MELQUÍADES

Articolo di Paolo D'Aprile

Música brasileira: capitolo 12

A.I.5. Due lettere e un numero: A.I.5. Ato Institucional nº5. Un decreto legge a effetto immediato. Cominciava così il periodo più lugubre della nostra storia. Si sospendevano i diritti civili e si davano pieni poteri agli organi di repressione. Si legittimava la tortura come politica di stato. Molti dei mali del Brasile attuale, cominciano lì, con quel decreto legge. Il parlamento, che già funzionava sotto lo stretto controllo della giunta militare, veniva messo a tacere con la chiusura forzata, fino a nuovo ordine; ogni associazione, ogni giornale, ogni organizzazione politica e civile doveva passare al vaglio della censura. A poco servirono le mobilitazioni di massa, la violenza del regime era tale da stroncare qualunque manifestazione contraria. I giornali uscivano con lunghi articoli in cui si parlava di ricette di cucina, di come preparare un pranzo, di consigli su come comportarsi in società. Era il segno che al loro posto avrebbero dovuto esserci ben altri articoli, che però erano stati censurati direttamente in redazione dalla polizia politica. Fu in quel momento che cominciò la lotta armata. Decine di gruppi e gruppuscoli dei mille rivoli della sinistra rivoluzionaria, spesso rivali tra loro, si organizzarono in nuclei autonomi privi di una coordinamento centrale che non riuscirono però ad andare oltre alle azioni di autofinanziamento, rapine, espropri. Anche perché non avevano idea di cosa fare: lotta armata, sì va bene, ma come? contro chi? come fare per coinvolgere le masse? Alcuni partirono per la zona interne del nord est lungo le foreste del fiume Araguaia, cercando di emulare la rivoluzione cubana cominciata con un manipolo di uomini imboscati nella Sierra Maestra. Altri, capitanati da alcuni militari rivoltosi, preferirono restare nelle vicinanze delle grandi capitali, altri ancora scelsero le azioni di guerriglia urbana. L’esercito usò tutta la sua ferocia. I combattenti dell’Araguaia vennero scovati e uccisi, le popolazioni locali usate come scudo e sottoposte alla vendetta dei militari, soffrirono ancora di più perché disarmate e alla mercé della violenza senza limiti. Ancora oggi si ignora il luogo dove siano sepolti i guerriglieri uccisi. Neanche la Commisão da Verdade, la “Commissione della Verità” istituita un qualche anno fa con la prerogativa di investigare la storia di quel periodo e di avere accesso ai documenti segreti dell’esercito, ha potuto scoprirlo. I capitani rivoltosi, furono stroncati. Vennero considerati disertori pericolosi da sterminare. E cosi fu. 

Manifestazione studentesca contro la dittatura | pubblico dominio

Pur non riuscendo nel suo principale intento, coinvolgere la popolazione, la guerriglia urbana invece riuscì a praticare azioni simboliche di assoluto rilievo. La più importante fu il sequestro dell’ambasciatore americano. Venne imposto al governo la divulgazione del fatto nei massimi organi di stampa e con essa la lettura nel principale telegiornale di un documento in cui si esigeva la liberazione di 15 prigionieri politici e la cessazione immediata della repressione. Il governo cedette nonostante avesse individuato il nascondiglio dei guerriglieri. La pressione americana fu enorme. L’ambasciatore era in possesso di importanti informazioni e di documenti che legavano direttamente gli organi della polizia segreta alla CIA, le “prove” che il mondo intero sapeva già nonostante i dinieghi del Segretario di Stato. I prigionieri politici vennero liberati come richiesto ed inviati in Messico. Da lì ripararono a Cuba, alcuni di essi per addestrasi militarmente e ritornare a combattere in Brasile. In seguito vennero sequestrati l’ambasciatore svizzero e quello tedesco con ulteriori scambi di prigionieri. La forza bruta della repressione si fece via via più selettiva, più intelligente. Vennero creati il servizio di spionaggio e il sistema investigativo usato fino ad oggi, i metodi di tortura utilizzarono ogni sotterfugio per ottenere le informazioni desiderate. Non erano solo i “terroristi” a soffrire, ma anche i loro amici e familiari che venivano seviziati davanti ai loro occhi, bambini compresi. Metodi così efficaci furono adottati dalle altre dittature latinoamericane, che firmarono con il Brasile un piano di operazione comune, con scambio di informazioni e soprattutto con corsi di aggiornamento in tortura ministrati da professori brasiliani. Altro che CIA. I documenti, le testimonianze, i sopravvissuti: c’è tutto. Nell’antica sede della polizia politica, oggi vi è un museo dedicato alla memoria di quegli anni, gli archivi, le immagini, i filmati.

