che facciamo vivere agli altri e non ciò che essi pensano di noi.
Giuseppe prete e viandante.

19/3/2018
RIDICOLO!

“Le persone non sono ridicole.
Se non quando vogliono sembrare
o essere ciò che non sono”
(Giacomo Leopardi)

Leopardi tocca con arguzia la realtà in una componente della vanità. Il ridicolo genera negli altri risa soffocate, sarcasmi e beffe, senza che il protagonista se ne accorga. Cieco e sordo avanza imperterrito, pavoneggiandosi. Nella vita un po’ tutti abbiamo avuto il nostro momento di ridicolo, magari sull’onda del successo. Infatti un passo oltre il sublime, nasconde spesso la caduta nel burlesco. Un uomo sapiente come Trilussa scriveva: “La lumaca della vanagloria, che era strisciata sopra un obelisco, guardò la bava e disse: già capisco che lascerò un’impronta nella storia”.
Giuseppe – prete.

23/3/2018
L’EDUCATORE – UOMO DEL FUTURO!

“La fede dell’uomo moderno nasce ferita, non è forte, non ha dietro di sé grandi architetture sociali e politiche pronte a sostenerla”
(Michel de Certeau)

L’uomo religioso resta da solo, avvelenato dai radicalismi e mortificato da chi parla a nome suo, senza averne la legittimità per farlo. E’ questa l’ora della verità. L’esperienza cristiana rifiuta radicalmente la riduzione alla legge del gruppo. E’ per questo che l’educatore è l’uomo del futuro, essendo colui che si dichiara disposto a recarsi in un luogo imprevisto. Si tratta di un individuo temerario, come dovrebbe essere il padre, pronto a raccogliere tutto il sapere, accumulato nel tempo per consegnarlo ai bambini. Loro sicuramente sapranno farne un buon uso. Per capire gli altri ci vuole l’intelligenza del cuore prima di quella della mente, Non basta vedere senza guardare. Non basta sapere senza volere.
Giuseppe -prete.

30/3/2018
ARCOBALENO…

Il divino si riflette con l’incanto più bello nell’occhio, umido di lacrime. Come l’arcobaleno è molto più bello del cielo azzurro chiaro.
(Soeren Kierkegaard)

Questa annotazione di Kierkegaard potrebbe sembrare paradossale. Il velo delle lacrime che scende sugli occhi, sembra offuscare, la visione, mentre invece ne celebra la visione. Coglie, infatti, il bagliore del sole divino, che non può essere sopportato dalla purezza dell’occhio razionale. La sofferenza può essere un canale privilegiato per incontrare il mistero. Persone superficiali,attraversate da una lacerazione interiore, si risvegliano dal sonno diventando nuove creature. La lacrima potrebbe diventare il segnale di una conversione, lasciandoci alle spalle il fascino del male e orientandoci verso una rivelazione luminosa. Nel vangelo, leggendo il brano del tradimento Pietro, è sintetizzato nelle due parole (pianse amaramente).
Giuseppe – prete.

19/4/2018
PRINCIPI O AZIONI?

Se io potrò impedire
ad un cuore di spezzarsi
non avrò vissuto invano.
Se allevierò il dolore di una vita
o allevierò una pena
o aiuterò un pettirosso caduto
a rientrare nel nido
non avrò vissuto invano!
( Emily Dickinson )

Questa poetessa americana ci insegna la legge evangelica del perdere per trovare, della gioia nel donare e non nel ricevere, dell’essere pronti a chinarsi sul piccolo che soffre, del dare, solo un bicchiere di acqua fresca, all’assetato per essere certi di non avere vissuto invano. In mezzo alla retorica odierna dell’apparire, dell’enfasi delle parole, ai segni del potere, diventa una scelta grande il nascondersi, il tacere, il servire, l’aiutare dolcemente il pettirosso a rientrare nel suo nido.

