Brevi considerazioni su São Felix Do Araguaia

di Ramaro Gianni

Il Centro Comunitario della Prelazia di Sao Felix do Araguaia si presenta, a prima vista, un po’ freddo.

Con i suoi tre grandi padiglioni: uno riservato interamente a dormitorio, con stanze da sei letti, servizio e doccia ciascuna e una piccola lavanderia; in un altro si trovano la spaziosa cucina, il refettorio, ed anche un grande salone per riunioni, palestre, etc.; nell’ultimo padiglione si trovano le segreterie, la biblioteca e ancora due grandi camerate.

L’impressione di “freddo” svanisce appena si incontrano gli abitanti di questa cittadina, il popolo della Prelazia, a cominciare dal suo vescovo dom Pedro Casaldaliga (Pedro per la gente), da padre Antonio Morales (Paco per gli amici), dalle sorelle, dai laici, dai giovani e soprattutto dai bambini che ogni giorno sono lì al centro per giocare e per conoscere nuova gente.

Quello della Prelazia è un popolo povero materialmente, ma ricco di quelle cose che nessun danaro al mondo possono dare, cioè l’accoglienza, la disponibilità, l’amore.

Vivere con questa gente vuol dire dare il giusto valore a ciò che la natura ci offre, vuol dire ritornare ad essere semplici uomini in un mondo creato da Dio.

Queste sono qualità che solo qui, in questa terra insanguinata, si possono trovare. In questa terra dove, ancor oggi e senza tregua, persistono i conflitti per la terra, dove i poveri posseiros sono cacciati con la forza, la violenza dalle loro terre per lasciare posto ai fazendeiros. Gli stessi che poi vanno a ricoprire le cariche politiche della regione o del paese.

In questa terra dove gli Indios sono ancora considerati nullità, la
loro cultura ed il loro artigianati sfruttati per il turismo, in
cambio di cacha ìça, il micidiale distillato di canna da zucchero.

In questa terra che ha visto molti padri e laici cadere martiri perché
lottavano per la giustizia e la pace di questo popolo. In questa
terra dove il vescovo che ti tratta come un figlio, ti aiuta a lavare
i piatti, ti consiglia e ti abbraccia; nello stesso tempo lotta per
questo popolo denunciando le ingiustizie e pregando per esso.

In questa terra dove si può arrivare in aereo, comodamente.

Noi ci siamo arrivati con l’onnibus da Rio e ci abbiamo impiegato
cinquanta ore circa con gli ultimi settecento chilometri su strada
non asfaltata e piena di buche.

Modo pesante di viaggiare, e spesso si rimane a piedi perchè l’onnibus si
rompe; ma è il modo di viaggiare di questo popolo, e di questo
vescovo.

L’onnibus ti offre la possibilità di conoscere la gente di questa terra,
entrare a far parte del loro modo di vivere. Ti fa entrare in questo
mondo così diverso dal nostro, non come turista, ma come amico.

Ed è questa la sensazione che mi ha accompagnato lungo tutta la
permanenza breve, ma intensa a Sao Felix do Araguaia.

Essere amico di questa gente, essere amico degli Indios, essere amico di
tutti perchè da tutti accolto. Un’accoglienza che ha come base solo
ed unicamente l’amore. L’amore di Cristo per tutti gli uomini, di
ogni razza e condizione e che ho incontrato qui sulle rive
dell’Araguaia.

Agosto 1992 Rio de Janeiro