Luglio-Dicembre 2016

5/7/2016
IL MATRIMONIO DI LUCA ED ELISABETTA

Mi ha portato tanta gioia. C’erano tante persone: amiche, amici, parenti e familiari. Il rito civile, è stato condotto con sapienza da Fulvio Gervasoni, un vero maestro, un educatore/eretico. Ho visto la gioia esplosiva di Luca e la bellezza timida di Elisabetta; due creature leggere come il profumo che sorge dalla terra, come la sabbia che accarezza le dita. Ho compreso Macondo – spazio gratuito dell’incontro – nato per sparire. Questo breve saluto personale a Luca ed Elisabetta, l’hanno portato le nuvole come segno di affetto e della risposta, ho dato alla mia vita. Ogni fede autentica (che non è monopolio del cristianesimo) ama l’umanità, come la ama Dio. Credere in Dio implica sempre fede nell’uomo. Come scrive Maurice Bellet. “La fede in Dio fallisce finché non include in sé la fede nell’umanità”.L’umanità del cristianesimo, più che una religione, è un cammino di “gestazione dell’umanità compiuta”.(Karl Barth). L’umano è un concetto generativo, “una coscienza anticipatrice” (Ernst Bloch), un seme da coltivare, una promessa da mantenere. L’agire di Dio si rivela nell’agire degli esseri umani, più che nella teologia e nella liturgia. Le novità del Padre, rivelato da Gesù, è la fedeltà all’infedele, l’amore per chi non è amabile e non ama. La misericordia è il nucleo propulsivo anche dell’amore politico, che non elude il conflitto, ma è nemico della logica iniqua e non dell’avversario. Il Vangelo esce dalla trappola del giudizio su meriti e colpe: il giudizio è Cristo stesso che, mentre mette in luce le nostre contraddizioni, le abbraccia nell’azione salvifica tenace e definitiva.
Giuseppe – prete.


5/7/2016
ANALFABETISMO POLITICO

Ho fatto l’impossibile, oggi, per non ascoltare i commenti dei politici sui risultati delle Elezioni. L’emergenza educativa mi ha costretto ad assorbirmi i loro discorsi inquietanti, paranoici e trionfanti, ma tutti senza speranza. Amici e amiche, personalmente credo in nuovi luoghi, luoghi per ridere all’aria aperta (la natura), luoghi per sentirsi comunità (l’umanità) a luoghi per attendere la vita eterna (che è già nell’oggi). Prendere la politica sul serio significa essere capaci di mettersi al posto dell’altro per poter accettare che è tanto reale quanto me.


5/7/2016
SCAVARE…
LO SCAVO PUO’ AIUTARCI A COSTRUIRE, NEL SILENZIO, UNA RIVOLUZIONE?

“Tra l’indice e il pollice riposa la mia penna tozza e comoda.
Sotto la finestra il suono netto e stridulo della vanga
che affonda nella terra ghiaiosa, mio padre che scava…
Io non ho la vanga, per seguire uomini così.
Tra l’indice e il pollice ho la penna.
Scaverò con quella.”
(Seamus Heaney)

Heaney, lo scrittore irlandese, premio Nobel nel 1995, scriveva ancora a penna con un gesto che ben comprendo, perché anch’io lo ripeto con certa emozione. Soprattutto per un genio come lui ogni parola era scelta con la stessa fatica con cui suo padre contadino affondava la sua vanga nella terra. Questo per dirvi che la vera poesia è uno scavo oltre i sassi della superficialità, alla ricerca di una sorgente di verità o di una radice di bellezza. Questo ci aiuti nei confronti della nostra fede, che ha la funzione di raccontare un tempo lungo. Perché l’impotenza di una domanda consente di sfiorare il bordo del mistero, scongiurando così, che il vuoto non si riempia di banalità.


17/7/2016
L’ACQUA

“Due giovani pesci nuotano. A un certo punto incrociano un vecchio pesce che procede in senso opposto. Li saluta e chiede: «Com’è l’acqua?» I due pesci lo ignorano, proseguono e uno dice all’altro: «Cos’è mai l’acqua?»
(David Foster Wallace)

Lo scrittore americano, volle spiegare ai suoi studenti il succo della parabola dei pesci, affermando che le realtà più ovvie, importanti e onnipresenti sono spesso le più difficili da capire e da discutere. Aggiungo che un proverbio arabo afferma: “Che cosa ci sia di più ovvio dell’aria, eppure guai se non la respiriamo”. Certamente non abbiamo coscienza del primato assoluto che hanno le realtà fondamentali come l’aria, l’acqua, il fuoco, l’energia. Le sprechiamo, le ignoriamo in modo incosciente fino al momento in cui vengono a mancare e ci sentiamo come afferrati alla gola. Perché non nascono all’interno di ciascuno di noi dei sentimenti di riconoscenza? Mentre il male, la cattiveria, la violenza e il crimine hanno sempre fruttato bene in arte, in termini estetici, ma soprattutto nell’informazione. A volte perfino per illustrare i vantaggi del bene, si comincia dal male? Ci si ferma a lungo a raccontarlo, a descriverlo, si vorrebbe ammonire, intanto si mette in scena la perversione e l’orrore, l’inganno e la crudeltà.
Giuseppe – prete.


20/7/2016
CAPELLI SPETTINATI.

Nei momenti di gioia, di grazia, di felicità non si può restare pettinati. Quando corri a perdifiato con il vento in faccia, quando pedali in salita, conquisti la cima, ti getti in discesa. Quando esci dall’acqua dopo una nuotata e scuoti il capo e i capelli schizzano di qua e di là e vanno dove vogliono loro. Quando offri il volto al vento e lasci a lui il compito di spettinarti, afferrandoti ogni singolo capello per fargli fare un giro di giostra. Quando il compito è difficile, i conti non tornano e la formula non quadra, la traduzione si inceppa, allora è proprio necessario passarsi le mani tra i capelli, sciogliendo loro, le idee escono dal nido e tutto si risolve. I capelli spettinati sono le idee che sorridono, la fantasia che fluisce, in fondo è libertà. Anche per far festa a un amico o a un compagno che segna un gol, non vi accorgete che lo spettiniamo?
Giuseppe – prete.


22/7/2016
ABBIAMO BISOGNO…

Abbiamo bisogno di contadini, di poeti, di persone che sappiano fare il pane, di persone che amino gli alberi e sappiano riconoscere il vento. Abbiamo bisogno stare all’aria aperta almeno due ore al giorno,

Abbiamo bisogno di ascoltare gli anziani, lasciare che parlino della loro vita. Costruirsi delle piccole preghiere personali e usarle. Abbiamo bisogno di esprimere almeno una volta al giorno ammirazione per qualcuno. Abbiamo bisogno di dare attenzione a chi cade e aiutarlo a rialzarsi, chiunque sia.

Abbiamo bisogno di leggere poesie ad alta voce e far cantare chi ama cantare. In questo modo non saremo tanto soli come succede, oggi, e soprattutto impareremo di nuovo a sentire la terra su cui poggiamo i piedi e a provare una sincera simpatia per tutte le creature del creato.
Giuseppe – prete!


28/7/2016
ASSASSINIO SULL’ALTARE

Amiche e amici, mi ha scritto il Vescovo Jacques Gaillot, già vescovo ausiliare di Parigi, amico di Macondo e ospite della nostra Festa. Ecco il suo pensiero e la sua risposta a chi non vuol ascoltare e capire.