La politica e la società si riempiono la bocca nell’esaltazione dei principi che spesso sono dei mantelli, destinati a volte a coprire vergogne e vizi privati, con giusta attenzione all’ipocrisia che può trasformare il credo in rigidi principi. E’ necessaria, quindi, una fede autentica che generi convinzione e coerenza. Mentre l’ipocrisia rischia di trasformare il credo in rigidi principi, pronti ad essere assunti dall’osservante come alibi per diventare l’arma del fondamentalista.
Giuseppe – prete.

27/4/2018
GIOVANI E ADULTI…

Negli ultimi tempi sono accadute violenze preoccupanti che mi hanno fatto tornare in mente un testo di Platone, ancora oggi di grande attualità Il testo è di circa 2400 anni fa ed è triste solo pensare che ancora oggi sia così attuale.
Giuseppe – prete.

“Quando i padri si abituano a concedere tutto
ai figli permettendo che facciano il loro
capriccio e temono di dire loro anche una
parola; oppure quando i figli presumono di
essere uguali ai loro genitori e non li temono
più, non si curano di ciò che dicono
e non li lasciano neppure più parlare
perché si reputano adulti e persone indipendenti;
quando anche i maestri tremano
davanti agli scolari e preferiscono adularli
invece di guidarli con ferma mano sulla retta
via: in tal caso gli scolari non sanno più che
farsene di tali maestri; ecco che i giovani si
mettono alla pari degli adulti, anzi si ribellano
contro di loro con parole e con azioni.
Gli adulti allora si accodano dietro ai giovani,
si adoperano per compiacerli, fingono di
non accorgersi dei loro errori per non far la
figura dei guastafeste, e, per conservare un
briciolo di autorità, condividono i loro errori.
L’animo dei giovani e il loro spirito di sottomissione
si guastano. Ecco così la ribellione con
l’insofferenza di qualsiasi freno.
I giovani finiscono per disprezzare le leggi
e non tollerano più su di sé autorità di sorta.”

28/4/2018
I POVERI SONO MATTI?

I poveri sono matti – scriveva Cesare Zavattini. È ingiusto inquadrarli in una categoria sociologica, come fossero tutti uguali. L’immagine che ce li raffigura senza soldi, magari immigrati, privi di un posto dove stare, non corrisponde qualche volta alla realtà. Ho conosciuto un ospite in un centro di accoglienza, il quale possedeva una casa ereditata dai genitori, ma non in grado di mantenerla. Disoccupato, aveva difficoltà a coprire le spese condominiali. Forse aveva qualche rotella fuori posto, lo si capiva anche solo guardandolo, ma non era tanto grave da richiedere un tutore. Faceva saltare tutti gli schemi. Aveva insegnato letteratura inglese, ma nessuno poteva credere se non l’avesse visto, che uno studioso umanista non sapeva come sbarcare il lunario. Nel refettorio dove ci incontrammo, aveva lo sguardo vitreo, la giacca sporca, la sua mano tremante e pensai subito che se non ci fossero state le suore che si prendevano cura di lui, come avrebbe fatto a vivere?
Giuseppe – prete.

28/4/2018
CANTATA DELLA PACE

Caro Maestro, la tua richiesta di amicizia è un grande regalo, che voglio ricambiare con una mia composizione, che è stato il testo portante della CANTATA PER LA PACE, dove c’era un testo di San Giovanni Paolo II e un altro di Salvatore Quasimodo, che ha chiuso le manifestazioni giubilari del 2000 in S.Maria degli Angeli ad Assisi.

La pace non è la fine della guerra
La pace è nata prima della terra
La pace non si conquista con la guerra
La guerra è la fine della pace

La pace è libertà
La pace è serenità
La pace è uguaglianza
La pace è tolleranza
La pace è fratellanza

La pace non è una divisione
La pace è una moltiplicazione
La pace è una tavola infinita
La pace è la guerra per la vita

la pace non ha sesso
La pace è un processo
La pace fa gioire
La pace fa sognare
La pace fa amare

La pace non ha religioni
La pace non ha opinioni
La pace non conosce confini
La pace è allegra come i delfini

La pace è distensione
La pace è comprensione
La pace è remissione
La pace è il paradiso
La pace è un sorriso

La pace non ha prigioni
La pace non ha limitazioni
La pace non fa sondaggi
La pace fa gli uomini saggi

La pace non ha gendarmi
La pace non ha bisogno delle armi
La pace non conosce i colori
La pace è amicizia
La pace è infinita
La pace è guerra per la vita

Donate la pace. Regalatevi la pace.