Contemporaneamente la politica nazionale sul versante interno cambiò tattica. Mentre nei sotterranei si torturava e si uccideva la gente, il governo militare plasmò l’immaginario collettivo attraverso tecniche di propaganda e marketing per convincere la popolazione che non solo tutto andava per il meglio, ma che ogni persona, ogni cittadino era responsabile per la costruzione del País do Futuro, il paese del futuro: ame-o ou deixe-o, amalo o lascialo, era lo slogan. Chi ne parlasse male, che ne indicasse qualche difetto era invitato a lasciare il Paese e partire per l’esilio. La macchina di propaganda seppe usare  la musica e l’arte  per i suoi fini, in modo tale da riuscire a convogliare il consenso di massa verso una unica direzione. Un aiuto fondamentale venne anche dalle strabilianti partite della seleção, la nazionale di calcio, che vinse i mondiali del 1970. Ecco fatto: siamo i più forti, i migliori, ninguem segura este país, nessuno può tenere fermo questo paese.

Si racconta che durante le sessioni di tortura, vittima e carnefice esultassero insieme per le prodezze di Pelé… Gli esiliati raccontano che arrivarono a sbozzare un grido di gol, quando, nella prima partita, la Cecoslovacchia andò in vantaggio. Poi però la bellezza di quella nazionale vinse anche i più refrattari. La musica, come lo sport, era divenuta il simbolo della crescita miracolosa del paese, della sua prosperità e della sua bellezza. Molti personaggi popolari dello spettacolo si prestarono loro malgrado al ruolo di portavoce dell’entusiasmo di regime. Alcuni di essi, dal valore artistico assoluto, divennero simbolo dell’epoca: moro num pais tropical, abençoado por Deus e bonito por natureza, vivo in un paese tropicale, benedetto da Dio e bello per la sua natura.

Wilson Simonal, idolo massimo di quegli anni, animale da palcoscenico, cantante eccezionale, era in quel tempo il più importante uomo di spettacolo nazionale. Godeva di un prestigio assoluto tra il pubblico e i colleghi.
Fu il primo a introdurre il soul e il funky americano nella musica brasiliana iniziando un genere che dura fino ad oggi, e facendo della musica nera un tutt’uno: la stessa radice africana che si apre a ventaglio e forma il samba, il blues, il jazz, il funky, il soul.

Per una squallida storia di soldi, Wilson Simonal, all’apice del successo, accusò il ragioniere del suo ufficio di contabilità di averlo imbrogliato. Si rivolse a un amico della polizia politica che organizzò un pestaggio. Il povero ragioniere venne portato nei sotterranei e torturato come un “terrorista”. Si sparse la voce e Wilson Simanal cominciò a essere boicottato da tutti, principalmente quelle stesse persone che lo avevano sempre appoggiato. Cadde nell’ostracismo. Si ridusse a fare la macchietta di se stesso in spettacoli di dubbio gusto, a inaugurare supermercati e fiere di paese. Morí negli anni novanta di cirrosi epatica, solo, in un letto di ospedale. Oggi – “riabilitato” perché si dimostrò che, pur avendo un amico della polizia politica, non collaborò mai con il regime, né era invischiato in storie di spionaggio o delazione – vive nella musica dei sui due figli, cantanti e autori di razza, che ne tengono alta la memoria. 

Se la giunta militare da una parte fabbricava il consenso con abili mosse propagandistiche, dall’altra azzittiva fisicamente chi potesse rappresentare una minaccia. Il tropicalismo musicale venne attaccato frontalmente con la cattura dei suoi massimi esponenti, Caetano Veloso e Gilberto Gil. Arrestati di notte e costretti a partire per l’esilio. Il regime terrorizzato da due cantanti dimostrava la sua fragilità, e allo stesso tempo ammetteva la grandezza di quella musica, di quelle parole che rappresentavano una minaccia alla sicurezza nazionale. Caetano Veloso a Londra registrò la canzone Asa Branca, che conosciamo cantata da Luis Gonzaga. Asa Branca: il sertão devastato dalla siccità obbliga il contadino a partire per l’esilio nelle grandi città, con la speranza del ritorno. L’interpretazione alla stregua di un cantante girovago con le parole masticate in un gnam gnam onomatopeico in un lungo lamento, fanno di quella vecchia canzone il simbolo della solitudine dell’esiliato

Gilberto Gil | foto di Bruno Melnic Incáo | CC BY 2.0

Gilberto Gil intanto mandava aquele abraço , il suo abbraccio speciale, a Rio de Janeiro e a tutti i tifosi del Flamengo e alla scuola di samba Portela, a todo o povo brasileiro, a tutto il popolo brasiliano e anche a você que me esqueceu , a te che mi hai dimenticato.

Sono tante le canzoni di quei tempi parlano dell’esilio, del dolore, della lontananza, della saudade, … molti gli autori coinvolti direttamente, ecco forse la più bella:

Il testo dice:… e no, non lo si può tradurre1, è pieno di sottointesi e modi di dire di difficile spiegazione. Una frase sola: não diga nada que me viu chorando,
non dire a nessuno che mi hai visto piangere… Sola la musica brasiliana è capace di scrivere le parole più tristi in ritmo di samba!

Quando tornarono in patria qualche anno dopo, Caetano Veloso e Gilberto Gil erano musicisti completi e totalmente maturi. A ogni disco si aspettava il miracolo, che puntualmente avveniva. Spesso i loro concerti venivano interrotti dalla censura che, letteralmente, spegneva gli amplificatori e i microfoni. Oppure obbligava a cantare, ma senza pronunciare il testo della canzone, a volte veniva proibito anche fare solamente la-la-la, perché le parole le avrebbe potute cantare il pubblico. Vita dura, durissima.