Il dramma si svolge in Francia. In una chiesa tranquilla dove un prete anziano celebra la messa con alcuni fedeli. Bruscamente i simboli sono frantumati: la chiesa che è un luogo sacro di preghiera diviene un luogo dove si uccide. Il prete che officia all’altare, rivestito del suo camice, è sgozzato all’arma bianca. La Chiesa cattolica è colpita al cuore. Non si è più in Iraq o in Siria, ma in un paese francese della Normandia. Siamo avvisati. Questo prete di 84 anni ha servito fino alla fine come un servo fedele. Non gli hanno tolto la vita perché già da tempo l’aveva donata. Ha versato il suo sangue perché gli uomini non versino più il sangue dei loro fratelli. Questo buon pastore che amava le persone ha dato la sua vita per colui che l’ha sgozzato e per noi tutti, perché restiamo fratelli, gli uni vicini agli altri. La sua morte è seme di vita. È fonte di speranza e di solidarietà. Possiamo superare le nostre paure, abbattere i muri dell’odio, andare verso l’incontro con gli altri. Si tratta più che mai di costruire un mondo nel quale ognuno esiste per l’altro. Il futuro è aperto.
Jacques Gaillot – Vescovo di Partenia

Fa riferimento all’assassinio di Padre Jacques Hamel a opera di due militanti dell’IS, avvenuto il 26/7/2016 (N.d.R.)


31/7/2016
LA STORIA

“Colui per il quale il presente è l’unica cosa presente, non conosce nulla dell’età in cui vive. Per comprendere veramente il nostro tempo, bisogna comprendere tutti i secoli che lo hanno preceduto e che hanno contribuito a formarlo”
(Oscar Wilde)

Il fascino della storia credo sia uguale al fascino del mare, risiede in ciò che cancella. L’onda che sopraggiunge fa sparire dalla sabbia la traccia precedente. Agire con spirito positivo e disponibile verso gli Esseri Umani è semplicemente bello! Indipendentemente dalle risposte degli altri o dai risultati. Un fallimento o una delusione possono rattristare o addirittura angosciare, però non devono indurci o adeguarci all’indifferenza.

La storia non si costruisce mai mettendo assieme le singole storie, ma ognuno lavora, soffre e crede per vivificare la storia di tutta l’umanità. Ed è questo che mi convince di più di Gesù, che credeva nell’amore. Lo faceva sentire vivo, perciò né il tradimento, né la morte, neppure l’abbandono del Dio in cui credeva, l’ha indotto a negare la disponibilità, la tenerezza e la sua umanità.
Giuseppe – prete


10/8/2016
TRAMONTO

“Non piangere quando tramonta il sole, perché le lacrime ti impedirebbero di vedere le stelle”.
(Tagore)

Il crepuscolo è un grande simbolo per manifestare il declino della vita personale o della storia di un popolo. Accorgendosi che ormai gli anni stanno gocciolando verso la fine e che la luce è coperta dal sudario della morte, potremmo esser tentati dallo scoraggiamento o da una agitazione oscura. L’invito del poeta indiano è quello di entrare invece nel tramonto, camminando a occhi aperti e asciutti, perché l’avanzare del manto delle tenebre è trapuntato dal brillare vivo delle stelle. Fuori di metafora, anche nella parabola terminale della vita, si possono vivere realtà belle e buone. Certo, però, incombe su di noi una verità dura, che Oscar Wilde formula così. “Vivere è la cosa più rara al Mondo: la maggior parte della gente esiste, nulla più”.
Giuseppe – prete.


10/8/2016
VACANZE IN MOTO

Se fai le vacanze in motocicletta le cose assumono un aspetto completamente diverso. In macchina sei sempre in un abitacolo; ci sei abituato e non ti rendi conto che tutto quello che vedi da quel finestrino non è che una dose supplementare di TV. Sei un osservatore passivo e il paesaggio ti scorre accanto noiosissimo dentro una cornice. (ROBERT M. PIRSING)

All’amico Daniele Bellò. In partenza per le vacanze… Non so se da solo o con qualche amico, fatto e costruito come lui. Ti accompagno con questo mio pensiero e ricordo.

In moto non ti diverti a urlare, su una BMV 1200, in corsa, non fai grandi conversazioni. Invece passi il tempo a percepire le cose e a meditarci sopra. Su quello che vedi, su quello che senti, sull’umore del tempo e i ricordi, sulla macchina che cavalchi e la campagna che ti circonda, pensando a tuo piacimento, senza nulla che t’incalzi, senza l’impressione di perdere tempo. portami a volare con te.
Giuseppe – prete.


22/8/2016
COME UN GRANELLO DI SABBIA

“Visse come un granello di sabbia incolore sulla riva del mare, confuso tra mille suoi simili. E Quando il vento sollevò il grano di sabbia e lo trasportò all’altra riva del mare, nessuno se ne accorse”.
(Yitsaq Leib Perez – uno dei maggiori scrittori jiddish mitteleuropei)

Bonce, il silenzioso protagonista della metafora, coperto di umiliazioni fin da quando era bambino, fu emarginato e vittima di ogni sorta d’ingiustizia. La sorpresa sua e nostra sarà oltre la frontiera, della sua morte, ignorata da tutti. Nell’immagine del granello di sabbia c’è la storia di tanti uomini e donne, che passano accanto a noi, ignorati e che non osano stendere la mano, non implorano un conforto. Non lasciamo che sia solo Dio ad accorgersi di loro.

Amici e amiche, sabato 20 Agosto ho toccato i miei 79 anni. Sono rimasto felicemente sorpreso, edificato e commosso per gli auguri numerosi (più di ottomila) e di profonda qualità. Vi ricordo tutti e ciascuno e vi ringrazio dal profondo del cuore.

Solo chi ha atteso lungamente in grembo la nascita, ha il diritto di volgere lo sguardo verso il cielo. Non riusciamo a cambiare le cose secondo il nostro desiderio, ma gradualmente il nostro desiderio cambia.


23/8/2016
MISERICORDIA E CURA

“Oltre la mente c’è il mistero, ma oltre il mistero c’è la misericordia.”
(Heschel)
“Ogni tanto è bello spegnere tutto, perché rivivano le stelle e ci indichino la strada”.
(Abbè Pierre)