Giuseppe Mannino è un artista famoso, nato a Graniti nella valle d’Alcantara, fratello di Antonino Mannino. ora vive a Roma.

4/5/2018
LA PAROLA

“L’uomo non è stato fatto per vivere solo,
ma per essere in società coi suoi simili.
È per questo che gli è stata data la parola,
al fine di comunicare i propri pensieri agli altri.”
(Montesquieu)

Sul ponte della parola passano l’amore, spesso inseguito dall’odio, avanza la felicità, che ha sopra le nubi del dolore, procedono assieme le scoperte della ragione e le verità del cuore. La citazione ha un risvolto amaro. L’uomo, per questo fine, ha ricevuto numerosi talenti, che scomparirebbero e si svilupperebbero solo in modo imperfetto, se egli passasse in solitudine. In agguato c’è l’isolamento, quando quel ponte si spezza e la persona rimane sola, senza una voce che non sia la sua, destinata a spegnersi nell’indifferenza della città e nella noncuranza degli altri.
Giuseppe – prete.

8/5/2018
LA POLITICA È SEMPRE

La politica non è prendere il potere e neppure fare soltanto delle cose. La politica è anzitutto sapere le cose da fare per il bene comune. Anche un despota, illuminato e disinteressato, può vedere qual è il bene comune. È più dignitoso consultare tutto il popolo, ma il popolo non è infallibile e può decidere il proprio danno. La maggioranza non ha ragione dal fatto di essere maggioranza. La volontà della maggioranza è legale, ma non è sempre giusta. Non è il numero che fa giustizia, ma il rispetto e l’attuazione dei diritti umani per tutti. La crescita dell’etica sociale (cioè la diffusione della cultura, il dialogo, l’informazione corretta e libera), senza queste prerogative la democrazia non basta ed è pericolosa, quando dà veste legale a l’ingiustizia. Qui conta il primato della coscienza sulla legge. Chi paga di persona per la giustizia e per il bene di tutti è il migliore dei cittadini ed è il vero “politico”.
Giuseppe – prete e viandante.

10/5/2018
SU NATALINO BALASSO

È un amico che stimo e amo per la sua trasparenza e genuinità. Per lui l’artista è colui che non si fa corrompere e la coscienza della sua spiritualità l’ha costruita percorrendo la strada maestra della giustizia, che è il nome plurale della libertà.
Per lui la vita spirituale di un individuo è il manifestarsi nel singolo della vita di tutti! Ci sono, infatti, singole persone che sanno ospitare un mondo e ci sono intere società che non tollerano un solo singolo che le contestino e così lo sacrificano.
Il percorso della spiritualità, non è un percorso dell’ottimismo, ma è un percorso della speranza. Chi non spera si siede sulle sue comodità o sulla forza del militarismo. Chi non ha speranza afferma che la guerra è necessaria, perché gli uomini sono cattivi!!
Il povero, invece, nutre la speranza e non si affida né al consumo né alla forza.
In mancanza della giustizia ( una giustizia più grande) non c’è verità. Non c’è chi possa dirsi libero, se non affermando un privilegio.
Giuseppe – prete e viandante

15/5/2018
LA GENTILEZZA

“ Il vero amore è come i fantasmi,
tutti ne parlano, ma pochi li hanno visti”.
(Rochefoucauld).

