Mauritania

di

Fra colpi di Stato e tentativi di democrazia
Un piccolo, raro punto di luce, stretto nella morsa di tensioni etniche, cellule terroristiche e ambizioni militari, non c’è modo migliore di definirla: la Mauritania, Stato dell’Africa occidentale, divenne indipendente dalla Francia nel 1960, seguendo l’esempio degli altri stati membri della Comunità francese e proclamandosi repubblica islamica semipresidenziale. Durante gli anni della colonizzazione gli arabo-berberi più ricchi rimasero, d’accordo con i colonizzatori, attraverso trattati con clausole non scritte, in modo da avere sempre al loro servizio manodopera servile. Dopo l’indipendenza la schiavitù è stata ereditata dalle élite arabe, nonostante la promulgazione di costituzione e leggi che dovevano essere egualitarie. Una legge del 1981 dichiarava che in cambio dell’abolizione della schiavitù i proprietari avevano diritto a un risarcimento, cosa che legittimava la stessa schiavitù.
La tribù dei Mauri, da cui il paese prende il nome, insieme ad altri popoli dell’Africa settentrionale, forma il gruppo etnico denominato dapprima “libi” e poi “berberi”. Si tratta di una tribù molto antica. Ne abbiamo memorie storiche già nel IV e III secolo avanti Cristo, quando erano in stretti rapporti con Cartagine. Sul territorio che oggi è la Mauritania i fenici avevano fondato colonie, che governavano con regime monarchico.
Nel terzo secolo a.C. il re dei Mauri, Bocco Primo, tradì il re dei Numidi, consegnandolo ai romani e ottenendo in cambio la Numidia occidentale. Nel 49 a.C., quando scoppiò la guerra fra Cesare e Pompeo, la Mauritania era divisa in due regni, separati dal fiume Mulucha, entrambi molto aperti alla civiltà romana e collaborativi con essa. Di conseguenza in pochi anni i due regni contavano al loro interno dodici colonie romane. Il progetto era di annettere i territori come provincia romana, ma nel 25 a.C. Ottaviano decise di ricostruire la Mauritania. Mise sul trono re Giuba II, sotto l’influenza iberica. A Giuba successe il figlio Tolomeo, poi fatto uccidere da Caligola. Gli abitanti di Mauritania non gradirono e dichiararono guerra ai romani. Il risultato fu che nel 33 dopo Cristo il territorio fu annesso all’impero e nuovamente diviso in due. Ma Roma dovette accettare l’autorità dei sovrani locali. Alla caduta dell’impero, la Mauritania subì diverse invasioni, a partire da quella dei Vandali.
In quel periodo il popolo dei Bafours si stabilì nell’odierna Mauritania. Si trattava di una piccola tribù nomade, emigrata dalle parti nobili del Sahara, per cercare una vita sedentaria. Nell’XI secolo i Bafours diedero vita a un impero africano relativamente ricco, detto Soninke. Di conseguenza le tribù berbere della Mauritania persero potere. Successivamente i Mauri subirono la dominazione in primo luogo degli arabi (dal 1076 e per 500 anni trovarono la resistenza delle popolazioni locali). Gli arabi si amalgamarono con la popolazione berbera e la componente sudanese che costituisce una minoranza etnica all’interno del paese. Gli arabi influirono sulla religione (musulmana sunnita al 99,3%) e sulla futura forma di governo (repubblica islamica). Poi il ventesimo secolo fu segnato dalla colonizzazione francese.
Dopo l’indipendenza i problemi di sovranità non erano finiti. La Mauritania fu rivendicata dal Marocco fino al 1969. Intanto era stata ammessa all’ONU. Il paese oscilla costantemente fra simpatie occidentali, tentativi di democrazia e tentativi di dittatura militare. Ad esempio, Maaouya Ould Sid’ Ahmed Taya (presidente dal 1984 al 2005), che seguiva una politica filostatunitense e anti-islamica, è un militare che ha assunto la carica presidenziale in seguito a un colpo di Stato ed è a sua volta sopravvissuto a tre tentativi di colpo di Stato. Il golpe più significativo nella storia della Mauritania avvenne nel 2008 quando l’indipendente Sidi Mohamed Ould Cheikh Abdallahi venne rovesciato dall’Unione per la Repubblica, lo stesso partito che esprime l’attuale presidente. Sembra che le ultime elezioni si siano svolte democraticamente due anni fa, ma i problemi non sono mancati: due oppositori hanno denunciato brogli, in quanto i processi di molte sedi di voto sarebbero stati cancellati. Il primo luglio 2019 l’organo di sorveglianza, ovvero il consiglio costituzionale, ha archiviato l’accusa per mancanza di prove e confermato la vittoria di Mohamed Ould Ghazouani. Inoltre, il fatto che abbia vinto con il 52% e non con percentuali bulgare lascia ben sperare sullo stato della democrazia mauritana. Secondo Nigrizia, quella del 2019 sarebbe la prima transizione completamente democratica dal 1960.
Eppure la democrazia in Mauritania è un po’ più vecchia, o dovrebbe esserlo sulla carta. L’attuale Costituzione è stata adottata nel 1991: si tratta di un mix fra elementi della politica del colonizzatore, la Francia, e della legge islamica. Prevede che il presidente sia eletto da voto popolare, per un mandato di sei anni rinnovabile. Spetta a lui nominare il primo ministro e il Consiglio dei Ministri. Il parlamento consiste in un Senato di 56 membri a elezione indiretta, detto Majlis al-Shuyukh, e un’Assemblea Nazionale di 79 membri a elezione diretta, detta Majlis al-Watani.
Le elezioni diventano spesso momenti di sfogo di tensioni etniche, fra una minoranza di africani neri e la maggioranza di mori arabi. E anche la politica con i neri degli Stati vicini è mutevole.
Ad esempio, l’ex presidente Taya era rimasto neutrale sulla questione del Sahara Occidentale, territorio conteso fra Marocco e un movimento arabo che ne vuole l’autodeterminazione, il Fronte Polisario.

Povertà, liberalizzazioni e privatizzazioni
In altri ambiti l’intervento governativo, in generale, è pesante.
Lotta alla povertà, liberalizzazioni, privatizzazioni: sono queste le parole d’ordine dal 1998. La corruzione è ancora dilagante nella riscossione delle tasse, nella concessione di prestiti bancari, nelle procedure di appalti pubblici, nel sistema di tassazione. E poi nessun altro paese nel Sahara e nel Sahel produce così tante cellule jihadiste e operazioni di terrorismo come fa la Mauritania.
Lo Stato è ancora vulnerabile alla destabilizzazione terroristica. Tutto ciò proviene da frustrazione e sentimenti antisistema diffusi. Ma non esistono solo problemi interni, vanno affrontate anche questioni esterne alla Mauritania. Importante è anche far crescere le esportazioni, migliorando anche i rapporti con gli altri Stati del continente. Un contributo in tal senso può venire da una richiesta congiunta di Marocco, Tunisia, Algeria e, naturalmente, Mauritania, riguardante l’inserimento del cuscus nel patrimonio mondiale dell’umanità, come simbolo di conoscenza e competenza. L’istanza è stata presentata nel 2019 e accolta l’anno dopo dall’Unesco. Il cibo può così diventare strumento unificatore di popoli.

Cecilia Alfier

componente della redazione di Madrugada