È mattino presto, qui nel bosco, in montagna. Esiste un momento, sospeso fra la notte e le prime luci dell’alba, in cui le palpebre stanche si chiudono, con movimenti immersi nel buio. Mentre altre si aprono lentamente. le foglie degli alberi fremono per alcuni attimi per un soave saluto alla luce dell’alba. “E’ possibile che il messaggio non giunga a destinazione, ma ciò non significa che sia inutile inoltrarlo”. Promettimi, oggi, amico mio, mentre il sole sta appena nascendo, che anche se ti abbatteranno con una montagna di odio e di violenza, ti ricorderai che nessun uomo è nostro nemico. Se la società fosse umana e non funzionale a scopi brevi, la vecchiaia non sarebbe maledetta e scacciata, ma avrebbe valore e riconoscimento, come ce l’ha la grazia del bambino, la fioritura e la bellezza dei giovani, la forza e la capacità dell’adulto. La vecchiaia è ancora vita, se la vita è stata vita. E allora ci chiediamo cosa sia cultura e quale sia la direzione, il senso del nostro vivere. Per questo diciamo che Macondo è sempre in viaggio e si chiede cosa sia la spiritualità, inseguendo la linea dell’orizzonte che è la laicità. Lo spirito di Macondo sta proprio nel mettere assieme le due parole: spiritualità e laicità. Ogni fede autentica (che non è monopolio del cristianesimo) ama l’umanità come la ama Dio. Credere in Dio implica una fede nell’uomo. “La fede in Dio fallisce finché non include in sé la fede nell’umanità” (Maurice Bellet). “Il cristianesimo, più che una religione, è un cammino di gestazione dell’umanità compiuta” ( Karl Barth). Il riferimento all’umano non si coglie facilmente. “L’umano’ è un concetto generativo, una coscienza anticipatrice” (Ernst Bloch), un seme da coltivare, una promessa da mantenere. Credere in Dio, che è misericordia, è la più radicale forza alternativa alla violenza. L’agire di Dio si rivela nell’agire degli esseri umani, più che nella teologia e liturgia. La novità del Padre, rivelato da Gesù, è la fedeltà all’infedele, l’amore per chi non è amabile e non ama. La misericordia è il nucleo propulsivo anche dell’amore politico, che non elude il conflitto, è nemico della ingiustizia e non dell’avversario. Il Vangelo esce dalla trappola del giudizio su meriti e colpe: il giudizio è Cristo stesso che, mentre mette in luce le nostre contraddizioni, le abbraccia nell’azione salvifica tenace e definitiva. Desideriamo che l’infanzia non cresca nella solitudine e che gli adulti possano indicare percorsi collettivi, perché loro stessi, scoprendosi immaturi, siano in grado di creare e scegliere le priorità nella vita. Nelle due giornate (sabato 27 domenica 28) ci accompagneranno tre parole: Misericordia – Accoglienza – Cura. Sono parole potenti per la forza con cui accompagnano il seme. Parole che ci siedono accanto, senza far rumore. Parole nude che occorre rivestire di gesti, come fanno i contadini quando lanciano il seme. Pure i relatori saranno tre. Rossana Virgili Una donna appassionata della vita e della Parola. Che ti ascolta guardandoti negli occhi, donandoti luce e forza. Giovanni Gaiera, un uomo giusto che vive un’attesa lunga e tenta di preparare un giaciglio a quel Dio che è partito per prepararci un posto. Lino Latella, un uomo che si attiva in ogni cosa che si è liberata del superfluo. Leggero come il profumo che sorge dalla terra, come la sabbia che accarezza le dita. Gli uomini e le donne senza vita interiore, senza l’autonomia nelle scelte e senza la consapevolezza di assumersi le proprie responsabilità, vivono in situazioni di assenza dai valori condivisi e di solitudine, pur nutrendosi di relazioni “virtuali”. Solo nella condivisione del Padre e del pane, degli ideali e delle necessità, della gioia di vivere e della propria fragilità può cominciare un processo educativo, che eviti le sofferenze e le rotture che spesso rendono le nostre vite faticose e tristi. Ricordate, oggi più che mai, quanto ha scritto il grande giornalista Ennio Flaiano: «Oggi il cretino è pieno di idee», «Quando l’uomo non ha più freddo, fame e paura è scontento.»

sabato 27 domenica 28, fa riferimento alle due giornate del convegno per famiglie e adulti (N.d.R.)


2/9/2016
NON INSEGNATE AI BAMBINI

“Non insegnate ai bambini, non insegnate la vostra morale,
è così stanca e malata potrebbe far male.
Forse una grande imprudenza
è lasciarli in balia di una falsa coscienza”
(Giorgio Gaber)

Carissime amiche e amici cari, domenica scorsa mi sono sentito quasi soffocare da emozioni forti e ho pianto davanti a voi come un bambino capriccioso. Perdonatemi! è forse la fatica, a volte distruttiva, di una malattia che ogni giorno si prende qualcosa? Sì, ho scoperto la fragilità come dono, ma quando sento le vostre invocazioni, mi sembra che l’angoscia prenda il sopravvento e il pianto schiacci l’urlo di chiedevi “consolazione”.

Castoriadis scrive che ci sono tre professioni “impossibili”: la psicoanalisi, la pedagogia e la politica. L’impossibilità di queste professioni deriva dal fatto paradossale che il risultato, per così dire, a cui tendono non può essere realizzato dall’esterno (cioè dallo psicoanalista, dal politico e dall’educatore), ma soltanto dall’interno dello stesso destinatario della parola, dallo stesso paziente attraverso un’auto/trasformazione dei propri pensieri e dei propri sentimenti. Chi fa l’analista o l’educatore o il politico si trova sempre di fronte alla paradossale situazione per cui deve avere di mira un risultato che non dipende affatto dal suo intervento discorsivo, ma che anzi, per essere veramente efficace, deve proprio evitare che ciò accada. In altri termini tutto ciò che si propone di realizzare l’auto/trasformazione del destinatario della parola, paradossalmente non deve essere realizzato dall’esterno e quindi da chi educa o fa un discorso politico, ma autonomamente dall’altra persona che si trova di fronte. L’auto/trasformazione, d’altra parte, consiste nello sviluppo dell’autonomia del destinatario della parola -psicoanalitica, pedagogica o politica- che non può essere data in anticipo per scontata, altrimenti non si capirebbe perché si istituisce il rapporto psicoanalitico o il rapporto educativo. L’auto/trasformazione, nel senso dello sviluppo dell’autonomia della persona, deve condurre per l’appunto all’assunzione di uno sguardo sul mondo e sulle cose che non sia lo sguardo di altri e che perciò permetta di istituire col mondo esterno e con se stessi relazioni di corrispondenza affettiva, tali da rendere possibile l’espressione a se stesso di ciò che si prova. Le politiche dell’umanità vengono forgiate da uomini privi di ideali e d grandezza. «Gli uomini che hanno dentro di sé la grandezza non entrano in politica.» (Albert Camus)
Giuseppe – prete.


3/9/2016
LE SPIGHE

“Le spighe si elevano con la testa dritta e fiera finché sono vuote. Quando nella loro maturità sono colme e piene di grano, si fanno umili e abbassano il capo. Hanno rinunciato alla loro presunzione, hanno riconosciuto dalla loro condizione naturale. (Montaigne)

L’autore guardando la campagna vicina alla sua abitazione, un semplice fenomeno naturale, lo trasforma in un metafora morale. Quando siamo ancora giovani e immaturi siamo pronti a essere giudici sferzanti e implacabili. Siamo tutti in grado di assegnare soluzioni sbrigative a tutti i problemi, sotto la frustra dell’esperienza anche noi come le spighe, colmi di chicchi, consapevoli dei limiti, più saggi nel giudicare, perdendo quella presunzione che ci faceva levare il capo in un altezzoso giro d’orizzonte. Purtroppo non tutte le spighe si riempiono di grano e non poche rimangono quando sono vecchie con la loro fluttuante vacuità pur essendo secche.
Giuseppe – prete.


7/9/2016
TENEREZZA

Un giorno mi trovavo a Campinas (Brasile), chiesi improvvisamente a Rubem Alves, noto psichiatra, antropologo e scrittore: qual è il segno della maturità umana? Qual è per te il segno che un uomo o una donna sono maturi? Rispose subito: «La tenerezza.»

La tenerezza è quando il nostro corpo, il nostro spirito, il nostro animo sono unificati. Essere a proprio agio con il nostro corpo. La tenerezza è aver assunto la propria sessualità, non averne paura, non temere la relazione con l’altro.

La tenerezza è il modo con cui la madre porta in braccio il proprio bambino, il modo con cui un’infermiera cura le ferite. La tenerezza è non fare mai del male a un povero. La tenerezza è la qualità d’ascolto, un modo ti toccare. Qualcosa che dà sicurezza, che rivela all’altro: «Tu sei importante». Amare qualcuno non vuol dire “fare delle cose”, ma rivelargli il suo valore. Tu dunque hai un messaggio da dare: la tenerezza. Credo sia il dono di Dio per l’essere umano, ma richiede tempo.
Giuseppe – prete


12/9/2016
SINISTRA E DESTRA

“Strana epoca diranno di noi gli storici del futuro, in quella in cui la sinistra non era sinistra, la destra non era la destra, il centro non stava nel mezzo”
(Andrè Malraux)

Malraux aveva alle spalle, oltre che il Ministero della cultura con il governo De Gaulle, una vita turbolenta di scrittore, di viaggiatore, di avventuriero. È forse il classico uomo nato incendiario e morto pompiere? Il suo commento sembra piuttosto quello di un odierno cronista parlamentare.