Una massima amara, ma è, purtroppo, abbastanza realista. Certamente un amore autentico, fatto di gratuità e di donazione pura e totale, è un fiore che sboccia raramente nelle praterie dominate dal colore rosso del sesso e dal grigio dell’egoismo e dell’abitudine. Eppure l’amore genuino esiste e resta il segno della grandezza della persona umana e perfino della trascendenza divina.Sono ogni giorno più convinto che l’amore è l’unica legge, che dobbiamo avere. Lo Spirito la scrive nei cuori. Il caso eroico che prova la nostra carità non arriva quasi mai. L’unico modo quotidiano per vivere l’amore, per me, è la gentilezza.
Giuseppe – prete.

18/5/2018
PROSEGUIRE

“In amore non si vede il punto d’arrivo,
né un appagamento, ma solo un continuo proseguire.”
(Max Frisch)

Dal piccolo libro della Bibbia, il Cantico dei Cantici, che narra mille e più iridescenze carnali e spirituali, ci arriva l’idea di andare oltre il limite. Questa intuizione vibra pure nelle parole dello scrittore di Zurigo, Max Fisch. E’ vero, l’amore, di sua natura, tende all’infinito, e, quindi, non è mai una ‘cosa’, una volta posseduta per sempre, (questo è solo il sesso). L’amore autentico è un continuo proseguire, è desiderio, e questa parola rimanda alle stelle. Per questo vivere l’amore in modo pieno è un’avventura ardua e incessante che ha come nemici l’abitudine, il possesso, e l’appagamento superficiale.
Giuseppe – prete

23/5/2018
VECCHIAIA

“Ricordati del tuo creatore finché sei giovane, prima che arrivi l’età degli acciacchi. Verranno giorni quando le tue braccia, che ti hanno protetto, tremeranno; le tue gambe,che ti hanno sostenuto diventeranno deboli. Avrai paura perfino di camminare per non cadere. Le tue orecchie diventeranno sorde al rumore della strada. Non sentirai più il canto degli uccelli. Ogni desiderio scomparirà e arriverai a dire: «Non ho più voglia di vivere.»”

Così descrive il Qoelet, piccolo libro della Bibbia, l’età della vecchiaia. Ho notato che i vecchi (appartengo alla categoria) si somigliano. I loro lineamenti cadenti, sono solcati dalle ruote del tempo. Hanno espressioni affaticate, amare, anche rancorose, a volte, ma alcuni volti di donne e di uomini, sono dense di vita, depositi leggibili di umanità vissuta, che il tempo ci arricchisce e non ci erode.Se la vita aggiunge anni, dà, pure, un compito e affida talenti da impiegare, da far crescere. Ci si sente liberi dall’ossessione competitiva. Per arrivarci basta che ognuno senta di essere se stesso e continui fino all’ultimo.
Giuseppe – prete.

22/5/2018
L’UOMO

“L’uomo è ben più di una macchina. È uno spirito, un dio nel mondo, ma lo è in relazione con le cose che lo circondano, ben più vitale e superiore a quella motivata dai soli bisogni”
(Friedrich holderlin)

Che l’uomo sia quasi un dio, lo afferma perfino la Bibbia (il salmista riconosce “Tu, o Signore, l’hai fatto poco meno che un dio”). Proprio per questo, non è riducibile a una macchina biologica, a un meccanismo puramente sensoriale, a un destinatario di prodotti da consumare. Il suo rapporto con la realtà che lo circonda non deve essere legato al solo bisogno, ma a un dato non solo materiale, ma anche spirituale ed è così che l’uomo vive, senz’altro di cibo, ma al tempo stesso di bellezza e di verità. Egli non è un grumo di cellule, ma un essere divino collocato da Dio nel mondo.
Giuseppe – prete.

2/6/2018
L’UMANITÀ È UNA SOLA

Si ride e si piange allo stesso modo in tutte le lingue. Nel treno dietro di me sento una giovane donna che telefona in una lingua che non conosco. Dai risolini, sospiri, silenzi, capisco che è una telefonata d’amore. L’umanità è una sola.

