(il Nuovo Testamento) Il corpo

di Mascetti Agnese

Affrontare una riflessione, sia pur breve, inerente al corpo a partire dal Nuovo Testamento è un’impresa complessa: sarebbe come voler scalare il ghiacciaio del Monte Rosa senza scarponi e piccozza. Possiamo allora darci l’obiettivo di sorvolare dall’alto, proponendoci una panoramica sugli aspetti più importanti del tema, da pensare in rapporto dinamico tra loro.

È impossibile riflettere sul corpo senza fare riferimento alla cultura in cui se ne parla, la quale orienta e interpreta approcci e significati.

Precisiamo dunque subito che il cristianesimo, fin dai suoi albori, si è inserito nella tradizione culturale greca, assorbendone l’interpretazione dualista platonica che contrappone corpo-anima, di cui ancora ai nostri giorni viviamo tracce più o meno forti.

È il Concilio Vaticano II (1962-1965) che ha introdotto un cambiamento generale di orientamento e superando le categorie dualiste ha aperto nuove strade verso una comprensione globale della persona umana. Nell’attuale periodo storico, sempre più spesso definito di cambiamento epocale, affiora sempre più chiaramente la necessità di tornare alle radici della tradizione giudaico-cristiana he è quella in cui si è formato il Nuovo Testamento.

Così lentamente stiamo vivendo un processo di riscoperta e di rivalutazione positiva del corpo, e con esso della sessualità che ne è strettamente connessa.

Il percorso culturale cui abbiamo brevemente accennato, mette in luce il contrasto forte tra i vissuti culturali più concreti in relazione al corpo e l’essenza del annuncio cristiano che nel mistero dell’incarnazione e della risurrezione pone la centralità del suo messaggio di salvezza: «Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv. 1,14) e «Credo nella risurrezione della carne» recita il Credo (451 d.C.) con cui ogni domenica professiamo la nostra fede durante la messa.

«Non avranno più fame, né avranno più sete, né li colpirà il sole (…) Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi». In questo modo l’ultimo libro del Nuovo Testamento, quello dell’Apocalisse (cap. 7 e 21), nell’annunciare il mistero della Resurrezione finale ci propone un’immagine concreta e tenera di Dio.

Scorrendo i vangeli incontriamo sovente Gesù che seduto a tavola mangia e beve con amici, o guarisce persone attraverso il corpo: «Chi mi ha toccato?» (Lc 8,45). Gesù prese da parte il sordomuto «gli mise le dita negli orecchi, sputò e gli tocco la lingua con la saliva» (Mc.7,35) e subito egli guarì. Un bicchiere d’acqua offerto al più piccolo è come offerto a Lui, fino a giungere al gesto della lavanda dei piedi e al «Prendete e mangiate questo è il mio corpo, questo è il mio sangue. Fate questo in memoria di me» in cui Egli istituisce l’Eucaristia, segno della sua presenza tra noi.

Andando oltre approccio dualista di cui abbiamo parlato, per Paolo nelle sue Lettere il corpo diviene simbolo della Chiesa, Corpo di Cristo. «Noi tutti credenti, siamo stati battezzati nello stesso Spirito per formare un solo corpo e come nel corpo ci sono molte membra così siamo anche noi in Cristo Gesù» (1 Cor. 12).

Inoltre nell’invitare a non utilizzare il corpo in modo immorale egli afferma: «O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito? Vi esorto dunque ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente gradito a Dio è questo il vostro culto spirituale» (Rm.12,1).

Il corpo, la storia concreta di ogni giorno, è dunque per ciascuno di noi l’opportunità d’incontro con la salvezza che il Vangelo ci annuncia.

Possiamo anche noi fare nostre con fiducia le parole del salmista «Il mio corpo per te non aveva segreti quando tu mi formavi di nascosto e mi ricamavi nel grembo della terra» (Sal. 139,15) e ancora «Il mio corpo riposa al sicuro: perché mi mostrerai la via che porta alla vita» (Sal. 16,9-11).