Nel funerale delle ideologie ci siamo liberati (beneficamente) dai dogmatismi, dalle isterie teoriche e dai sistemi cristallizzati. Si è pure, purtroppo, semplificato il pensiero, si è banalizzata la progettualità, sbeffeggiato gli ideali, si è spento la dialettica e ridotto il confronto a vacuità o a scontro. Per questo non pensate che sia necessario ritornare alla dottrina, alla chiara distinzione fra destra e sinistra, alla gamma dei colori che abbiamo frettolosamente abbandonato, per un grigio paurosamente monocromo?
Giuseppe – prete.


17/9/2016
CRETINI

“Se li chiamassimo diversamente intelligenti, i cretini sarebbero meno cretini?”
(Laura Grimaldi)

È una sferzata contro l’ipocrisia di alcune locuzioni del politically correct. Per natura e per formazione sono difensore strenuo del rispetto delle persone, ma talora il luogo comune si china riverente anche di fronte al vizio o alla stupidità, considerandoli diversamente morali o diversamente intelligenti. Occorre avere il coraggio di andar contro certe derive sociali che non osano dire che il re è nudo, che una escort è semplicemente un prostituta e che un cialtrone rimane tale anche se si affaccia a uno schermo televisivo.
Giuseppe – prete.


20/9/2016
I GIORNI DEL CANTO DELLA MERLA

Siamo negli ultimi giorni di gennaio. Seduti sul lato destro del fiume Brenta, prima che raggiunga la dorsale della Valgadena. Ho sempre sentito parlare dei giorni e del canto della merla, ma non sapevo dove scovarli. Mia mamma, nata a Sasso Stefani, mi aveva promesso che un giorno, magari alcuni mesi in anticipo sulla Prima comunione (fatta a sei a anni) mi ci avrebbe portato lei. Nell’altra riva, che al buio, intravedo il minuscolo Borgo di Rivalta. La nostra sponda è alta. I canti, in dialetto, del coro delle donne, è una cosa impressionante e deliziosa nella mia fantasia di bambino. Raccontano sul merlo bianco che diventa nero nel camino delle case, sui loro amori contrastati e sulle coppie che fuggono sul ghiaccio del fiume che inghiottirà pure la merla.

Il protagonista principale è il gelo. A ogni frase del coro che sta a fianco a me, risponde un lamento canoro che viene dal buio della riva opposta. Qualcuno suona la fisarmonica. Le stelle hanno deciso di non partecipare. La prassi richiede un boccale di caldo vin brulé o una vitrea grappa trasparente. Poi è il tempo di falò. Le fiamme litigano con l’oscurità. Il caldo è affrontato per le corna dai gradi attorno allo zero. Sento di essermi ritrovato interamente nella mia valle, come una radice di pioppo o una carpa, che non si lamentano del freddo nella bassa pianura, veneta, velata dalle nebbie.
Giuseppe – prete.

Non chiedetemi perché lo ha pubblicato a settembre, probabilmente un ricordo riaffiorato dalle nebbie del tempo, tenuto stretto per poi offrircelo (N.d.R.)


24/9/2016
LA MARCIA PER I “BAMBINI DI STRADA”

“Abbraccia un bambino e avrai il sole nel cuore.”

Domani domenica, 25 settembre, sulle colline di Valle San Floriano ci sarà la marcia, per i “Bambini di strada”. Viene organizzata dal gruppo Macondo di Marostica.

Camminare coi piedi che cercano di percepire i lineamenti della terra senza violentarla. Passare attraverso i confini del cuore delle donne e degli uomini, non per negarli o superarli, ma col desiderio di viverli e abitarli.
Attraversare le domande che si levano dall’ambiente che ci circonda, essere spettatori, non estranei, del nostro viandare… questa è la beatitudine che vi auguro di trovare domani mattina.
Giuseppe – prete


4/10/2016

Carissimi, siamo tornati dalla Romania. Un po’ acciacati Stefano e Angelo, con una notte infernale alle spalle.
È stata una scoperta molto bella. Marianna ama l’infanzia e ha scelto i poveri. Ha costruito un gruppo di simpatizzanti più di 40 persone e ha vissuto con un’emozione contagiosa il nostro pelligrinare e poi non ci ha mai lasciati un momento in apnea per noia o altre storie.
La Romania è molto bella e la storia recente l’ha resa famosa per i suoi ricchi corrotti, ma l’animo della gente è molto buono.
Ora molti nomi di amici e ancora più forti tante amiche sono scritte nel mio cuore. Grazie e ancora grazie!


7/10/2016
AVERE – ESSERE

In questo misero mondo chi ha è, chi non ha non è. Per questo la lettera “a” precede sempre la lettera “e”.
(Vincenzo Padula)

Questa deliziosa citazione è stata raccolta dal racconto di un prete rivoluzionario, calabrese, dell’800, il quale aveva appreso dal padre, di modesta cultura, quella costante e amara esperienza. Purtroppo come la “a” è la prima lettera dell’alfabeto,così la “ha” del possesso, impera nella società e nella storia. Sembra vera la definizione di Sartre in Essere e il nulla: “Io sono ciò che ho”. E per molti il sogno è quello. Il paradiso, scriveva Erich Fromm, per l’uomo moderno, è un grande magazzino, dove ciascuno di noi ha a disposizione un’infinita quantità di denaro.

Vi lascio con un pensiero ( domani sera sarò a San Giovanni in Marignano (Rn) alla Festa dei 50 anni di Messa dell’amico don Piero), scritto da Alda Merini: «Io non ho bisogno di denaro. Ho bisogno di sentimenti, di parole, scelte sapientemente, di fiori detti pensieri, di rose dette presenze. Ho bisogno di poesia, quella che brucia la pesantezza delle parole.»
Giuseppe – prete.


8/10/2016
L’UTILITA’ DELLE COSE INUTILI

Festa di don Piero Battistini. (Versione abbreviata).

