Sulla pedofilia

di De Vidi Arnaldo

Una premessa

Lo tsunami mediatico sulla pedofilia dei preti non è dettato dalla solidarietà alle vittime né dallo zelo per la giustizia. Comunicatori onesti dovrebbero evitare di restringere il problema della pedofilia ai religiosi. Il problema è ampio e drammatico, simile a quello della droga. Qui a Manaus, pedofilia e prostituzione infantile sono ignobili ed endemiche, con sequestri, commercio e turismo del sesso, che coinvolge politici. Chi denuncia muore.

E c’è la pedofilia intra-familiare. Philip Jenkins in Pedophiles and Priests (Oxford), elenca le possibili cause del «gonfiamento mediatico»:

  • una tradizione letteraria che ama misturare religione e sesso, da Bocaccio a de Sade;
  • la tendenza di certe Chiese di approfittare dell’onda di scandali per sminuire il cattolicesimo e autopromuoversi, seppure colpite esse stesse dalla piaga in ugual misura;
  • la tesi, sostenuta da gruppi di fedeli della Chiesa cattolica, che la pedofilia può essere meglio debellata se la Chiesa mette fine al celibato obbligatorio, al maschilismo e al clericalismo;
  • le somme ingenti coinvolte, per risarcire le vittime degli abusi;
  • il mondo iper-sessualizzato di oggi, che è incomodato dal celibato e lo vede come tara (mentre ieri insegnanti e perfino politici rinunciavano al matrimonio per dedicarsi a tempo pieno a una professione che era anche missione);
  • la lotta dei media per l’audience (scandali e argomenti scabrosi rendono in ascolto). Qui si impone una riflessione sul ruolo della comunicazione. Perché i media hanno commosso per mesi gli italiani sul bambino di Cogne e non hanno mai parlato dei 20mila bambini che muoiono ogni giorno di fame?

Nel prisma della pedofilia

  1. La pedofilia è una perversione ignobile: essa è praticata non da animali, ma da esseri umani, immagine e capolavoro di Dio. Le vittime devono essere risarcite e aiutate a recuperarsi dal trauma sofferto. I pedofili devono essere puniti: cioè responsabilizzati e penalizzati. Che la Chiesa si arroghi l’esclusiva di giudicare i crimini commessi dai chierici; l’esercito quelli commessi dai soldati; gli Stati Uniti i crimini commessi dagli statunitensi in suolo altrui; i politici godano di immunità… tutto questo è sopruso, gravissima ingiustizia.
  2. La pedofilia è piaga e malattia. Il pedofilo crea doppia coscienza, procura occasioni invece di evitarle, aggrada-eminaccia le vittime… Il suo profilo è di criminale e di malato (probabile vittima di violenza o disamore), dev’essere aiutato e collocato in condizioni di non nuocere.
  3. La pedofilia non abita lontano, suggerisce Tolstoj. Anna Karenina, colpita dalla notizia di un grave caso di pedofilia, riflette che il suo scandalizzarsi celava la consapevolezza che lei avrebbe potuto fare altrettanto. Applicando a noi: ciascuno di noi potrebbe essere o diventare pedofilo.
  4. Educatori e pedofilia. Molti ritengono un’aggravante che il pedofilo sia un religioso o un educatore. Ma pare che la frequentazione e l’amore dei bambini acutizzino e non amenizzino il problema. Un professore diceva: «L’educatore che non è almeno un po’ pedofilo, scagli la prima pietra!». Don Milani diceva di doversi controllare per non amare i ragazzi di Barbiana anche fisicamente.
  5. Complessità e gradualità. Nella pedofilia dobbiamo tenere presente sia la complessità (età, promiscuità, complicità, confusione…) che la gradualità (sguardo, tocco, voyerismo, abuso…). Noi siamo inclini a dividere sempre l’umanità in due: i nostri, buoni, e i nemici, cattivi; i normali e i mostri pedofili. Allora buttiamo il mostro in prima pagina per convincerci che noi siamo normali. Dovremmo imparare dalla storia che presso le varie culture ci furono forme più articolate di affrontare problemi etici. Sto pensando agli indios che, di fronte a un’azione criminosa, dicono al colpevole: «Come dovevi soffrire per essere arrivato a commettere un tale abuso! Dicci dove abbiamo sbagliato. Quanto a te, devi convertirti e pagare».