Qualcuno ha detto bene: “Lasciamo il pessimismo per tempi peggiori“ per almeno due motivi. Uno è che può sempre andare peggio, perciò moderiamo la lamentela. L’altro è che il pessimismo scoraggia chi ascolta, oltre chi lo proclama. La cultura è coltivazione dell’umano in noi, non è accumulo di conoscenze. La gerarchia che più conta, è quella della bontà.
Giuseppe – prete e viandante.

5/6/2018
IL MIO PAESE

Il mio paese è un corpo vivo. A ogni angolo c’è una presenza, un ricordo, un volto, ogni via è un’orma di vita. Ogni metro è segnato da un passo. La storia, umana o bellica, è presente. I trapassati continuano a passare silenziosi nelle strade. Sotto le nuove case riconosco i prati. Nel centro restaurato arrivano i nuovi cittadini e pian piano anche per loro, non senza fatica, si fanno vive le pietre.

Puoi traslocare centinaia di volte, ma nei sogni porti con te, sempre, la casa natale. È ancora piccola, com’era allora, ma è sempre più grande, continui a incontrarvi le generazioni passate, insieme ai nuovi nati. Il nostro spazio interiore è grande, come è grande e unico il paese. A volte vedo luoghi dove fui una volta, magari solo di passaggio e non ne ricordo più il nome, ne dove si trovano. Anche quello è il mio paese…
Giuseppe – prete e viandante.

7/6/2018
IL FIUME

“La felicità della goccia è di morire nel fiume.”
(al Ghazali)

Il rigore intellettuale del messaggio di questa frase si affida al bagliore delle intuizioni; è, infatti, una metafora della vita e della stessa persona. Siamo infatti, individui con una nostra identità ben precisa, come lo è la goccia, che stilla una dopo l’altra, da una foglia durante la pioggia. La nostra pienezza è però nell’incontro con gli altri, in una comunione di parole, in una unione d’amore, in una confluenza di pensieri, progetti ed opere. E’ l’approdo al fiume che, nel linguaggio mistico sufi a cui al Ghazali apparteneva, è l’abbraccio con l’infinito e l’eterno di Dio. Non a caso, Giovanni della Croce, mistico cristiano, era convinto che “Alla sera della vita saremo tutti giudicati sull’amore”.
Giuseppe – prete.

10/6/2018
AVER CURA

L’opera di evangelizzazione, la salvezza, il miracolo, non è sempre togliere la malattia, farla scomparire, ma accostare l’amore che cura. Con l’affetto e la cura, si può anche morire, ma senza non si vive davvero. La cura e il vangelo, (la buona notizia) è la visione del regno di dentro di noi. Facile da dirsi, si sa . Ma intanto si comincia a credere, la fede diventa opera, cura del prossimo e la pace si avvicina. La ragione è un meccanismo prezioso, ma può essere pericoloso se non è guidata, orientata da una passione ideale del bene e del giusto. Se la ragione è sempre autonoma dal potere non lo è dal valore che le dà uno scopo vero e buono. E’ questo che ci insegnano i veri maestri, più che argomenti e nozioni.
Giuseppe – prete.

15/6/2018
POLITICA

Credo che la buona politica sia votare bene, ma prima di essere un ‘voto’, debba essere un attento pensare a valori. Proporre valori sociali, umani e non solo il voto utile nell’immediato. Il compito politico maggiore è della cultura (intellettuali, informazione, scuola, formazione, etica pubblica) e anche compito delle religioni, che hanno un effetto sociale, senza alcun clericalismo col semplice proporre l’amore per gli altri.

Nel votare gli italiani oggi sono malauguratamente di destra, per estremismi egoistici eccitati dal cinico partito della paura. I partiti sembrano solo squadre per vincere il campionato del potere, non hanno infatti, un pensiero che proponga un cammino alla nostra società, assieme ai vari popoli, di cui è composta. Ogni piccola e seria attività di cultura civile, fa più politica dei partiti.