Arrivò un angelo. Venuto da dove, non lo so. Era ottobre del 1961. Frequentavo, a Bologna, presso il Seminario Regionale, il Corso Teologico. Era uno sconosciuto. Chi ti manda? Gli chiesi. Lui non rispose. Mite, paziente e sicuro, parlò con lentezza al mio cuore. Accettai la sua amicizia, dicendogli che la mia paura non cercava rivali, ma solo la quiete per vincere il nemico che è in me… e lui, quasi piangendo, aggiunse. “La vita non mi stanca mai e anche tu non dovrai stancartene”. Gli ho risposto di sì. E da allora siamo diventati amici, dicendogli che dobbiamo vivere con passione, perdere con classe e vincere osando.
Quasi con distacco aggiunse: «Tu, non sforzarti di tacere, ascolta, perché nessuno scorge i propri occhi, è la luce che fa girare lo sguardo sull’altro.» Quando il dolore bussò alla mia porta, ne ebbi paura; l’ambizione mi chiamò, ma temetti l’imprevisto. Malgrado tutto, lui mi fece scoprire che avevo fame di un senso da dare alla vita… e ho imparato ad alzare le vele e a prendere i venti, creati dalla provvidenza, mai dal caso o dal destino, dovunque spingano la barca. «Dare un senso alla vita può condurre alla follia, ma una vita senza senso è inquietudine, tortura, spavento, è la morte», bisbigliò. La conosceva anche lui. L’amicizia nasce dalla condivisione, che precede ogni divisione, perché, ciò che ha da spartire, è il fatto stesso di esistere, la vita stessa. La saggezza, che in parte possiedi, non è utile. Non è una serva, non si può raggiungere, né conquistare, né affermare e tanto meno capire. Esiste solo quando la vita fluisce in pienezza. Credo che preparare una dimora alla saggezza significhi, ciò che hai fatto tu, in questi cinquant’anni di sacerdozio: mettere radici nel centro della realtà. E la strada che hai percorso e ci ha resi partecipi, questa sera, con la tua narrazione. (Omelia). Chi viene a chiederti ospitalità, o si inginocchia ai tuoi piedi, per domandarti un’elemosina, sono angeli che Dio ti manda, per sapere chi tu sei. Chi non sa ascoltare l’altro, il fratello, ben presto non sa ascoltare, neppure Dio. La vita di ciascuno di noi non è un discorso, ma un parto. Hai deciso di venire a Comacchio e di restare con me una settimana, per ascoltarmi e farmi capire che stavo sbagliando ad andare in fabbrica come prete/operaio. A te apparve subito una scelta sgangherata, sventurata e arrogante nei confronti della Chiesa. Mi accusavi di superbia e di arroganza nei confronti della Chiesa e di ostilità nei confronti del clero. Al quarto giorno avevo esaurito la pazienza e ti dissi di ritornare a Rimini. Io stesso ti portai alla stazione di Ravenna. Non scesi neppure dalla macchina per salutarti e abbracciarti, perché proprio tu, l’amico più caro che avevo, non mi capiva più. Ritornando a Comacchio da solo, ho pianto di rabbia e di delusione. Tra noi cadde un silenzio pesante. Avevo perso anche te.

Quella sera, a Bologna, rientrai al solito orario. Mi accorsi che, salendo al secondo piano, qualcuno aveva avviato l’interruttore delle scale, ma non vidi nessuno scendere, anche se ero intento a leggere il giornale. Quando arrivai sulla porta dell’appartamento, trovai proprio te, don Piero. Fu un tonfo al cuore. In silenzio, restammo abbracciati, per quasi mezz’ora, piangendo e singhiozzando ambedue. Parlammo tutta la notte delle nostre vite e capii che l’amicizia per don Piero vale di più di ogni religione, di ogni sicurezza e di ogni appartenenza. Grazie, caro don Piero.
Giuseppe Stoppiglia
S. MARIA (RN)


15/10/2017
L’EBBREZZA DELL’AUTENTICITA’

(Una sintesi del pensiero espresso nell’omelia al matrimonio del mio nipote Fabio con Martina).

Il fulcro del matrimonio è la GIOIA, oggi piuttosto assente, nella liturgia dei matrimoni, sia religiosi, sia in quelli civili. La liturgia del matrimonio, è un servizio, quindi entusiasta, contagiosa, immersiva, viva. Non essendo a servizio di se stessa non significa che sia uno spettacolo di intrattenimento, a cui molti si affidano.

Il sacerdote non è un funzionario dello spirito. È colui che possiede l’energia, la gioia e l’entusiasmo di un incontro, non casuale, ma cercato e voluto da Dio. Se non c’è la gioia, la prassi è inutile, si avvita su se stessa in una teoria di gesti vuoti, diventando auto/celebrativa e auto/confermativa. Solo l’entusiasmo è in grado di superare la barriera dell’altro, di generare una relazione autentica. Credo non ci sia nulla di più contagioso di una vita vera. Nulla di più repellente di una avvertita falsità delle parole, anche le più profonde, non incarnate nella sostanza vibrante di una vita entusiasta. Tanta è la forza e l’ebbrezza dell’autenticità.

Non chiudetevi nel vostro recinto di norme, con lo sdegnoso distacco di chi si chiama fuori e si erge a giudice delle istanze altrui senza compromettersi. Sarebbe un segno di debolezza interiore e di una perdita irreversibile di gioia che inaridisce la vostra vita.
Giuseppe – prete.


21/10/2016
GIORNALE… E I CLASSICI.

“Omero nuovo, questa mattina e niente è, forse, così vecchio come il giornale di oggi”
(Charles Péguy)

Camus – scriveva – a proposito: “Per diventare famosi, in ultima analisi, basta ammazzare la portinaia”. Effettivamente i giornali che dovrebbero offrirci le novità, spesso sono ripetitivi e scontati. Quell’originale autore, che è Péguy, sembra proprio aver ragione. Siamo infatti ben lontani dall’ottimismo di Hegel, convinto che la preghiera del mattino per l’uomo moderno, sia la lettura del giornale. In verità sono proprio i Grandi Classici ad aprire squarci sul presente e sul futuro. Sono capaci di rappresentare la realtà e di dare senso alla vita. Credo sia l’idea sottesa che si possa dare a una frase dello scrittore e giornalista Ennio Flaiano, quando afferma che “Oggi il cretino è pieno di idee”.
Giuseppe – prete.


23/10/2016
LA BESTEMMIA SUL CASTIGO DI DIO.

“Nessun castigo divino. Dio crea, non distrugge”

Dal profilo facebook “Medjugorje, Casa della tenerezza di Dio” si legge: «Le profezie prima o poi si avverrano. Utero in affitto, matrimonio omosessuale, attacco alle famiglia, ecc… bisogna tornare ai veri valori.»
Così risponde il biblista Alberto Maggi ai necrofori, che trovano il loro abietto alimento, (vedi terremoto) sulle disgrazie altrui.
Le loro argomentazioni, tremende quanto ridicole, spietate quanto disumane, non hanno alcun fondamento, ma, approfittano del momento in cui le persone sono stordite dal dolore per scagliare le loro sciocche e stupide sentenze. Il loro verdetto è sempre quello del Castigo di Dio. In queste persone c’è un sadico piacere nell’affondare il coltello sulla piaga del dolore per rivendicare la loro ragione nell’immoralità della società, la depravazione dei costumi, l’abbandono della pratica religiosa. “Pur rifacendosi a Dio questi beccamorti mostrano di non conoscerlo minimamente.” Dio è amore (Gv4,8) e nell’amore non c’è alcuna traccia di castigo. La buona notizia di Gesù non contiene minaccia di castighi divini. “Il Padre non castiga, ma perdona. Lui è un Dio che nel suo amore, arriva a essere benevolo verso gli ingrati e i malvagi”.
Dio ha mandato Il Figlio nel mondo, non per giudicare il mondo, ma perché sia salvo per mezzo di lui. È una bestemmia pensare che Dio abbia mandato il suo unico Figlio per salvare il mondo e poi lo voglia distruggere a forza di cataclismi.


29/10/2016
AMORE E POSSESSO!

“Non confondere l’amore col delirio del possesso, che causa le sofferenze più atroci. Contrariamente a quanto si pensa, non è l’amore a far soffrire. È invece l’istinto di proprietà che è il contrario dell’amore”.
(Antoine de Saint – Exupery)

È la voce di un sapiente berbero che esprimeva in modo luminoso la contraddizione fra amore e possesso. Una verità ignota al geloso o peggio ancora, a chi uccide la sua donna, proprio perché la considera un suo possesso. Amare significa, invece, donarsi, e, quindi l’appartenersi in amore è solo reciproco come recita il Cantico dei cantici: “Il mio amato è mio e io sono sua.Io sono del mio amato e il mio amato è mio”. Se si introduce “il delirio del possesso”, si trasforma l’amore nel suo antidoto, un idolo d’oro che genera perfino odio, se temi che ti sia sottratto.
Giuseppe – prete.