La Chiesa e la pedofilia

Per la Chiesa si impone una riflessione nella linea del vangelo.

  1. Trasparenza e rigore. È vero che ogni uomo di Chiesa è soggetto alle debolezze comuni; ma non si può accettare che la Chiesa sia tollerante verso i pedofili di casa sua e rigorosa fino all’ossessione nei suoi pronunciamenti su tutte le questioni che riguardano il sesso. La Chiesa non può dimenticare la sua missione e la vocazione all’esemplarità per essere credibile. Questo esige dalla Chiesa, anzitutto, trasparenza e vigore. Peggio che la pedofilia in sé, è stata la pratica della Chiesa di insabbiare e occultare gli abusi dei suoi preti. È stato apprezzato il documento del papa alla Chiesa d’Irlanda, dove chiede perdono alle vittime, ripudia quanto è successo, esige indennizzazione e consente che i preti pedofili siano sottomessi alle leggi civili. Ma i papi sono soliti fare così: chiedono perdono tardi, e non per sé ma per alcuni cattolici – in questo caso specifico, per la Chiesa d’Irlanda e non di Roma -; inoltre, il papa non parla di sanzioni «canoniche» ai colpevoli. La pedofilia è uno scandalo e Gesù chiede radicalità nel combatterlo.
  2. Chiesa non al potere ma in missione. Non c’è rapporto diretto tra celibato e pedofilia; ma senza dubbio un sistema chiuso, idealizzato, sacralizzato, omofobo, infine un sistema di potere, favorisce la perversione. Esiste, sì, un rapporto tra sesso e potere. Chi soddisfa l’appetito sessuale sui bambini, cerca ed esprime la propria sete di dominio verso creature deboli. Oppure è madre possessiva che ama tanto i figli… da impedir loro di crescere. La nostra Chiesa è una madre possessiva. È troppo verticale (quindi fallica, tendenzialmente pedofila), è ancora la «cristianità costantiniana». L’autorità della Chiesa non vuole i suoi fedeli adulti: si regge su proibizioni, denunce e sospetti; chiede un’obbedienza infantile, coi gerarchi che indicono crociate. I cristiani più coscienti, che pongono qualche domanda in campo morale, o anche esegetico-teologico, sono giudicati severamente. Complotto contro il papa? Semmai complotto contro il popolo di Dio.
  3. La riconciliazione che viene dalla mistica. Resta la proposta alta, possibile solo a una Chiesa penitente, di pregare insieme perché il balsamo del perdono liberi i pedofili e le vittime: vita nuova, per la fede nella Pasqua.

Dovremmo inspirarci alla Commissione Giustizia e Riconciliazione e non al Tribunale di Norimberga. E spiego: dopo la Seconda Guerra Mondiale è cominciata la caccia ai nazisti. Quante persone rimasero umiliate nel Tribunale di Norimberga, mentre i peggiori criminali scomparvero!

Il vescovo anglicano Desmond Tutu in Sud Africa, dopo la fine dell’apartheid, ha proposto che una équipe passasse di città in città per raccogliere la confessione di tutti coloro che avevano il cuore gravato da colpe, e dare l’assoluzione. Ci furono anche dei neri che confessarono strane complicità, o d’aver nutrito odio contro i bianchi. E il paese ha conosciuto un tempo di grazia!

La frase di un perseguitato sul muro del campo di concentramento di Ravensbruck è la nostra utopia: «Pace agli uomini di cattiva volontà e punto finale di tutte le vendette e i discorsi di castigo e punizione. Vale solo il bene e non il male! Noi non vogliamo sopravvivere nel ricordo dei nostri nemici come vittime, né come incubi e terribili fantasmi, ma venire in loro soccorso [dei nazisti] perché riescano a liberarsi della loro pazzia. Solo questo sia loro chiesto. E noi, quando tutto sarà terminato, possiamo vivere come uomini tra uomini. E nella nostra terra ci sia pace agli uomini di buona volontà, e questa pace raggiunga tutti gli altri».