Della felicità vediamo le ombre e non guardiamo lei. Speriamo che, offesa, non se ne vada.
Giuseppe – prete.

18/6/2018
PERCHÉ CI PIACE VIVERE

Il bisogno di amare e di essere amati è la maggiore povertà e la maggiore ricchezza. Non di solo pane vive l’uomo. Perché ci piace vivere? L’origine di tutto è il grande interrogativo, che vuole la risposta sul significato di tutto. La morte è forse un mistico ritorno all’origine? Affidiamo i morti alla terra, madre di tutto. Non sappiamo, ma guardiamo, ascoltiamo, pensiamo, ammiriamo, aspettando risposte, di cui, a volte, ci sembra di ricevere brandelli, altre volte, in alcune persone più illuminate, luci più chiare. Certamente la morte ci interroga, ci turba, ma anche ci stimola a guardare più profondamente la vita. C’è un grande vitalismo superficiale ed agitato, oggi molto diffuso sul tabù della morte, ma è una grande stoltezza.
Giuseppe – viandante- prete.

19/6/2018
SILENZIO E VERGOGNA

In questa Italia grigia o nera un sentimento che sopravvive di rado, è quello della vergogna. Non lo provano i politici, ma certamente non lo provano i nostri connazionali, tutti in difesa dei propri privilegi e preoccupati di accusare gli altri delle proprie inadempienze. Di fronte alle sparate del ministro dell’interni e dei nuovi governanti, eletti da un popolo che ha perso da tempo il senso della realtà e della solidarietà con chi ne ha più bisogno. Quanti siamo ad occuparci degli immigrati in Italia? Magari ci diciamo tra di noi la nostra indignazione. Anche di questo oggi mi vergogno, non solo della miseria morale e politica di chi ci governa, e non vedo chi singolo o gruppo, voglia uscire dal suo piccolo e squallido egoismo.
Giuseppe – prete e viandante.

21/6/2018
COI PIEDI D’ARGILLA… PER CHI GIOCA A ESSERE DIO

Sentirsi padroni di plasmare la materia, volere a qualunque costo il plauso della gente e aspirare al mi piace planetario, considerarsi campioni da prima pagina o protagonisti di narrazioni da bestseller? È difficile dare una risposta a questa tipologia di umani, che ritiene tutto lecito sulla strada della propria affermazione. Qualsiasi cosa può essere sacrificata sull’altare del personale egoismo, siano vite umane o valori morali. Pur di realizzare il proprio obiettivo, si può spargere doni ed elargire benessere, come si può fare al contrario, se occorrono violenza e sopraffazione, con la stessa indifferenza, perché essere solidali o guerrafondai è un semplice effetto secondario, insignificante, di fronte al raggiungimento delle proprie mete progettuali.

Delirio di onnipotenza e bramosia di potere incondizionato, sembrano essere le regole di questo cinico gioco che domina non solo le azioni dei potenti del mondo, ma anche le scelte di molti altri sparsi nella normalità dell’esistenza (vedi Salvini).
Giuseppe – prete e viandante.

29/6/2018
GIUSTIZIA

“Se la giustizia scompare, non ha più valori la vita degli uomini sulla terra”.
(E. Kant)

La verità è comunque, unica: senza giustizia si ha solo un deserto, dove imperano le bestie. La giustizia è una tra le parole, più ripetute, soprattutto da coloro che la violano allegramente, come accadeva nella Firenze di Dante “il popolo tuo l’ha in sommo de la bocca”, ma la ignora nella vita. San Bonaventura scriveva che la giustizia si nutre di silenzio. Non sono le labbra, le parole, le prescrizioni, l’enfasi a generare automaticamente una società giusta, ma sono le mani, le opere, le scelte, la fame e la sete di giustizia, come aveva detto Gesù Cristo. Solo uno sguardo lungo e profondo sostiene l’azione. Alla fine di ogni argomentazione, non concludiamo, ma diciamo: qualcuno prosegua il discorso.
Giuseppe – prete e viandante.