31/10/2016
LIBERI E SANTI

“L’anima libera è rara, ma quando la vedi la riconosci, soprattutto perché provi un senso di benessere quando le sei vicino.”
(Charles Baudelaire)

Domani è la Festa dei Santi. Non dovremmo più associare l’idea di santità alla perfezione o al miracolo. Santo può essere detto chi ascolta e accoglie, nonostante le proprie imperfezioni, lo Spirito Santo.
Lo Spirito di Dio soffia in tanti modi, non è monopolio di nessuno e non sai da dove viene e dove va, ma è vento nuovo, di profezia e di sapienza, che rinnova tutte le cose. In questo senso i primi cristiani si dicevano ” santi”. Così sono “santi” gli uomini e le donne in cui senti una vita spirituale intensa che si comunica attorno. E’ la sapienza e la costanza di andare avanti con coraggio, giorno per giorno. Se ognuno di noi esprime ciò che sente dei dolori e delle speranze, delle gioie e delle paure, delle bellezze e dell’oscurità dell’umanità a cui partecipa, la parola sarà sua e sarà vera.
Giuseppe – prete.


7/11/2016
IL MALE NON VIENE DA DIO

Le calamità naturali, non hanno come origine immediata e diretta Dio, bensì la struttura limitata e il carattere dinamico del cosmo creato. Quanto alla prima, come sperimentiamo spesso i nostri limiti, nella malattia, nell’invecchiamento, nella stanchezza, nella fame, nella sete e infine nella morte, così accade per l’universo e il pianeta, che siamo chiamati ad abitare. Questo limite cosmico, per cui percepiamo il mondo ben diverso e lontano dall’assoluta perfezione paradisiaca, non può non coinvolgerci come creature, sia in quanto spesso ne subiamo le conseguenze, sia in quanto siamo chiamati, con la nostra intelligenza e capacità, anche tecnologica, a rendere il mondo sempre più abitabile e la natura meno nemica. Quanto al dinamismo, è lo stesso che ha fatto sì che il pianeta terra si configurasse come luogo capace di accogliere la vita e l’umana esistenza, non senza lotta e “dolore”.
Giuseppe – prete.


9/11/2016
HA VINTO TRUMP

Un amico mi ha scritto “Perché il popolo sceglie sempre Barabba?” Quando si parla alla pancia di un popolo, questo risponde in modo irrazionale… Questa è follia, non democrazia. La demagogia sporca e irride molto peggio della menzogna. Oggi Trump ci ha tolto la maschera e ci ha denudati.

Trump è il male. Lo possiamo dire in nome della ragione, davanti alla presentazione che egli ha fatto di se stesso. La Clinton non mi ha mai convinto. Sarebbe stata una mela avvelenata. Ricordo che, sanguinaria e cattiva, convinse il marito, Presidente degli Stati Uniti d’America, a non dare la grazia ad un condannato a morte, disabile, costringendolo anzi a presenziare all’esecuzione, per motivi di consenso popolare! Un personaggio equivoco e scorretto. Perché abbiamo fatto il tifo per la Clinton? Oggi è deluso in noi il segreto desiderio ( ipocrita e imbroglione) di trovare sempre una facile soluzione: ma i nodi vanno affrontati, e magari sciolti. Ognuno è quel che è: niente scuse. Non aspettatevi delle soluzioni morali dalla politica, perché ha politicizzato perfino l’etica.
Giuseppe – prete.


10/11/2016
ATTENZIONE…

Stai attento ai tuoi pensieri, perché diventano parole. Stai attento alle tue parole, perché diventano azioni. Stai attento alle tue azioni, perché diventano abitudini. Stai attento alle tue abitudini, perché diventano il tuo carattere. Stai attento al tuo carattere, perché diventa il tuo destino.
(Talmud)

È veramente, irrefrenabile questo passo, preso dal testo delle Grandi tradizioni ebraiche, è la parabola della storia di ciascuno di noi. Vorrei porre l’accento sul monito reiterato, ‘ Stai attento ‘. Mentre il profeta Ezechiele si definisce come la sentinella, che segnala il pericolo, la funzione della coscienza è quella di scuotere il sonno della ragione. Oggi invece, sembra indurre ad un addormentamento del’anima, del cuore e della mente, così che il fiume irrefrenabile evocato, possa dilagare senza rumore e senza ostacoli.
Giuseppe – prete.


19/11/2016
LA MATEMATICA E IL SUO MAESTRO

“La medicina crea persone malate, la matematica persone tristi e la teologia dei peccatori”
(Martin Lutero)

Anche se Lutero non brillava per la sua ironia, qui ha creato una battuta decisamente folgorante. Confesso che la mia predilezione era, la letteratura e la storia, ma ho ottenuto, in liceo, voti alti anche in matematica. Questo lo devo ad un docente straordinario, capace di svelare, in tale disciplina, l’armonia suprema che la reggeva.

Vorrei allargare il discorso alla decisiva funzione cha ha un vero maestro: egli non insegna soltanto, ma fa, pure, innamorare della bellezza del sapere. Bertrand Russell diceva che “La matematica, vista sotto la luce giusta, possiede non solo la verità, ma anche suprema bellezza, fredda e austera, come quella di una scultura”.
Giuseppe – prete.


22/11/2016
CENTO ANNI FA NASCEVA DAVIDE TUROLDO.

” Avere ragione troppo presto, equivale aver torto”
(Yourcenar)
“Padre Davide ha avuto da Dio due doni: la fede e la poesia. Dandogli la fede, gli ha imposto di cantarla tutti i giorni “
(Carlo Bo)

Padre Davide Maria Turoldo nacque il mercoledì 22 novembre di cento anni fa. Morì all’alba del 6 febbraio del 1992, in una clinica milanese, devastato e scarnificato dal ‘mostro’, insediato nelle sue viscere (per usare una sua immagine). Visse poco più di 75 anni, ma almeno il ciclo di tre vite comuni, tanto fu intenso il suo tempo esistenziale personale, rispetto al tempo computato fisicamente dagli orologi.

Aggiungerei, perciò, alla citazione di Carlo Bo, suo caro amico, oltre a tutti i giorni, ‘in tutti i luoghi’! Dalle campagne friulane di Coderno (origine che non ha mai dimenticato), ai sotterranei della lotta antifascista, dagli echi delle volte del Duomo di Milano, alla calda familiarità di Nomadelfia, dall’amatissimo convento di Sotto il Monte, alle sale, alle aule, alle piazze vocianti, dal lontano e sterminato Canada ai piccoli centri o al villaggio bergamasco o calabrese. La sua esistenza, infatti, avventurosa e gloriosa, è stata segnata da questa capacità, propria dei profeti e dei geni, di stare coi piedi nella polvere del presente, ma con la testa che già intuisce limpidamente il futuro e lo precorre. Si comprendono, così, i continui incontri e scontri che segnarono la traiettoria, tutt’altro che lineare, della sua vicenda personale; lui fu sempre un fiume in piena. È arduo e difficile stendere una biografia di una simile figura, che ha inciso un solco profondo nella storia della Chiesa italiana, della cultura, della società e della stessa politica, con risonanze internazionali.
Per lui vale quanto scrisse Bernard Groethuysen in ‘Vita di Goethe ‘. “Alcune biografie possono essere una storia universale “. È proprio per questo che si resta stupiti ed ammirati di fronte al ritratto che si ricava della sua vita e della sua testimonianza.

