Guinea-Bissau

di Gomes Patricia

Caratterizzazione demografica e socioculturale

La Guinea-Bissau è una repubblica indipendente situata sulla costa occidentale africana, a sud del Senegal e a nordovest della Guinea Conakry, con un’estensione territoriale di 36.125 kmò, di cui 28.120 kmò di terra e 8.005 kmò di acqua. La sua popolazione di 1.628.603 abitanti ed è tra i paesi considerati più poveri al mondo, al 164° posto di 168 paesi, con un Indice di Sviluppo Umano di 0,289. Dal punto di vista etnico, per il 99% la Guinea-Bissau è formata da più di 20 gruppi socioculturali differenti. Tra i più numerosi vi sono i Balanta (30%), i Fula (20%), i Mandjaco (14%), i Mandinga (13%) e i Pepel (7%). L’1% è formata dalla popolazione creola risultante dal processo di mescolanza con gli europei. Dal punto di vista religioso, il paese ha conosciuto un progressivo processo di islamizzazione nel corso della sua storia, anche se la religione tradizionale africana è rimasta sempre la base. La commistione religiosa ha dato luogo a realtà religiose sincretiche. Attualmente la popolazione islamizzata è di circa il 50% e il 40% pratica la religione tradizionale africana. Circa il 10% appartiene alla religione cristiana (cattolica e protestante). Dal punto di vista dell’alfabetizzazione, soltanto il 67,4% della popolazione ha accesso all’istruzione di base (56,5% nelle aree rurali e 83,5 nelle zone urbane)1.

Cenni storici

Nel contesto dell’impero coloniale portoghese, la Guinea fu sempre considerata il «parente povero». Tra il XV secolo e il XIX secolo, i rapporti tra portoghesi e le popolazioni dell’attuale Guinea-Bissau si limitarono ad alcuni scambi commerciali con le comunità delle zone litoranee, lungo i principali fiumi. Con l’aumento del traffico di schiavi in questo periodo (raggiungendo l’apice nel XIX secolo), anche la costa della Guinea fu interessata dal fenomeno, con conseguenze drammatiche dal punto di vista demografico e socioeconomico, ma soprattutto dal punto di vista della memoria storica delle sue popolazioni, colpite profondamente nella propria dignità e nella propria cultura. Tra il 1882 e il 1935, in seguito alle campagne di «pacificazione», i portoghesi riuscirono finalmente a mettere in atto il processo di colonizzazione in Guinea. Con l’oppressione praticata dal regime coloniale, il lavoro forzato e l’imposizione di un regime di tassazione forzata (imposto da palhota) in base al principio divide et impera, si crearono profonde disuguaglianze tra i guineani e tra questi (visti come subalterni) e i capoverdiani, culturalmente uniti ai guineani ma visti come «il volto» della presenza coloniale. All’inizio degli anni ’50 del XX secolo i movimenti indipendentisti si organizzarono un po’ in tutta l’Africa. Nel 1956 nacque il PAIGC sotto la leadership di Amilcar Cabral, uomo di grande carisma, capacità politica e organizzativa, che seppe unire i guineani attorno a un ideale (libertà e indipendenza) e ha sapientemente guidato il processo di cambiamento culturale in base all’ideologia dell’unità tra la Guinea e il Capo Verde, dando particolare attenzione alla questione della parità di genere nella gestione della comunità. Fu l’inizio della mobilitazione delle popolazioni rurali e della lotta armata nel gennaio del 1963. A causa dei dissidi interni al partito, Amilcar Cabral fu assassinato a Conacri nel gennaio del 1973, alla vigilia della proclamazione dell’indipendenza della Guinea-Bissau per via unilaterale, il 24 settembre 1973, riconosciuta dal Portogallo nel settembre del 1974. È seguito un periodo di governo sotto il modello di «un partito due stati» in cui il PAIGC ha governato mettendo in pratica un sistema politico monopartitico e un regime autoritario.

Contesto politico e il golpe del 12 aprile 2012

Il processo di liberalizzazione economica avviato a metà degli anni Ottanta ha condotto al processo di democratizzazione dell’inizio degli anni Novanta, culminando con la revisione costituzionale del 1991 e le prime elezioni multipartitiche nel 1994. Nel 1998-99 la Guinea-Bissau ha conosciuto la prima guerra civile della sua storia indipendente. La guerra del 7 giugno (come è nota), ha avuto gravi ricadute culturali e socioeconomiche tuttora presenti nel paese.

Nel primo decennio del 2000 la vita politica della GuineaBissau è stata segnata dalla persistente instabilità tradotta in una fragilità istituzionale cronica e nella non osservanza delle regole democratiche, in particolare per quanto riguarda la sottomissione del potere militare al potere civile. Nell’ottobre del 2003 è stato creato un Governo di Transizione, la cui missione era di organizzare le elezioni legislative, tenutesi nel marzo del 2004. La normalizzazione della vita pubblica e del funzionamento delle istituzioni, fortemente voluto dall’esecutivo e dalla Comunità Internazionale, non è stata, purtroppo, raggiunta. Dal 2006 la stabilità politica e governativa del paese è stata di nuovo messa in crisi, e da allora la Guinea-Bissau vive in una condizione di «conflitto permanente». Il «Patto di Stabilità Nazionale» e l’«Accordo di Stabilità Governativa e Parlamentare», firmati nel 2007, non sono riusciti né a creare un governo di consenso nazionale aperto anche alle forze politiche minoritarie e alla società civile, né ad attuare riforme urgenti (pubblica amministrazione, potere locale, settore della difesa e sicurezza).

Le ragioni immediate del colpo di stato del 12 aprile 2012 sono state attribuite al progressivo deterioramento dei rapporti tra l’esecutivo e l’élite militare e al presunto accordo «secreto» tra i governi della Guinea-Bissau e dell’Angola nell’ambito della cooperazione militare stabilita nel 2010 tra i due paesi. Tuttavia, alla base, oltre ai presunti interessi egemonici dell’Angola nella regione dell’Africa occidentale (in netto contrasto con gli interessi della Nigeria), le ragioni più determinanti dell’instabilità sembrano essere di tipo storico-politico, in particolare la gestione inefficace del processo di transizione dalla lotta di liberazione alla formazione dello stato moderno e le scelte politiche del periodo monopartitico.

Patricia Gomes
nata in Guinea-Bissau,
ricercatrice di storia dell’Africa,
Università degli studi di Cagliari.
Si occupa prevalentemente dei processi di liberazione
nei paesi africani di lingua portoghese
e della condizione della donna in contesti africani.