Caetano Veloso | CC BY 2.0

Però l’arte sotto il giogo dell’oppresione riesce a trovare sempre il modo di esprimersi e di gridare la sua esistenza. Anche in canzoncine innocue, Caetano Veloso rivoluzionava il modo di pensare. Un’ode a un cucciolo di leone, in realtà un  ragazzo capellone, bello come il Tadzio2 di Thomas Mann, tale da turbare chi lo guardasse. O come in questo duetto con Chico Buarque in cui, i due maggiori giganti della nostra musica, cantano parole e pensieri femminili, la donna col suo amante…


Cantante finissimo e autore inarrivabile, Caetano Veloso diventa negli anni ottanta un maestro internazionale con cui i grandi musicisti aspirano suonare. Il disco
Estrangeiro è il capolavoro di quegli anni.


Gli arrangiamenti, la bellezza della melodia, la musica, il testo, i musicisti di caratura mondiale (Bill Frisell fra tutti) confermano la grandezza del personaggio e della sua musica. Aperto a ogni tendenza musicale, percepisce l’importanza dell’elettronica della word music, quel tipico fenomeno americano inventato per aprirsi ai mercati emergenti africani e latinoamericani. Lo racconta e lo dice: alguma coisa está fora da nova ordem mundial, c’è qualcosa che è fuori dal nuovo ordine mondiale.


Gilberto Gil, non gli è da meno. Impregnato di samba e delle sue origini, scava dentro la tradizione musicale e riesce a trovare nuove forme espressive sempre a partire dall’arcaico, in un processo continuo di ricerca e allo stesso tempo di devozione musicale. I suoi samba pur essendo canonici per la struttura, innovano nei testi, o viceversa, o addirittura trasformando il rock in baião , il baião in samba, la famosa Geleia geral , la marmellata generale tropicalista da lui inventata.

Ma è quando i due campioni si incontrano che nascono i capolavori. Agli inizi degli anni novanta esce uno dei dischi più belli e importanti della musica brasileira:
Tropicalia 2 , Gilberto Gil e Caetano Veloso di nuovo insieme. Il disco si apre con una canzone manifesto: Haiti. Il testo, dopo trent’anni è tutt’ora validissimo, parla della violenza contro i poveri, contro i neri, parla del complice silenzio di São Paulo davanti al massacro del Carandirú, il carcere in cui i reparti speciali anti sommossa uccisero 111 persone . E si conclude con una delle più belle canzoni di tutti i tempi, in cui si spiega l’origine e tutta l’essenza mistica del samba.


Oggi sia Caetano Veloso che Gilberto Gil, sono diventati due personaggi al di sopra di ogni moda e di ogni tendenza. Stimati e rispettati in tutto il mondo, dal pubblico e dai colleghi, si possono permettere di vivere gli allori di una lunghissima e strepitosa carriera che influenzato la musica di tutto il mondo. Da Stevie Wonder a Pedro Almodovar, sono innumerevoli gli artisti di ogni genere che cercano la collaborazione dei due vecchi tropicalisti, sapendo che i risultati saranno sempre altissimi, musica trasformata in arte, espressione di un popolo intero attraverso il canto.

Sopravvissuta alla repressione della dittatura, la musica brasiliana, grazie a personaggi di questo calibro ha potuto e saputo trasformarsi dal di dentro, a partire dalle sue radici in un linguaggio innovatore e aperto a ogni influenza. Lo spirito tropicalista, dato per morto tanti anni fa, risorge a ogni loro canzone, ogni volta che si avvicinano alla chitarra o a un microfono, la musica internazionale, cucuruccucu paloma, la bossa nova trasformata in blues…
Caetano Veloso e Gilberto Gil: musica totale.

  1. Il testo tradotto è questo:
    Vai, fratello mio
    Prendi questo aereo
    Tu hai ragione
    A correre così
    Da questo freddo
    Ma bacia
    La mia Rio de Janeiro
    Prima che un avventuriero
    Vi metta mano

    Chiedi perdono
    Per la mancanza
    Un po’ forzata
    Ma non dire assolutamente
    Che mi hai visto piangere
    E a quelli del “gruppetto”
    Dí che vado avanti
    Vedi come va
    Quella vita a vanvera
    E se puoi mandami
    Una notizia buona
    Scritta in Italia, a causa di una vacanza  “um tanto forçada”. Doveva chiamarsi “Samba di Fiumicino” (forse in assonanza con Rio= fiume) ma suonava male così diventò Samba de Orly  ↩︎
  2. Tadzio è un personaggio del romanzo “La morte a Venezia” (1912) di Thomas Mann. È un giovane polacco che ispira una passione ossessiva nel protagonista ↩︎

I link aprono video youtube.

Paolo D'Aprile

Paolo D'Aprile

Libero pensatore, ha scritto sia per Macondo che per Pressenza. Vive a São Paulo do Brasil.