A questo punto mi sia permessa una sottolineatura personale. Lo incontrai, la prima volta, a un corso di Esercizi Spirituali, che feci, da giovane prete, a Badia Fiesolana. Oltre a lui, c’erano per lo spunto alle riflessioni e alle meditazioni: p. Umberto Vivarelli e p. Ernesto Balducci. Straordinari e Indimenticabili! Furono giorni di una ricchezza unica, anche perché dalla struttura corporea dei tre “granatieri”, traboccava tutta la dolcezza e tenerezza della loro umanità. Fu, però, a Bologna che ebbi l’onore e la gioia della sua amicizia e della sua condivisione. Ci incontrammo, nel 1982, all’Eremo di Ronzano. Già da sette anni lavoravo, come prete operaio, alla Riva Calzoni. Lui tornava da un giro nella zona del Delta del Po. A Pomposa, presso l’Abbazia, aveva incontrato alcuni sacerdoti della mia diocesi, quella di Comacchio e Ferrara. Premetto che conosceva personalmente mia sorella suora, Sr Tarcisia, tornata dal Brasile dopo dodici anni, per essere eletta Priora Generale delle Serve di Maria Riparatrici. Una servita, pure lei. Casualmente, in quel giorno, dovevo passare a Ronzano per chiudere un Direttivo del Sindacato degli edili della Cisl. Padre Davide aveva ordinato al padre portinaio, che appena arrivavo di chiamarlo subito. Fu così che mi sono trovato improvvisamente di fronte alla sua figura imponente e sanguigna, dalla quale usciva una voce da cattedrale o da deserto, vanamente temperata dall’invincibile sorriso degli occhi chiari, che continuava a ripetermi, sii fedele a te stesso e ai poveri, non temere perché Gesù è con te. Mi ha stretto con le sue mani enormi al petto, baciandomi ripetutamente e confessandomi che era venuto a Bologna proprio per incontrarmi. Voleva conoscermi, avendo sentito alcuni parroci di Comacchio, parlare tanto male di me, fino all’insulto, da convincersi di voler camminare al mio fianco con la sua testimonianza dichiarata e la sua amicizia profonda. Un grande affetto!

Lui aveva scoperto nella parola biblica il suo alimento vitale. Si considerava il servo e il ministro di quella Parola, infinita come il mare. Per questo restai e resto un suo fedele ammiratore, per quel poco che ho potuto annotare nelle mie letture, il flusso letterario di questo cantore delle dense Ore di Dio, ha coperto l’intera sequenza delle Sacre Scritture. Le sue pagine sono come un intarsio di citazioni, allusioni, ammiccamenti, evocazioni bibliche. Il suo è lo spartito della Parola Divina suprema, orchestrata in parole umane. Questo intreccio tra la Parola e parole, tra storia divina e storia umana, fu sempre anche la radice del suo impegno dell’incarnazione del Cristianesimo, che si attestava spesso nelle frontiere più roventi o nei territori più disabitati da presenze religiose. I rischi di tali incursioni erano evidenti e sono a tutti noti. Lui ha tenuto sempre alta la fiaccola della speranza cristiana, convinto che Dio è con noi ‘vagabondo’ a camminare sulle strade, a cantare con noi i salmi del deserto.

Nei nostri giorni così superficiali si sente la necessità di una voce come fu la sua, che inquietava la pigra pace delle coscienze col fuoco di quell’Alfabeto che risuona dal Roveto Ardente. Il groviglio delle tensioni intra/ecclesiali, i moniti del cardinal Ottaviani, il ferreo custode vaticano dell’ortodossia, che nei suoi confronti si esprimeva: ” Fatelo girare perché non coaguli”. Le reazioni turbolente alla sua predicazione, il caloroso e impetuoso legame con la comunità dei Servi di Maria, ma anche le incomprensioni e i contrasti, furono tutti momenti di dolore ma di una gioia spavalda. La figura di p.Turoldo diventò un riferimento imprescindibile per uno stuolo di credenti, di agnostici, di politici, di intellettuali o persone comuni che accorrevano ad ascoltarlo e lo leggevano con passione. Il fascino della sua personalità nasceva dal suo oscillare tra pietà e furore, tra fedeltà e ribellione. Fu proprio per questo che rigettava, data la sua sincerità e per il suo amore a una chiesa autentica, tre aggettivi: prete di sinistra, moderno e scomodo, tre chiodi di una crocifissione non riuscita.

Vorrei concludere con la sua voce, mentre si stava affacciando al cratere del mistero. Il misterioso intreccio/incontro tra Dio e il nulla. Esso scompaginava l’enfasi della sua voce, spettinava per l’ultima volta i suoi pensieri e i suoi versi, quelli del suo capolavoro. “Dio e il Nulla”. Voce che risuona lungo i fiordi del mare dove avanzano Dio e il nulla, “Se pure uno dall’altro si dissocia, perché tu non puoi non essere, tu devi essere, pure se il nulla è il tuo Oceano”. Questo groviglio di luce e di tenebre aveva la sua raffigurazione emblematica nel Cristo crocifisso. “Fede vera è il venerdì santo, quando tu, non c’eri lassù”
Giuseppe Stoppiglia – prete.


26/11/2016
SI DEVE ANDARE A VOTARE PER ESPRIMERE LE PROPRIE RAGIONI

La storia d’Italia è caratterizzata dalla “Repubblica dei partiti” o se volete la “democrazia dei partiti”, anche dopo la decadenza dei partiti stessi, quelli storici, e l’incerta definizione dei soggetti politici recenti. Dei soggetti politici maggiori che oggi sono in campo, solo due mantengono caratteristiche derivate dalla forma dei partiti precedenti: il PD e la Lega. Cinque Stelle e Forza Italia sono partiti di proprietà dei loro fondatori.

All’indomani della fine dei lavori della Costituente, la maggioranza dei protagonisti uscì scontenta. Dossetti la definì “Scialba e monocroma” nel dicembre del 1948, mentre Togliatti definì “Remore”, già nel marzo del 1947, “tutto questo sistema di inciampi, di seconde camere, di voti di fiducia, di referendum e di Corti Costituzionali”. La rivista dei Gesuiti, Civiltà Cattolica la definì il frutto del dibattito di politici, i quali si sono sforzati i tutti i modi, di inserire certe loro ideologie sociali, certi principi a loro cari, certe direttive di partito.

Nel primo decennale della Carta, i giudizi erano già cambiati, a parte Calamandrei, che persisteva nel suo giudizio pessimista. Il PCI cessa l’interpretazione al ribasso e svolge un ruolo fondamentale nella costruzione del mito costituzionale, trasformandolo in immobilismo istituzionale. Il dibattito di questi giorni conferma la figura di una Costituzione dei partiti, irriformabile, ciò ha determinato la crisi del sistema politico, a fronte di una crisi irrisolta dei soggetti politici. Concludo, citando Umberto Galimberti: “Chi vota NO al referendum, perché ha le sue buone e argomentate ragioni, fa benissimo. Ma chi vota no per fare un dispetto a Renzi, non è un buon cittadino, ma un bambino che non sa ragionare se non in termini di amore e odio” (vedi oggi, 26 novembre – sul settimanale Donna – di Repubblica)


29/11/2016
IL DEBOLE CHE CADE.

Rialzate il debole che cade.
Non schiacciate la formica che corre.
Respirate l’aria fresca della foresta.
Ascoltate le onde che mormorano.
Contemplate la luce del sole, della luna e delle stelle che ridono.
È Dio che vi chiama.
(Etnia Ewe – Sudan)

Una suggestiva sequenza di appelli morali e spirituali, che non hanno bisogno di commento. Penso debbano solamente risuonare nella loro semplicità, non solo nelle orecchie degli africani, ma anche nelle nostre menti più sofisticate, incapaci di vivere la contemplazione serena, di cogliere le voci segrete della natura, di riconoscere il dono dell’aria, dell’acqua e della luce, di uscire dall’egoismo per entrare nella fraternità col debole che cade.
Domani mattina, parto, con una delegazione ristretta di Macondo, per la Romania, per cercare di non sfuggire il più fragile dettaglio che la vicenda di ogni bambino o bambina di strada, sa offrire alla nostra solidarietà.
Giuseppe – prete.


01/12/2016
VITA INTERIORE

Stiamo vivendo la più grande crisi della storia umana; e questa crisi interessa soprattutto il Paese ( gli Stati Uniti ) che ha fatto un uso fanatico dell’azione e ha perso (o forse non ha mai avuto) il senso della contemplazione.
Thomas Merton

Colui che tenta di agire e di fare le cose per gli altri, o per il mondo, senza approfondire la conoscenza di sé, la libertà, l’integrità, la capacità di amare, non avrà nulla da dare agli altri. Non comunicherà loro niente altro che il contagio delle sue ossessioni, la sua aggressività, le sue ambizioni egocentriche, le sue delusioni sui fini e sui mezzi, i suoi pregiudizi e i suoi dogmatismi.
Giuseppe – prete.


4/12/2016
FACCIAMO UN TRATTO DI STRADA ASSIEME

Carissime Ester, Sofia, Asia e Giorgia, carissimi Elia e Marco e tutti gli amici miei, giovanissimi.

Di ogni cosa che entra in voi e in voi si fa vita, fatevene un’opinione personale. Opinione, però, non verità. Opinione vera. Sia essa strutturata di cognizioni, di competenze, di memorie, di umanità. Umile nella sua essenzialità, in quanto siete consapevoli della marginalità della conoscenza, della provvisorietà dei giudizi.

Siate disposti, in questo rispetto, a sottoporvi a continue verifiche di qualità. Liberi, se pur obbedienti, liberi sempre, perché non si può credere contro la propria volontà (Agostino). Obbedienti, quando avrete in voi stessi, il senso costruttivo dell’incontro e della provvisorietà dei giudizi. Trovate il coraggio della vostra intelligenza, per non indurvi in minorità. La minorità è infatti l’incapacità di servirsi del proprio intelletto, senza la guida di un altro. Se non abbiamo l’autonomia di pensiero e di coscienza, altri penseranno e agiranno per noi. Se non abbiamo autorità su noi stessi, siamo poca cosa: siamo l’eco di altre voci, la caricatura di altri poteri. Una pessima allegoria, che oggi sta diventando insultante e cafona.

Ricordate che nessun uomo è minore di un altro e in questo sta la sua dignità, né di un altro maggiore e in questo sta la sua verità. La verità e la dignità sono la ragione nobile dell’uomo, la coscienza del suo valore e del suo rispetto. Senza la ragione, si dice, che non si può comprendere: è vero, ma la sola ragione non basta, come non basta il solo cuore. Sentimento e ragione insieme, indissolubilmente, per costruire una persona equilibrata e vera. La ragione ha bisogno di poche parole, l’irragionevolezza di molte parole, la verità di sole due parole. Se entrate e non avete una proposta, allora anche voi siete parte del problema.
Giuseppe – prete


10/12/2016
VIRTÙ E… VIZI

Per natura noi non possediamo alcun difetto, che non possa assurgere a virtù, Nessuna virtù,che non possa diventare difetto.
(Goethe)

Questa massima di Goethe la vorrei applicare, immediatamente, ai vizi capitali.
Così la coscienza dell’ego è necessaria, ma il super- ego della superbia, è devastante.
Il risparmio è lodevole, l’avarizia è un morbo insaziabile.
Il sesso è vitale e nella persona diventa amore, mentre la lussuria è bieco istinto di possesso.
L’ira è un vizio, lo sdegno una virtù.
Cibarsi è un atto indispensabile e persino rituale, la golosità insaziabile è solo un’abbuffata ingorda.
La competizione è sana, l’invidia è deleteria.
La quiete riflessiva è la dieta dell’anima, la pigrizia è vuoto e inconsistenza.
Sul crinale di ogni scelta etica si erge dunque, la nostra libertà e volontà.
Giuseppe – prete.


21/12/2016
ASPETTARE

In agricoltura e nella cultura del contadino c’è l’arte di saper aspettare.

Attendere è un atteggiamento enormemente radicale verso la vita, soprattutto, oggi, in un mondo che freme fino alla frenesia. Non sappiamo aspettare. Avere fiducia che ci accadrà qualcosa che è molto al di là della nostra immaginazione, abbandonando il controllo del nostro futuro. Saper aspettare è segno di pacatezza , è tempo di riflessione, è preparazione alle sorprese. È vivere con la convinzione che Lui ci plasma secondo il suo amore e non secondo la nostra paura. La vita spirituale è una vita in cui noi aspettiamo, attivamente presenti al momento. Aspettiamo cose nuove che ci accadano, che sono molto al di là della nostra previsione o immaginazione. Giuseppe – prete.


24/12/2016
NATALE È TENEREZZA…

La tenerezza è quando il nostro corpo, il nostro spirito, il nostro animo sono unificati. Essere a proprio agio con il nostro corpo. La tenerezza è aver assunto la propria sessualità, non averne paura, non temere la relazione con l’altro. La tenerezza è il modo con cui la madre porta in braccio il proprio bambino, il modo con cui un’infermiera cura le ferite. La tenerezza è non fare mai del male ad un povero. La tenerezza è la qualità d’ascolto, un modo di toccare. Qualcosa che dà sicurezza, che rivela all’altro: “tu sei importante”. Amare qualcuno non vuol dire “fare delle cose”, ma rivelargli il suo valore. Tu dunque hai un messaggio da dare: la tenerezza. Credo sia il dono di Dio per l’essere umano, ma richiede tempo. Buon Natale!
Giuseppe – prete.


28/12/2017
SAGGEZZA E POESIA

La via del saggio consiste nell’essere generoso e nel non competere.
(Lao Tzu)
Ho bisogno di poesia, quella che brucia la pesantezza delle parole.
(Alda Merini)

Uno che non accetta l’amore gratuito di Dio, bestemmia Dio. Lo vuol pagare e così riduce Dio a un commerciante che cerca i suoi interessi. È per questo che nessuno può esser discepolo e tutti lo diventiamo nella misura in cui comprendiamo che l’esser discepolo non è bravura nostra, ma perché abbiamo capito l’amore gratuito del Signore. Non so se mi spiego bene, è il passaggio proprio dalla bravura religiosa al Vangelo, alla Grazia.
Giuseppe – prete


31/12/2016
IL TEMPO

Il tempo talvolta vola come una freccia, talvolta striscia come un verme
(Ivan Turgenev)

In treno, un africano dalla voce forte, parla piano al telefono per non disturbare la signora seduta vicino. Alla fine la signora gli dice.«Lei è una persona molto gentile». A lui si illumina il volto quasi non è più nero. Un signore anziano inciampa sul gradino di un marciapiede. Due giovani donne si attardano a curargli le escoriazioni sul volto, si occupano di lui, si informano e lo accompagnano a casa.
Ci sono persone gentili, non condannate l’umanità.

Le immagini sono un po’ barocche, ma aveva ragione Borges quando scriveva: “Il tempo è come un fiume che mi trascina, ma io sono il fiume; è una tigre,che mi sbrana, ma io sono la tigre; è fuoco che mi divora, ma io sono il fuoco”. Il tempo è quindi la sostanza stessa della nostra vita.
Giuseppe – prete